Nel mondo dei teen drama contemporanei ci si aspetterebbe di trovare una rappresentazione fedelissima dell’adolescenza odierna: traumi connessi ai temi sociali di attualità, la disillusione sul futuro, il nichilismo esistenziale, il solipsismo estremo e le potenziali conseguenze della tecnologia sulle giovani menti che ne usufruiscono a dismisura. Ebbene Riverdale ci ha abituato a tutt’altro modo di parlare al suo pubblico di riferimento e, nonostante il suo essere continuamente sopra le righe e scollato da qualunque parvenza di realismo, ci riesce meglio di quasi tutta la concorrenza.
In particolare questo “In Memoriam” può essere preso come esempio lampante della straordinarietà della serie – nonostante non sia propriamente un episodio riuscito in ogni suo aspetto, ma ci torneremo più avanti. La premiere della quarta stagione è, infatti, un tributo dichiarato alla scomparsa prematura dell’attore Luke Perry, interprete nella serie di Fred Andrews, che ogni appassionato di serie televisive conosce bene per il suo ruolo iconico in Beverly Hills 90210 e non solo – addirittura lo abbiamo potuto vedere poco tempo fa al cinema, in Once Upon A Time… In Hollywood di Tarantino. Realtà e finzione si mescolano e mentre i personaggi devono elaborare e superare la morte del loro concittadino – padre, amico, marito – allo stesso modo gli spettatori sono chiamati a unirsi alla commemorazione per salutare uno di quegli attori che, nonostante non abbia avuto una carriera fulminante, lo si è incontrato almeno una volta nella propria vita televisiva e cinematografica e che si ricorda con affetto. È in questa scelta, da tempo annunciata, di dedicare un intero episodio al tributo a Luke Perry che si ritrova quella dimensione extra-seriale di Riverdale, uno show che va al di là della sua fascia di pubblico, al di là del suo limitato campo di azione narrativo, per costruire un vero e proprio rito di addio ad un membro del suo cast che possa parlare a tutte le generazioni che l’hanno vissuto.
Prima di andare fino in fondo e capire come è stata gestita questa puntata speciale e fuori programma è necessario riprendere le fila dello show e capire come si incastra nella sua trama orizzontale. Non c’è dubbio che, a parte lo shock della morte di uno dei personaggi secondari, l’inizio della quarta stagione normalizza, in un certo senso, la vita concitata della città di Riverdale e dei suoi abitanti. Persino Jughead sottolinea che è un periodo stranamente calmo e privo di tumulti, affermazione che nel mondo della serie di Roberto Aguirre-Sacasa ha un valore doppio: nei primi tre anni, infatti, gli autori non hanno risparmiato davvero nulla ai loro protagonisti, da guerre spietate tra gang criminali a terribili sette e giochi di ruolo maledetti, per non parlare di spietati istituti correttivi, lotte clandestine in prigione e serial killer incappucciati. Insomma, un episodio come questo, nonostante il carico di dolore che si porta dietro, è una frenata narrativa improvvisa che racconta il consolidamento di uno status quo e sceglie di concentrarsi su un singolo evento e sulle sue conseguenze emotive. È certamente una scelta interessante, intanto perché tutta la serie sembra mettersi in pausa e ogni personaggio smette di agire come avrebbe fatto in qualunque altra situazione – esempio lampante Cheryl che mette da parte il suo risentimento nei confronti della parata che avrebbero voluto organizzare per compiere un gesto carino verso il povero Fred – ma soprattutto perché questo segmento narrativo è posizionato proprio all’inizio della stagione. Solitamente, infatti, la premiere ha il compito di porre le basi per tutte le puntate a venire, di dare il via alla trama orizzontale che si dipanerà nel corso dell’anno, un compito che in questo caso gli autori scelgono di posticipare totalmente – presumibilmente alla prossima settimana – non lasciando nessun indizio nemmeno alla fine dell’episodio su quello che ci aspetta d’ora in avanti.
In una puntata senza scossoni il focus è dunque sulle reazioni dei personaggi alla morte improvvisa di Fred. Dalle persone che hanno un contraccolpo più forte dovuto alla vicinanza al personaggio, ovviamente Archie e sua madre, a tutti gli altri che idealizzano nella figura del defunto un’immagine positiva di bontà ed eroismo. Anche perché si può discutere quanto si vuole sulla bravura o meno dell’attore, ma non si può certo dire che Fred Andrews fosse un personaggio così ben scritto e sviluppato da potersi permettere di uscire da una bidimensionalità caratteriale ben definita. Persino in punto di morte gli autori scelgono di separarci da lui raccontandoci del suo estremo gesto di eroismo, con il quale salva la vita di un personaggio interpretato da Shannen Doherty – la Brenda Walsh di Beverly Hills 90210 che si unisce alla commemorazione dell’ex collega. Un personaggio decisamente poco interessante che tuttavia si ritrova a rappresentare più di quello che è stato – intendendo sempre ai fini dello show –, ovvero una bussola morale per permettere al personaggio di Archie di evolvere e svilupparsi.
Non c’è molto altro da dire su questo episodio tributo, se non che la gestione discutibile del momento in cui è situato e la sua importanza più metanarrativa che contingente alle vicende di Riverdale ne fanno una parte di racconto evitabile e piuttosto annacquata – l’episodio si dilunga moltissimo nel momento dell’estremo saluto, costruendo un crescendo emotivo che stanca molto presto. Ciò che invece è più interessante sottolineare è come, con questo episodio, la serie si trasforma in una grande celebrazione che va oltre i confini limitati dello show di The CW e alla quale si affacciano tutti per dare il loro ultimo saluto a Luke Perry – a discapito dei risultati non significativi in termini di ascolti.
Voto: 6 +