Come sarebbe il Signore delle Mosche di Golding nel ventunesimo secolo, ma in salsa comica e talvolta fortemente strampalata? È quello che devono essersi chiesti anche Brad Peyton e Aron Eli Coleite, creatori di Daybreak, nuova serie Netflix.
A giudicare esclusivamente da questo pilot, però, la risposta non sembra essere delle migliori. Al netto di una serie di intuizioni molto riuscite e persino brillanti, “Josh vs. the Apocalypse: Part 1” non risulta particolarmente interessante e sembra purtroppo proiettare una fosca ombra sul resto della stagione. Si tratta, infatti, di una serie che ha in mente un pubblico decisamente giovane, con il quale vuole condividere un linguaggio che, talvolta, sembra così forzato da mettere in dubbio l’intera struttura discorsiva.
Già nei primi minuti ci viene spiegata, attraverso una rottura della quarta parete che diventerà costante, la genesi della trama: una bomba (biologica?) viene sganciata sulla città di Los Angeles, provocando tutta una serie di surreali reazioni, prima di tutto la morte degli adulti o la loro trasformazioni in Ghoulies, ossia zombie che ripetono costantemente l’ultima frase detta prima di morire (con effetti volutamente comici). Attraverso lo sguardo di Josh (Colin Ford, Under the Dome), uno studente che si era appena trasferito dal Canada e ora si ritrova a Glendale, California, veniamo introdotti in questo mondo distopico, e partiamo alla ricerca di Sam (Sophie Simnett), la donna amata dal protagonista.
La trama è assai più esigua, almeno per il momento, rispetto alla costruzione di un mondo narrativo volutamente sopra le righe: battute fulminanti, situazioni paradossali, personaggi eccessivi. La tara di questa serie è l’esagerazione a tutti i costi, con l’esasperazione di alcune dinamiche sociali che non sempre funziona proprio per il meglio, o quantomeno non quanto gli autori chiaramente vorrebbero. La comicità della serie non riesce a bilanciare le altre sue anime – scrittura di personaggi, momenti romantici, definizione di una trama portante.
Il primo e forse principale punto debole dell’episodio pilota riguarda i personaggi. Il protagonista, Josh, è un ragazzo tutto sommato anonimo, il cui unico obiettivo è quello di ritrovare la sua fidanzata Sam, la ragazza più popolare della scuola, e per farlo sarà costretto ad associarsi riluttante a dei compagni di avventura di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Si tratta di Angelica, una giovanissima piromane (al momento l’unico personaggio che non sia esclusivamente una macchietta, anche se il rischio è sempre troppo vicino) e Wesley, un ex bullo che con l’avvento dell’apocalisse ha cambiato la propria vita in modo netto e deciso. Pur tenendo a mente la presenza di tutta una serie di comprimari – e di altri personaggi che sicuramente appariranno più avanti – di tutte queste figure che passano davanti lo schermo e la cui vita è in serio pericolo è difficile importarsene un minimo. I momenti romantici, poi, sembrano un corpo totalmente estraneo all’episodio, mal amalgamati col resto della narrazione.
Se sul versante negativo i personaggi al momento paiono essere macchiette ben poco interessanti, sembrano funzionare meglio alcune idee legate al world-building, specialmente l’intuizione di immaginare come questi giovani ragazzi, privi della supervisione degli adulti, non facciano altro che ripetere e anzi rafforzare le stesse strutture sociali nelle quali si trovavano prima dell’apocalisse. L’idea di una città divisa in giocatori di football, golfisti, cheerleader è di per sé il momento di critica sociale più forte, e richiama quella volontà di fare della satira contemporanea che si evince molto presto da questa narrazione. Non stupisce, dunque, che al momento il ruolo del villain sia occupato dai giocatori di football, e che l’avversario principale – Turbo – sia chi era il quarterback della squadra prima dell’evento distruttivo. Non c’è molto altro, però, almeno stando a ciò che si può intuire da questo episodio.
A farla da padrone, però, sono le costanti e talvolta soffocanti citazioni pop, più o meno esplicite. Ecco dunque che ovviamente Mad Max e The Walking Dead sono i riferimenti principali – Mad Max proprio richiamato esplicitamente – ma si intravedono molte altre influenze esterne, sia dal mondo televisivo che cinematografico. Tra gli altri, non è difficile percepire un’eco dello sfortunato Scott Pilgrim vs. The World, che condivide con questo Daybreak la comune origine fumettistica e la stessa intenzione parodica, molto più riuscita nel caso del film di Edgar Wright; ancora meglio poi sembra esserci nella memoria autoriale l’universo di Evil Dead, la cui fusione commedia-demoni/zombie lavora su piani differenti, oppure Ferris Bueller’s Day Off, film del 1986, il cui attore principale Matthew Broderick è anche e non a caso in questa serie televisiva.
Visivamente, la serie funziona abbastanza bene: c’è quel giusto equilibrio tra fumetto e televisione che rende l’episodio sempre snello e svelto. Certo, i set sono estremamente ambiziosi – qualche volta troppo – ma la serie riesce a mantenere quel proprio senso di sopra le righe senza però far perdere lo spettatore in questa esagerazione di colori e oggetti. Non solo, a lavorare nella giusta direzione ci sono anche le interazioni tra flashback e narrazione contemporanea: le relazioni dei personaggi hanno costantemente un prima e un dopo, e spesso è proprio questo confronto a funzionare molto bene, dando un po’ di spessore in più a dei personaggi che altrimenti non ne abrebbero affatto. La rottura della quarta parete, che ormai da tempo è diventata tutto fuorché rivoluzionaria, può funzionare se però la si riesce a tenere a bada.
Il giudizio finale di questo episodio, dunque, è tendenzialmente negativo: se il compito di un episodio pilota è quello di spingere lo spettatore a continuare la visione della stagione, non si può dire che riesca nel proprio intento. Certo, c’è da tenere in considerazione che si tratta di un prodotto Netflix, e che pertanto il target vuole essere molto definito; ciò non toglie, però, che la tavola apparecchiata sembra piena di portate lanciate un po’ alla rinfusa, e il sospetto che il cibo sia dopotutto indigesto è ahinoi innegabile.
Voto 1×01: 5