Le 30 migliori serie del 2019: posizioni 20-11 5


Le 30 migliori serie del 2019: posizioni 20-11Dopo aver visto le posizioni 30-21 delle migliori serie 2019 secondo la redazione di Seriangolo, ci avviciniamo alla Top 10 con le posizioni 20-11.

Vi ricordiamo che la classifica prende in considerazione le serie andate in onda dal 23 Dicembre 2018 al 21 Dicembre 2019 senza distinzioni di genere e rappresenta un compromesso calcolato in base alle Top 50 di ciascuno dei nostri 23 redattori.

20. The Crown (Netflix)

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Chiamato al difficilissimo compito di sostituire per ragioni di verosimiglianza storica l’intero cast attoriale senza perdere lo smalto che ha reso le prime due annate di grande successo, Peter Morgan non fallisce nell’impresa. Grazie anche ad un’ottima Olivia Colman in un 2019 da incorniciare, The Crown nella sua terza stagione attraversa i difficili anni delle crisi di governo inglese con una narrazione che non perde di vista l’interiorità dei propri personaggi principali, in particolare la stessa regina Elisabetta alle prese con i suoi primi venticinque anni di governo. Accanto a lei, sia Tobias Menzies che Helena Bonham Carter svolgono un eccellente lavoro sui loro rispettivi personaggi; ma a brillare è, un po’ a sorpresa, il personaggio del principe Carlo, interpretato da un ottimo Josh O’Connor, il quale regala alla sua controparte uno sguardo onesto e più indulgente, capace di sottolineare tutte le difficoltà del crescere in un certo tipo di ambiente. Già lanciati verso una quarta stagione che vedrà l’arrivo di Diana Spencer e Margaret Thatcher, l’unica certezza che resta è che la prossima annata non arriverà mai abbastanza in fretta.

Mario Sassi

19. The Dark Crystal: Age of Resistance (Netflix)

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“I hear it! I hear it!  I feel the song of Thra in my heart! […] I see all the parts lay before me!”
Cosa accadrebbe se mani mortali spezzassero qualcosa di immortale, se una canzone composta di note sconosciute all’udito, dovesse esser suonata per salvare il mondo? Sono domande che ci pone la leggenda raccontata nella serie Netflix Dark Crystal – Age of Resistance. La prima stagione segue la storia di Brea, Deet e Rian ed è il prequel al film di culto degli anni Ottanta The Dark Crystal, creato dalla fantasia di Jim Henson. Il mondo di Thra è abitato da svariate razze fantastiche, tutte sotto il giogo spietato degli skeksis, creature dall’aspetto rapace, che si ergono a custodi dell’artefatto chiamato Grande Cristallo. L’autorità di questi guardiani scricchiola quando i loro segreti rischiano di esser svelati. Fra i gelfling, più numerosi e divisi, si piantano i primi semi della rivolta.
Non ci sono attori in carne e ossa: i personaggi sono marionette che rappresentano passato e futuro, nell’omaggiare il lavoro di Henson con nuove tecnologie, ma questo non deve trarre in inganno. Le trame di questa avvincente favola moderna abbracciano tematiche come la dinamica fra oppressori e oppressi, si interrogano su cosa significhi davvero il concetto di Potere e cosa esso possa rivelare, e sul significato dell’Armonia e della Divisione. Per questo e molto altro, Dark Crystal – Age of Resistance conquista il diciannovesimo posto della nostra classifica.

Massimiliano Barberio

18. Killing Eve (BBC America)

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Una delle migliori novità del 2018 torna con un importante cambio di sceneggiatrice: Phoebe Waller-Bridge (Fleabag) lascia spazio in questa seconda stagione ad Emerald Fennell, la quale prosegue l’eccellente lavoro della collega, andando però ad apportare delle modifiche alla struttura del racconto che a molti sono sembrate impoverire la scrittura della serie. In realtà questa alterazione serve a rendere Killing Eve più dinamica e a liberarla dalla rigidità da classica spy story in cui si sarebbe potuta incastrare se la trama fosse proseguita linearmente. Quello che ne risulta è un approfondimento sempre più articolato del complesso rapporto tra le protagoniste (e il merito va anche alle bravissime Sandra Oh e Jodie Comer), le quali si ritrovano in una varietà di situazioni che permettono di mostrare delle dinamiche all’inizio impensabili tra le due, finendo persino a dover aiutarsi per fronteggiare una minaccia comune. La svolta nella relazione tra le due donne, che nella prima stagione era più sottile e per questo forse più sofisticata e intrigante, e il livello di tensione mantenuto sempre molto alto hanno reso Killing Eve uno dei prodotti di punta della BBC, la quale ha già annunciato che la terza stagione avrà una nuova showrunner, Suzanne Heathcote.

Ricki Fornera

17. Crazy ex-Girlfriend (The CW)

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Approcciarsi a un genere popolare con una lunga tradizione alle spalle come la commedia romantica musicale è facile, decostruirlo e plasmarvi intorno una serie stratificata e ricca di contenuto è tutto un altro paio di maniche. La quarta – e ultima – stagione di Crazy Ex-Girlfriend porta a compimento questo progetto tanto ambizioso quanto riuscito: tra i soliti numeri musicali maestosi e la capacità di toccare tematiche importanti, la fine del percorso di Rebecca si configura come la naturale conclusione di uno degli show più rappresentativi di questi anni dieci. Il successo della serie passa inevitabilmente dall’enorme creatività delle sue autrici, Rachel Bloom e Aline Brosh McKenna, che quest’anno ancora di più hanno portato la scrittura al limite della meta-testualità e dell’innovazione in termini narrativi: ne sono esempi tra i tanti possibili l’episodio “I’m Almost Over You”, tutto dedicato a Nathaniel che si immagina come il protagonista di una rom-com, o la gestione del recasting di Greg. Crazy Ex-Girlfriend termina così la sua vita televisiva con almeno due certezze: quella di aver rivoluzionato il musical in televisione – subito dopo, tra l’altro, quel piccolo gioiello di Galavant, mai abbastanza riconosciuto – e quella di aver tracciato una linea indelebile nella televisione contemporanea.

Davide Tuccella

16. The Good Place (NBC)

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Nella terza stagione di The Good Place Micheal Schur risponde al cliffhanger conclusivo della seconda sparigliando le carte e alzando il livello dell’imprevedibilità. Da spettri dell’aldilà i personaggi piombano nella carne della vita e si impigliano nel territorio delle neuroscienze; la lezione di etica applicata continua e ingaggia i binari che porteranno alla destinazione finale: la salvezza dell’umanità. Si tratta di un’altra grande stagione della serie, che ormai si conferma un oggetto testuale al di là delle convenzioni narrative e si offre come un ricettacolo interpretativo inesauribile. Questa volta la storia di Eleanor si fa inoltre critica all’immobilità ottimista di una certa faglia democratica statunitense (emblematica l’inutilità degli accondiscendenti membri del “Good Place”) e allo stesso tempo progetto metatestuale incentrato sul desiderio di libertà di personaggi continuamente incastrati dagli inganni del proprio creatore-autore; ma è anche riflessione sull’impossibilità della condotta etica all’interno del sistema capitalista e trattato sociale sulla natura elitista dell’accezione comune di paradiso (in questo senso la questione del punteggio si fa tematica di urgenza sociale). Il suo spettro creativo, la sua propulsione immaginifica, in parole più accademiche la sua formatività, suggerisce a più riprese la possibilità di un’interpretazione senza limiti, altrettanto creativa e libera. La terza stagione aggiunge quindi altri esponenti qualitativi a un costrutto linguistico pensato per intrattenere chiunque trasversalmente, esempio di uno sperimentalismo di massa capace di estendersi verso il tutto e comunque eccederlo.

Leonardo Strano

15. The OA (Netflix)

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A più di due anni dalla messa in onda della prima stagione, The OA conclude la sua parabola con altre otto puntate ambiziose, sfrontate e visionarie. Sovvertendo le aspettative createsi alla fine della prima stagione, gli autori della serie, Brit Marling e Zal Batmanglij, aprono la nuova stagione con una linea narrativa parallela e apparentemente slegata ai fatti raccontati fino a quel momento: un giallo metropolitano legato alla scomparsa di una ragazza di nome Michelle e con protagonista un detective privato, interpretato da Karim Washington. La nuova linea temporale si intersecherà alla perfezione con l’arco narrativo che vede protagonisti il gruppo di persone che si era riunito attorno a OA nella prima stagione e nei confronti della nuova storyline con al centro le vicende con protagonista Nina Azarova, l’alter ego di Praire. The OA, grazie ad una scrittura sorprendente e a grandissime sequenze visive, continua a rappresentare una serie imprevedibile, coinvolgente, audace e innovativa. The Oa: Part II è un prodotto audiovisivo che è stato capace, grazie ad un’estetica determinata dalle ossessioni dei suoi autori e con il coraggio e la sfrontatezza di proporsi con vulnerabilità e innocenza, di creare un rapporto reale e profondo con lo spettatore, pur senza utilizzare un linguaggio realista e con la grande convinzione di chi non ha paura di provocare reazioni viscerali, come il senso del ridicolo e il disgusto di chi la guarda.

Davide Cinfrignini

14. The Deuce  (HBO)

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Arrivata alla terza e ultima stagione, The Deuce chiude il suo cammino con otto episodi di altissimo livello e uno dei finali più forti del 2019. Attraverso l’epidemia di AIDS e il processo di gentrificazione nella New York degli anni ’80, i personaggi che abbiamo visto crescere sulla 42a strada si confrontano con la fine di un’era e raggiungono l’inevitabile epilogo di chi è stato schiacciato dal rapido cambiamento di una città. Focalizzandosi sempre di più sui percorsi di Eileen e Lori, passate dall’essere semplici co-protagoniste a vero e proprio fulcro del racconto, la serie riesce nell’impresa di trasformare una storia sulla nascita dell’industria del porno in uno dei prodotti più femministi dell’anno. David Simon, co-creatore insieme a George Pelecanos, conferma di essere ancora una delle voci di maggiore rilevanza del panorama televisivo, in grado di raccontare gli Stati Uniti dal punto di vista di chi viene dimenticato troppo velocemente per analizzare ed evidenziare il fallimento del sogno americano.

Ivan Pavlović

13. Broad City (Comedy Central)

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In un mondo cinematografico e televisivo in cui le produzioni sono sempre di più il risultato di contaminazioni, incroci, esperimenti, meta-narrazioni molte volte interessanti ma molte altre che si riducono ad essere semplici esercizi di stile, Broad City è tra le pochissime serie degli ultimi anni rimasta coerentemente ferma nella sua purezza di comedy. Quest’anno siamo arrivati alla quinta ed ultima stagione, alla chiusura di una delle serie meno conosciute (sicuramente in Italia) e premiate del panorama seriale che, dopo qualche anno da web series, è approdata su Comedy Central per lasciare il segno – quantomeno nel cuore del suo pubblico. Pensata, scritta ed interpretata dal genio di Abbi Jacobson e Ilana Glazer, le due protagoniste hanno raccontato l’amicizia e le sue declinazioni nel modo più vero e meno scontato possibile: sempre in coerenza con il genere, i punti di forza di Broad City  sono stati il coraggio e la capacità di riuscire a far evolvere la storia delle due ragazze, di raccontare i trent’anni e il vero spirito della queerness senza mai scadere nel banale, cioè la tentazione da un lato di avvicinarsi al drama per “darsi un tono” o dall’altro tendere all’auto-indulgenza tipico della sit-com. Arrivata ad un passo dalla top ten, la creatura di Abbi ed Ilana non sarà mai abbastanza celebrata per il suo reale valore, figlia anche dell’alone di minus che la comedy tipicamente ha: per questo non rimane che invitare chiunque a recuperarla per ridere davvero con due delle commedianti più brave in circolazione.

Sara De Santis

12. Jane the Virgin (The CW)

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Anche le telenovela (al contrario delle soap opera) hanno una fine. E dopo cinque anni di colpi di scena, risate, lacrime e intrighi, si è conclusa anche una delle serie che più hanno segnato questa seconda metà di decennio. Grandissimo successo di pubblico nato da una scommessa della CW, Jane The Virgin è arrivata ad essere il simbolo di tutte le serie che in questi anni hanno perseguito l’idea di una TV differente: dalla rivalutazione e rielaborazione di un genere bistrattato al tentativo di fare una serie con personaggi forti e memorabili ma tutti votati all’automiglioramento, all’uso sapiente di colori e toni allegri che la televisione “seria” sembrava ormai incapace di utilizzare al meglio; la serie di Jennie Snyder Urman ci ha fatto innamorare di nuovo delle storie che ci fanno stare bene e di donne e uomini normali, in un’era televisiva fino ad allora dominata da uomini eccezionali e cattivi.
Jane The Virgin ci mancherà, ma questa quinta stagione (compreso l’eccezionale e imprevisto novantanovesimo episodio) ha chiuso con maestria e con un lieto fine il cerchio di un esperimento seriale che continueremo a ricordare – e a rivedere – per molti anni ancora.

Eugenia Fattori

11. Barry (HBO)

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La seconda stagione della murder-com targata HBO continua a raccontare la storia della riconversione di un ex marine degli Stati Uniti, Barry Berkman, (ora un hitman nel Midwest), ad una carriera di attore teatrale, facendo entrare in risonanza il gangster movie esistenzialista, umoristico e fortemente estetizzato à la fratelli Coen con l’ipertestualità e la coralità della scena teatrale. Cercando di abbracciare in tutta la loro complessità l’arte e la pratica della recitazione e di innestarla in un contesto criminale dal grilletto facile, dai rapporti instabili e dalla moralità dubbia, Alec Berg e Bill Hader danno vita ad una vera e propria riflessione su azione e actio, sulla trasformazione personale e situazionale e su ciò che significano autentico e inautentico. Forte anche di un susseguirsi di scene davvero spiazzanti come quelle dell’episodio 5 “ronny/lily” o dell’episodio finale “berkman > block”, Barry avrebbe tutte le carte in regola per raggiungere, intrattenere e far riflettere una larghissima fetta di pubblico.

Irene de Togni

E con l’undicesima posizione si chiude anche la seconda parte della classifica!
La Top 10 arriverà lunedì: secondo voi quali serie ci saranno tra le migliori dieci? Fatecelo sapere nei commenti!

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5 commenti su “Le 30 migliori serie del 2019: posizioni 20-11

  • Boba Fett

    Pose solo al ventinovesimo, The Crown al ventesimo e chi diavolo ci sarà mai nella top 10? Immagino una buona dose di fantasy con Game of Thrones e The Witcher? Una bella manciata di supereroi super destrutturati con The Watchmen e Legion! Considero out BoJack e Mandalorian perché non ancora concluse e probabilmente, sul gradino più alto, la serie unanimemente eletta serie dell’anno: Chernobyl.

     
    • Federica Barbera

      Non faccio spoiler, ma specifico che BoJack è dentro il periodo considerato perché le mezze stagioni che vengono divise dalla produzione in anni diversi in modo volontario le abbiamo sempre analizzate separatamente.
      E tieni conto che 29esimo posto partendo da 150 è comunque altissimo! Molte di queste sono divise davvero da punti decimali, credimi 😉

       
      • Boba Fett

        E allora nella top 10 ci potrebbe essere anche tanta, splendida depressione perché oltre a quella dell’amato Horseman dimenticavo quella post adolescenziale di Euphoria… colgo l’occasione per augurare a te Federica e a tutta la famiglia Seriangolo uno splendido 2020 e ringraziarvi per le tante cose belle che mi consigliate!

         
        • Ricki Fornera

          Non facciamo spoiler ma Game of Thrones in top 10 non credo proprio..magari in top 100

           
        • Federica Barbera

          Grazie mille, Boba Fett! Da me e da tutta la Redazione, insieme a un caro augurio di buon anno a te! 🙂