American Gods – 2×01 House on the Rock


American Gods - 2x01  House on the RockGuardando il primo episodio della seconda stagione di American Gods non è facile trattenersi dal fare parallelismi con i risultati passati, dal giocare con l’immaginazione e dall’azzoppare la visione con una serie di pensieri relativi all’assenza degli showrunner che avevano reso così particolare la prima stagione, all’abbandono di alcuni attori importanti (come Gillian Anderson), alle notizie sugli attriti  tra gli interpreti e i nuovi sceneggiatori del progetto. 

Proprio per questi motivi pregiudiziali la maggior parte delle considerazioni sull’episodio di apertura di questa stagione è mossa da un confronto diretto con il passato e da un ragionamento parziale (considerata la natura introduttiva dell’episodio) sullo stato delle cose. Il primo accorgimento critico ruota intorno alla natura formale della serie, ed è di tipo positivo: American Gods ritorna con una premiere in piena continuità stilistica con la grandiosità formale della stagione precedente, anche senza la supervisione creativa (che l’anno passato era parsa determinante o almeno caratterizzante anche nell’impostazione visiva e non solo nelle scelte narrative) di Bryan Fuller e di Micheal Green. Si temeva che l’allontanamento dallo show di Starz (distribuito in Italia da Amazon Prime Video) di questi due talenti della serialità americana avrebbe inficiato con evidenza lampante e immediata sulla caratteristica di punta dello show, ovvero la citata cura visuale, ma non è stato questo il caso.

L’episodio si rivela almeno da questo punto di vista una gioia per gli occhi, un tripudio in cui l’armonia dei vari elementi tecnici (regia, fotografia, effetti visivi e montaggio con l’impianto scenografico, i costumi, il sound design e il design di produzione) orchestra un cosmo visivo che strappa l’applauso e suscita meraviglia. È un sollievo, perché sarebbe stato uno smacco non indifferente perdere la carica fiammante che la prima stagione aveva proposto con forza: difficile trovare uno show con un controllo espressivo sull’immagine così ispirato e libero, così barocco e incauto nell’uso del continuo eccesso, dell’esuberanza e dell’assenza di misura.

American Gods - 2x01  House on the RockLa costruzione dell’apparato formale secondo l’orchestrazione del nuovo showrunner Jesse Alexander non mostra quindi il fianco a involuzioni, probabilmente grazie all’aiuto di una regia abile a riproporre le intuizioni sviluppate da David Slade nella scorsa stagione. Per quanto riguarda l’arco narrativo e l’impostazione della storia la situazione è differente e non altrettanto felice: non ci vuole più di mezz’ora per comprendere lo scarto tra la brillantezza del contenitore e la mediocrità del contenuto. Ritroviamo i personaggi sulla soglia dell’assemblea degli dei promessa sul finale due anni fa e li vediamo scavalcare il regno del reale per discutere concretamente della proposta di Wednesday/Odino: muovere guerra contro le nuove divinità. Shadow assiste in disarmo fino a quando non si rivela un mediatore inaspettato; Laura controlla suo marito cercando di ignorare le minacce di Mad Sweeney; gli altri giocatori divini partecipano per inerzia; tutti attendono un evento fino allo scoccare del cliffhanger, che finalmente spinge la narrativa in una direzione.

L’episodio è firmato da Neil Gaiman (assieme a Jesse Alexander), ma la costruzione degli eventi manca di tensione, fascino e mistero. La presenza dell’autore è infatti garante di aderenza al testo originale ma non è funzionale allo slancio drammatico dell’episodio. Se nella prima stagione ogni puntata era una gemma qualitativa in grado di ragionare sul testo di partenza grazie alla sperimentazione (digressioni tematiche, focus narrativi, voice over acrobatici) e alla presenza di un ritmo compassato, attendista e programmatore attento ai minimi dettagli, “House on the Rock” invece manca completamente di quella visione creativa in grado di interpretare al meglio la materia prima: quella capace di studiare il testo da un punto di vista nuovo, ampliato e inedito, modificandolo e anche allontanandosene in certi casi per raggiungere gli stessi obiettivi mediante una nuova obliquità. Il suo pregio è solo la compattezza, l’ordine calcolato in contrasto con la folle impostazione visiva, la normatività prevedibile dell’andamento e delle svolte.

American Gods - 2x01  House on the RockLa costruzione narrativa è telefonata e lo sviluppo dell’azione dei personaggi non solo risulta scontato ma anche fine a se stesso, perché in nessun modo legato a una motivazione contenutistica esplicitata con chiarezza. L’episodio infatti non si cura di instradare un percorso tematico per la stagione, preferisce gigioneggiare, ma senza il carisma trasmesso dalla direzione di Fuller e Green, e pertanto ripiega in un temporeggiamento che è fatale per la dinamicità dello scatto in partenza. L’inizio è quindi azzoppato e danneggiato da una impostazione poco decisa sulla propria direzionalità tematica, per colpa della quale anche i pochi spunti interessati ne risentono: il sottotesto politico evocato dal critico momento decisionale degli dei ad esempio non è né colto né tematizzato come un possibile aggancio metaforico alla situazione americana contemporanea.

Al di là del singolo esempio, la visione della puntata suggerisce un calo qualitativo nascosto dalla confezione di prestigio. Non sembra esserci interesse nello scavare le psicologie dietro le azioni e le cause dietro gli effetti, e allo stesso tempo non sembra esserci nemmeno la volontà di accennare un programma narrativo o un’idea di mappa contenutistica da esplorare attraverso la distensione degli archi drammatici. Mancano il senso di avventura e la profondità concettuale, il fascino del racconto appassionato di storie e religione, la tensione verso la narrazione più grande e più ampia, ovvero gli elementi che avevano provocato curiosità e partecipazione emotiva.

“House on the Rock” è un inizio mediocre intessuto in una trama di immagini sfolgoranti, un insieme di scelte poco propositive e incisive funestato dall’assenza di creatività o dalla mancanza di applicazione precisa della stessa. American Gods così è solo smalto, pratica formale non sostenuta da niente e quindi effetto speciale in grado di sbriciolarsi facilmente. L’impressione è che sarà difficile per la serie raggiungere i livelli della prima annata. Speriamo che un po’ di fede possa capovolgere i pronostici e che questo primo episodio sia solo una falsa partenza e non un vaticinio negativo.

Voto: 6

 

Informazioni su Leonardo Strano

Convinto che credere che le serie tv siano i nuovi romanzi feuilleton sia una scusa abbastanza valida per guardarne a destra e a manca, pochi momenti fa della sua vita ha deciso di provare a scriverci sopra. Nelle pause legge, guarda film; poi forse, a volte, se ha voglia, studia anche.

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