Paolo Sorrentino è tornato su SKY con The New Pope, quella che risulta essere a tutti gli effetti la seconda stagione di The Young Pope e dal cui finale muove i propri passi.
Molto attesa dal proprio pubblico, questa nuova annata televisiva per Paolo Sorrentino avrebbe dovuto rappresentare sia una conferma che un ulteriore passo avanti: se infatti la sua estetica riconoscibile ovunque è stata la vera linfa del successo di The Young Pope, è anche vero che un regista come lui non può certo permettersi semplicemente di ripetersi. In anni in cui la televisione internazionale si apre a temi nuovi, a linguaggi nuovi, e soprattutto a volti nuovi, per parlare della più vecchia e bianca e maschile istituzione del mondo non ci si può permettere di utilizzare stilemi e forme di un mondo che era.
Parte delle critiche a The Young Pope, infatti, riguardavano una certa tendenza al dominio dell’estetica sulla sostanza, con una trama che si è mossa molto spesso con grande lentezza e dando l’idea che di essa, tutto sommato, a Sorrentino non interessasse niente. Le soluzioni visive grandiose, postmoderne, eccessive, hanno reso quella serie un unicum che ha saputo farsi immediatamente riconoscere. A prescindere dunque dai propri gusti personali, Sorrentino non si era tirato indietro e, invece di creare una serie televisiva che parlasse di qualcosa, ha preferito una serie televisiva che mostrasse qualcosa, indagando mai troppo fino in fondo i molti discorsi politici, sociali e umani che lui stesso aveva aperto.
Siamo soltanto all’inizio, ma alcune considerazioni su The New Pope sono certo necessarie. Prima di tutto, la premiere a stento mostra il nuovo ingresso di sostanza nel cast, quel nuovo papa interpretato da John Malkovich. A essere precisi, un nuovo papa viene eletto, ed è sull’equilibrio tra lui e il cardinal Voiello (meglio ancora l’intera curia) che si costruisce la narrazione del primo episodio. Si tratta di un clamoroso passo falso di Voiello – il secondo, si potrebbe dire, dal momento che aveva già macchinato per l’elezione di Lenny Belardo, scelta la quale gli si era almeno inizialmente ritorta contro. Papa Francesco II, chiaro riferimento all’attuale papa e alle promesse (mancate o meno, sta alla storia giudicarlo) di un cambiamento in senso francescano del Vaticano, avrebbe tutte le intenzioni di muovere la Chiesa verso la povertà e l’accoglienza. A dir la verità parrebbe che Sorrentino critichi – o quanto meno dubiti del successo – di una tale eventualità, e dunque immediatamente consuma l’uccisione del nuovo papa nel modo in cui la dietrologia ha sempre parlato del papato di Giovanni Paolo I. Il tutto viene gestito abbastanza rapidamente – non si tratta certo della narrazione cardine della stagione – e funziona, soprattutto perché permette di affrontare e risolvere un tipo di narrazione che a Sorrentino non interessa davvero (e ricorda, tra l’altro, la sottotrama pauperistica presente in Game of Thrones, con una risoluzione meno esplosiva). Si tratta di una scelta che rimanda l’inizio vero e proprio della stagione, che infatti si fa attendere.
È con il secondo episodio, invece, che le cose prendono una nuova direzione, rallentando l’uragano di eventi della prima puntata in favore di un racconto più posato che possa fare spazio alla giusta entrata in scena di John Malkovich. Il suo personaggio, così atipico e così differente dal gruppo di cardinali (più ospite) che è partito da Roma con l’intento di convincerlo a farsi eleggere quale prossimo papa, è introdotto inizialmente attraverso una serie di specchi: la sua lussuosa abitazione, la statua del suo mentore, i due deboli genitori carichi d’odio, il lutto terribile della morte del fratello gemello. È solo in una fase inoltrata e un po’ per caso che Voiello – e noi con lui – incontra Brannox, il cardinale vestito da duca inglese (quale in effetti è). Il primo dialogo e poi gli sviluppi successivi dell’episodio permettono di farsi una prima, forse superficiale, idea su questo personaggio e l’impressione è molto positiva. Prima di tutto si tratta di un uomo decisamente diverso da Lenny Belardo, sotto molti punti di vista: John Brannox è calmo, serafico, vellutato; i suoi ideali, oltre quella “via di mezzo” tanto esaltata da Voiello, fanno dell’accoglienza e della poesia il proprio punto di forza. È la bellezza – una bellezza antica, non pacchiana né postmoderna, in pratica un po’ il contrario di Sorrentino stesso – a farla da padrona nei suoi discorsi. Soprattutto, però, c’è un profondo dolore di fondo, più intimo e meno urlato rispetto a quello vissuto da Lenny, ma pur sempre legato a un complicato rapporto con i propri genitori. Ad ora quello che sappiamo sarà il prossimo papa è scritto molto bene e lascia ben sperare per il futuro.
Un altro punto da notare e su cui varrà la pena soffermarsi soprattutto nei prossimi episodi è lo spazio maggiore dato al mondo che circola intorno alla Curia: assassini, faccendieri, patti segreti. Rispetto alla scorsa stagione, infatti, Sorrentino sembra intenzionato ad allargare lo sguardo, a sottolineare quanto intricate siano le relazioni tra il piccolo territorio del Vaticano e il resto del mondo con cui esso intesse relazioni e trame. L’autore, poi, non si priva di qualche stilettata alla società contemporanea e politica italiana, in particolare ironizzando contro i populisti che governano (anche) l’Italia televisiva. Sorrentino sembrerebbe insomma voler sottolineare quanto stretti siano i rapporti tra questi mondi, tra segreti e complotti che non hanno alcuna intenzione di farsi spazzare via dagli ultimi arrivati, buoni ideali o meno. C’è anche, poi, un’attenzione ai personaggi secondari, spesso ignorati perché considerati meri orpelli. Non sembra essere così adesso, invece, perché personaggi come Gutierrez, ad esempio, diventano indipendenti, veicoli di visioni diverse, talvolta complementari o in opposizione a quelli dominanti.
Sorrentino non ha certo mai nascosto, con la sua produzione cinematografica e televisiva, di essere affascinato e sedotto dal potere e dalle sue implicazioni. L’autore non si limita a raccontare una House of Cards in salsa italiana e cattolica, ma si spinge molto più in là: è uno scontro di personalità, è la differenza che nasce tra visioni molto diverse del potere. Quanta personalità e quanto egocentrismo si legano al potere e alla concezione di esso? Chi è il più adatto a possederlo, e chi il più abile nella sua gestione? Ma soprattutto, c’è un modo per rimanere incorrotti da esso?
C’è tantissima trama in questi due episodi, e gli slanci estetici che hanno dominato nella scorsa stagione sono molto ridotti – anche se l’inizio della premiere è subito riuscitissima in questo senso, e la nuova sigla non dimentica le origini. C’era in effetti molto da preparare e non ci si poteva aspettare che due episodi di questo tenore; ciò non significa necessariamente che gli aspetti visivi che hanno caratterizzato la narrazione finora siano stati abbandonati, ma si spera che si mantenga questo maggiore equilibrio tra le due anime, trama ed estetica, per non correre il rischio di arrivare al termine della stagione con il fiatone. L’annunciato scontro di personalità tra Belardo e Brannox sembrerebbe proprio porre al centro la scrittura – che dovrà essere in grado di reggere l’impatto di due personalità così predominanti –, ma si tratta anche di due estetiche molto diverse che potranno creare percorsi tutti nuovi.
Voto 1×01: 7
Voto 1×02: 8
E’sempre bello leggerti…;)…
Grazie mille, Davide!
Secondo me è un po’ riduttivo definire “pacchiana” la bellezza del cinema/tv di Sorrentino, io direi che siamo in pieno trash: nella prima puntata i frati francescani razziatori notturni di documenti con tanto di lucetta in fronte sono un capolavoro di umorismo involontario. Quando poi la marketing manager del Vaticano gli sventola un dito medio dopo aver fatto finta di sedurli nell’incipit della seconda puntata, siamo all’apoteosi del trash. Occhio che a volte è facile scambiare il trash per postmodernismo solo perché ha una parvenza provocatoria…
Ciao Crudelio! Secondo me neanche troppo involontario. Sorrentino è particolarmente furbo da sapere benissimo la reazione che va a suscitare, e la definizione di trash può essere molto soggettiva. Io per esempio ho trovato l’idea dei bodyguard francescani molto divertente proprio perchè grottesca e al limite del ridicolo, ma tutta la serie gioca su questo piano; anche l’elezione di Viglietti e il suo discorso “rubato” dal piccione rientrano nel novero dei tanti WTF che – ormai – ci si aspetta da Sorrentino.