La quarta stagione di Gomorra torna ad invadere gli schermi ad ormai un anno e mezzo di distanza dalla fine della scorsa, che si era chiusa con l’avvenimento più importante (almeno finora) dell’intera serie e che ne ha giustamente alimentato l’attesa. Il vuoto che ha lasciato lo scioccante epilogo della passata annata era anche sinonimo di profonda incertezza su cosa e come questi dodici episodi avrebbero continuato la narrazione.
E la vittoria maggiore di queste prime due puntate è che l’assenza di Ciro Di Marzio non si avverte, anzi. Al netto delle morti eccellenti che si sono susseguite in questi anni, forse quella dell’Immortale era la più temuta dal pubblico, perché sin dalla prima stagione è sempre stato il binomio di amore/odio tra Ciro e Genny a fare da midollo spinale al racconto. Pietro Savastano e donna Imma sono stati personaggi indimenticabili, così come gli iconici Scianel e Salvatore Conte, dotati di una caratura quasi inedita nel panorama seriale italiano, però comunque tutti con una loro tradizione e classicità nella tipica sceneggiatura della criminalità organizzata. Il rapporto fraterno tra i due personaggi invece è partito da uno schema che sembrava già dato, che poi è cresciuto e si è alimentato a suon di appuntamenti mancati, con un allineamento o un’alleanza che non sono mai avvenuti realmente. Allo stesso tempo, neanche l’uccisione del fratello maggiore ha davvero segnato la sintesi dell’odio tra due nemici, ma è stato piuttosto l’epilogo di un personaggio ormai distrutto da un lato e la liberazione definitiva per l’altro, che rinasce in toto Gennaro Savastano – non più figlio, non più fratello, ma padre e quindi “iniziatore” di una nuova stirpe.
Non a caso questi primi due episodi, entrambi diretti da Francesca Comencini, nascono parzialmente dalle ceneri di Ciro Di Marzio per focalizzarsi interamente su Genny. Prima però di abbandonare definitivamente lo scenario che si era concretizzato nella terza stagione, bisogna riportare ordine a Napoli e nei vari quartieri, ristabilire un equilibrio politico tra le parti, soprattutto ora che i padri, la vecchia guardia, il Sistema, i Confederati sono tramontati e rappresentano il passato. Ora che si può guardare con maggiore freddezza alla scorsa annata, è innegabile dire che sia stato lo snodo più complicato di tutti, gestito non sempre benissimo e che in alcuni casi ha perso di efficacia volendo aprire fin troppo il suo raggio d’azione, sia geograficamente che come numero di personaggi implicati nella storia. Al netto di tutte queste sovrastrutture, è stato però necessario e lascia in eredità un ecosistema che ha sembianze simili a quelle già viste ma con potenzialità ed energie diverse, su cui costruire nuove architetture: come Genny ne rappresenta il punto più alto, allo stesso tempo il cambio della guardia tra le generazioni è la base fondamentale del cambiamento.
Il primo episodio si concentra infatti sulla guerra che Azzurra non vuole: diversamente da donna Imma, la moglie di Genny è la leva fondamentale per guardare ad un futuro diverso; anche lei è madre a tutti gli effetti e protegge sia il piccolo Pietro che il consorte dagli sguardi altrui, restituendo alla famiglia un’accezione più universale e meno dipendente dalle logiche camorriste. Probabilmente è solo l’inizio e anche lei sarà capace di tirare fuori gli artigli al momento giusto, ma per adesso è la persona che cerca di ricordare al marito che il resto del mondo, quel “rispetto” tanto agognato nell’ecosistema della criminalità organizzata, non deve prendere il sopravvento su di loro. La camminata dei due sulla pista di atterraggio di quello che sarà l’aeroporto più grande di Napoli è la vera direzione da intraprendere, l’obiettivo concreto su cui concentrare le proprie energie, il sogno di Genny ormai adulto. Perché è questo forse a non far davvero rimpiangere il personaggio di Marco D’Amore: è come se ora l’immaturo Genny Savastano fosse solo un ricordo, e con lui le spacconate per Noemi, l’Honduras, la sete di vendetta, la voglia di compiacere il padre e allo stesso tempo volerne la morte (che, come qualsiasi romanzo di formazione ci insegna, è un passaggio fondamentale). Sono ormai cose che ha messo dietro di sé e che sono servite a farlo diventare un uomo sintetico, efficace, con pochi fronzoli e che sa quello che vuole – la cresta che scompare, quel dettaglio significativo del look che si fa più sobrio non sono casuali. Ha raggiunto un equilibrio interiore finora inedito e che lo porta in poche mosse – ben scritte e girate – a radunare intorno a sé tutti i maggiori esponenti delle varie fazioni e a trovare un accordo: il piano è pulito, semplice e crudele, fatto giusto di una macchina lasciata esplodere nel luogo e al momento opportuni. E infine l’ingresso di una parte della sua famiglia finora sconosciuta e il nuovo ruolo di Patrizia chiudono la prima parte di questa doppietta di episodi.
Il secondo episodio si muove infatti a un anno di distanza dal precedente. Una volta che Genny ha assicurato una persona di fiducia sul trono di Secondigliano appartenuto prima a suo padre, può dedicarsi totalmente alla sua famiglia e al suo progetto, nell’intento di riuscire ad esportare il proprio equilibrio interiore prima su tutta Napoli e ora in ambienti a loro volta inediti, tentando di giocare pulito, assieme a molti altri adulti che non hanno per lui quel “rispetto” di cui sopra. Ma qui non si può semplicemente ammazzare o far esplodere macchine per farsi accettare, c’è bisogno di tempo e di fatica, di accettare situazioni che in un qualsiasi altro contesto o momento della sua vita mai sarebbe stato capace di sopportare. Gli sguardi degli altri genitori davanti all’ingresso della scuola sono forse il momento più alto della puntata perché certificano il grande percorso che l’uomo sta facendo su di sé; e a rendere questo ancora più complesso e quindi affascinante è che il vecchio Genny deve trovare una nuova forma per esistere, accompagnato da una consapevolezza molto diversa. Lui sa benissimo che sarebbe facile passare per le abitudini tipiche della criminalità per ottenere quello che vuole, eppure non fa nulla a caso o con ingenuità: ha imparato ad essere furbo, lungimirante e lavorare ai fianchi, scavare nel passato, scovare il torbido che si nasconde nella vita di ciascuno ed usarlo a suo vantaggio. Nessuno può permettersi di fargli fare un passo indietro, di certo non un ingegnere in difficoltà finanziarie assoldato per essere il volto legale della sua impresa; ma allo stesso tempo deve trovare il modo di affermarsi e marcare il territorio, e questo passa inevitabilmente per l’accettazione di chi era, unico modo per riuscire ad essere se stesso soprattutto oggi – e la festa a sorpresa per il piccolo Pietro da una parte e il “regalo” recapitato a casa di Alberto dall’altra, rappresentano due momenti indimenticabili di questa première.
Gomorra è ricominciato con il passo giusto, riuscendo ad imparare dal proprio passato per aprire su un racconto che evolve, non si arresta, non si banalizza e riesce a tenere incollati allo schermo. In un certo senso la serie è in questo momento sintetizzata in Genny, ma solo in attesa di vedere donna Patrizia in azione nella Napoli che non è più semplicemente dei Savastano, ma di una pluralità di personaggi che siamo impazienti di scoprire.
Voto 4×01: 8
Voto 4×02: 8½
Bravissima !…