A seguito del finale della scorsa stagione, in molti pensavano che Kidding avesse in qualche modo già detto tutto quello che si poteva dire della crisi del protagonista. La discesa di Jeff verso la radice del suo dolore dopo la morte del figlio lo aveva portato, lentamente ma inesorabilmente, a incrinare la sua immagine di bambino cresciuto, rappresentata da Mr. Pickles, fino a quella conclusione in cui aveva commesso l’atto più crudele fino a quel momento. L’ammissione del trauma originario (non aver saputo difendere suo figlio dalla morte) passava così da momento catartico, con il discorso all’accensione dell’albero di Natale, a essere causa di un raptus le cui conseguenze avevano gettato Jeff ai piedi delle sue Pickle Falls – e, fuor di metafora, a toccare letteralmente il fondo.
Come si risale da un punto così basso? Se dall’inizio della seconda stagione ci si aspettava una risposta a questo quesito, i primi due episodi sono stati invece uno schiaffo in faccia allo spettatore. Non è ancora il momento per la redenzione di Jeff, anzi: il suo viaggio alla vera ricerca di se stesso è appena cominciato.
Have you been a good boy this year?
Il primo episodio, “The Cleanest Liver in Colombus, Ohio”, presenta una struttura circolare che collega a doppio filo l’inizio e la fine della puntata. Dopo un breve flashback che ci riporta al matrimonio tra Jeff e Jill, ci ritroviamo esattamente dove eravamo rimasti con lo scorso finale, ossia dopo che Peter è stato volontariamente investito da Jeff. La serie continua a giocare con la contaminazione di generi e di stati d’animo, e non ci fa attendere troppo per sentire di nuovo la sensazione di disagio che questa commistione di sensazioni procura: mentre Jeff si avvicina al corpo quasi esanime di Peter, riceve una chiamata da un coro natalizio di bambini e conversa amabilmente con uno di questi, chiedendogli se sia stato bravo durante l’anno trascorso.
È già tutto qui il senso di questo episodio: una puntata in cui agli eventi del presente – il trasporto di Peter in ospedale, l’attesa di notizie, la notte passata in casa con la famiglia – si alternano quelli del passato, che sembrano identici per molti aspetti, ma che stridono al confronto con il presente.
Il viaggio in macchina di Jeff e Jill segue le stesse dinamiche della passata corsa in ospedale per la nascita dei gemelli, ma ora è tutto distorto: Jill chiede aiuto a quello che è stato suo marito per salvare il suo compagno, investito – ancora a sua insaputa – proprio da Jeff. E di nuovo, i ricordi del primo Natale passato in casa con i figli si riflettono al presente in una declinazione solo apparente della gioia familiare, che viene riprodotta in una temporanea rivisitazione del passato solo per essere bruscamente interrotta da una telefonata e dalla fuga di Jill in ospedale.
Anche la tregua tra Will e suo padre (in cui per la prima volta vediamo il figlio esprimere la necessità di vedere i genitori felici, tanto da decidere di non rivelare alla madre la scoperta della casa accanto) sembra segnare un nuovo inizio solo per poi essere abbattuta proprio a partire da quello che li aveva uniti. Basti pensare alla celebre frase di Mr. Pickles – “Don’t use a bad word when you can use a good word” – che viene cambiata da Jeff per il figlio in “Only use a bad word when no good word will do”: poco dopo sarà proprio questa apertura a una nuova e più tollerante forma di linguaggio a essere usata da Jeff per rivelare a Jill e al figlio che ha volutamente investito Peter – “I fucked up”.
Il viaggio attraverso i ricordi del passato è ciò che consente a Jeff di capire che non può fuggire al suo destino, e che deve essere lui a salvare Peter donandogli parte del suo fegato: e lo fa non solo “perché non può non importargli”, come dirà nell’episodio successivo, ma perché ama Jill e proprio per questo non può farle perdere l’uomo che ama. Il flashback iniziale del matrimonio, in cui i due novelli sposi brindavano alla loro unione, acquisisce così un retrogusto amaro quando si scopre che quella è l’ultima volta che Jeff ha bevuto – il che lo rende così un perfetto candidato per il trapianto, grazie al “fegato più pulito a Columbus, Ohio”. E anche la telefonata iniziale viene ribaltata nell’ultima scena dell’episodio, in cui la domanda di Jeff al piccolo cantante del coro viene provocatoriamente rispedita al mittente: “E tu sei stato un bravo bambino quest’anno?”
See this is your problem / You need to let your feelings to the surface /
You can’t bottle them up into advanced choreography / Or bad things happen like you… / Hit people with cars
Ma è con il secondo episodio che capiamo davvero quanto Kidding abbia ancora da dire e da dare al suo pubblico. “Up, Down and Everything in Between” prende infatti tutto ciò che pensavamo di sapere di Mr. Pickles e lo ribalta, annullando di fatto l’idea che Jeff (e noi con lui) fosse giunto con lo scorso season finale alla vera radice del suo trauma. L’espediente dell’anestesia per il doppio intervento di trapianto consente infatti di spiegare a livello diegetico quanto la personalità del protagonista sia molto più complessa di quello che pensavamo e, al contempo, offre su un piano extra-diegetico uno dei migliori esempi di episodio-musical della serialità degli ultimi anni.
Sia Jeff che Peter (che non è altro che una proiezione della mente di Jeff, anche se l’episodio gioca molto sul fatto che in realtà siano davvero entrambi presenti nel mondo di Mr. Pickles) si ritrovano a confrontarsi ai piedi delle Pickle Falls, in uno scontro che diventa lentamente elaborazione dell’interiorità di Jeff grazie al trapianto. La donazione dell’organo, infatti, consente a Peter non solo di cantare e ballare esattamente come il protagonista, ma anche di essere una parte dell’inconscio di Jeff: per questo le sue rivelazioni, che in qualunque altro contesto potrebbero risultare ridondanti e didascaliche, qui non lo sono affatto. Peter è parte di Jeff, parte del racconto, ma al contempo esterno a lui: e, proprio come il coro di una tragedia greca, ha la funzione di spiegare al protagonista – ma soprattutto al pubblico – esattamente cosa sta accadendo.
Il messaggio è chiaro, ed è il risultato di quello che avevamo capito con la prima stagione: non puoi continuare a tenere dentro di te ciò che provi perché prima o poi esploderà e finirai col fare cose tremende (come appunto investire qualcuno in macchina). Ma questo è solo il primo di tanti livelli di comprensione: per risalire le Pickle Falls col razzo bisogna alimentarlo con la verità e nient’altro che la verità, ed è così che Jeff comincia a liberarsi di alcuni suoi pesi, via via sempre più importanti, fino al primo step delle nuove rivelazioni. Se pensavamo che l’ammissione del senso di colpa per la morte di Will fosse l’unico vero trauma, eravamo completamente fuori strada: ciò che risultava ancora più indicibile era il pensiero che anche Jill fosse responsabile della morte del figlio. È questa la dichiarazione che carica completamente il razzo per fuggire dalle Pickle Falls, ma per Jeff non è ancora giunto il momento di andarsene: la sua strada è ancora in salita ed è quindi Peter a scappare, lasciando Jeff nuovamente da solo a chiedersi “How do I get back up?” esattamente come alla fine della prima stagione.
The show is a trap, it’s an endless loop denying him his humanity.
Up the falls, down the falls,
up the falls, down the falls,
up, down, up, down, up!
You are a terrible father!
La costruzione dell’episodio non sarebbe la stessa se, al mondo immaginario di Mr. Pickles, non fossero associati altri flashback – questa volta dell’infanzia di Jeff e Deirdre a seguito della fuga della madre – e il contraltare con la realtà, in cui Jill apre gli occhi a Seb sui danni che ha causato al figlio bloccandolo nel suo mondo di fantasia e non permettendogli di crescere ed elaborare i suoi traumi. Il legame tra Jeff e la donna – nonostante quest’ultima non voglia più vederlo – risulta ancora una volta fondamentale: le frasi che Jill pronuncia contro Seb (“I blame you, Seb. You could have helped him anytime… anytime! Instead, you built this trap for him”) fanno da eco anticipatoria alla rivelazione cui giunge Jeff nel suo mondo parallelo – l’unico safe place in cui tutto ciò poteva accadere. E non è un caso che ad aiutarlo sia una sua creatura, Hopscotch The Sasquatch (doppiato da un sempre meraviglioso Dick Van Dyke) la cui dolce canzone per Jeff “You built a place for me”, cantata mentre lo aiuta a risalire le cascate e tornare a casa, viene sinistramente ribaltata proprio da Jeff, che si rivolge al suo creatore (suo padre) mentre osserva dalla finestra i ricordi della sua infanzia.
Up goes the barrel / Jeff feels anxious / Down goes the barrel / Jeff feels free
Jeff has a feeling / Dad says hide it / He built a cage, I see
Scopriamo così che il trauma non nasce dalla morte di Phil, e neanche dalla perdita della figura materna, ma dall’azione paterna che ne è scaturita: nel tentativo di preservare il figlio dalle ingiustizie del mondo (“I was a good mom. I was a good dad. And I stayed, God damn it, I stayed!”), Seb ha usato l’immaginazione del figlio per incastrarlo in un mondo di fantasia in cui tutto andasse bene, e l’ha poi sfruttato per una trasmissione di successo. Ha sì costruito un posto per lui – come lui ha fatto per Hopscotch – ma nel farlo l’ha imprigionato in una realtà in cui i problemi non si affrontano, anzi, vengono nascosti sotto il tappeto con un sorriso stampato in faccia, esattamente come aveva detto Jill.
“You built a place for me” diventa quindi “He built a cage, I see”: la gabbia costruita da Seb è il nocciolo dell’identità di Jeff, è il motivo per cui non è in grado di elaborare il lutto e il dolore in maniera sana. Se l’abbandono della madre è stato nascosto apparentemente meglio (e del resto quanti bambini incamerano traumi terribili senza manifestare disagi tangibili se non dopo molti anni?), la morte di un figlio è stata troppo grande per essere trattenuta dal mondo perfetto di Mr. Pickles. Ora capiamo tutto: capiamo i primi eccessi di rabbia e l’escalation che ci ha accompagnato dal pilot fino a qui. Ma soprattutto lo capisce Jeff: nel momento forse più emozionante di questa doppia premiere, il protagonista guarda la sua infanzia attraverso una finestra sul suo passato e canta le prime, vere parole che possono portarlo davvero a guarire – “ Somehow I’ve got to / Break the cycle / I know the lock, I’ll forge the key / I will be more than two dimensions / I’ll get there… / Wait / … For me”.
Jeff deve rompere il loop, come lo ha chiamato Jill; deve tornare a far parte del mondo – ed è forse un caso che Jill, Phil e Will abbiano nomi così simili, mentre Jeff ne è sempre stato distante sin dalla mancata assonanza?
Seb ha cercato di essere padre e madre al tempo stesso, ma ha sbagliato; è convinto di conoscere i figli, ma non capisce nemmeno Deirdre, il cui divorzio arriva per lui come un fulmine a ciel sereno. Ed è allo stesso modo che giungeranno alle sue orecchie le parole pronunciate da Jeff al suo risveglio: “You’re fired”. È solo tramite il taglio netto del rapporto lavorativo che Jeff può provare a ritrovare la sua interiorità, un mondo di cui forse Mr. Pickles potrà ancora far parte (lo capiremo nei prossimi episodi), ma non più come unico filtro attraverso cui Jeff si misura col mondo, con la realtà e in ultima analisi con se stesso.
Kidding apre questa seconda stagione riuscendo a stupire ancora più di quanto ci si potesse aspettare. La scelta narrativa di dare un’apparente spiegazione alla fine della scorsa annata, per poi mostrare sin da subito con questi episodi quanto invece si fosse solo grattata la superficie dell’identità di Jeff, è stata la migliore intuizione per uno show che cerca di raccontare non solo il lutto più difficile di tutti – nessun genitore dovrebbe sopravvivere a un figlio –, ma anche i traumi che si nascondono dietro quelle persone all’apparenza più felici e spensierate, quelle da cui ci aspetteremmo tutto fuorché una vita travagliata. La finezza nel raccontare tutto ciò con profondità ma senza pesantezza, in modo accurato ma sempre con sprazzi di comicità che arrivano esattamente quando ce n’è più bisogno, trova in queste prime puntate una nuova linfa: Jim Carrey porta sullo schermo in modo perfetto ed emozionante un uomo perso, la cui scissione interiore potrebbe risultare devastante e quasi insopportabile a vedersi se non fosse per la sua bravura nel mescolare gli stati d’animo di Jeff esattamente come la scrittura e la regia fanno a livello macroscopico. Vedremo come si evolverà questo suo nuovo percorso nelle prossime puntate: non possiamo sapere se Jeff farà o meno pace con Mr. Pickles, se lo supererà cancellandolo o inglobandolo in maniera più sana; possiamo però scommettere con un buon grado di precisione che la stagione ce lo racconterà in modo eccezionale.
Voto 2×01: 8
Voto 2×02: 9
Sarà che ho il ricordo ancora fresco, ma nella prima parte mi è sembrato di assistere a un episodio di BoJack Horseman. L’atteggiamento di BoJack e di Jeff davanti ad una morte (o quasi) da loro causata è praticamente lo stesso, ed entrambi ammettono la loro responsabilità solo quando si trovano con le spalle al muro, senza via di scampo. Basta vedere come Jeff aspetta che tutti i fratelli di Peter si facciano avanti prima di cedere finalmente.
Piccola nota a parte, ma Peter non è parecchio sconsiderato a prendere un Ambien e farsi una canna quando è l’anestesiologo reperibile?
Ciao! Parto dal fondo e sì, farti una cannetta dopo un Ambien se sei reperibile NON È consigliato dalle linee guida degli ospedali… In effetti non ci avevo fatto caso, la questione della reperibilità l’ho collegata solo al mindfuck dell’ospedale che aspettava risposte da quello che doveva andare sotto i ferri e l’ho presa per il non-sense che era, ma hai ragione anche tu!
Sulla questione morte la vedo un po’ diversamente, nel senso che quello di BoJack è un percorso moooolto lungo e lui è comunque una persona (cavallo, va beh) egoista e cinica dall’inizio, mentre Jeff è l’esatto opposto. Pensa a quando il figlio chiede a Jill perché non abbiano donato gli organi del fratello, la risposta è che conoscendo Jeff avrebbe praticamente seguito passo passo la vita di ogni persona con quegli organi e ci si sarebbe affezionato perché lui è così. Ora, al di là della privacy che probabilmente gliel’avrebbe impedito, però è vero, Jeff è così, ce l’hanno mostrato anche nella prima stagione. E qui non cambia idea perché non ha vie di scampo, ma perché esce per andarsene e trova per terra un cappellino che gli ricorda sua moglie e la felicità che aveva e che hanno avuto insieme. BoJack non direbbe mai “dono parte del fegato perché è la cosa giusta da fare” 24 ore dopo aver “fucked up”. Ci ha messo ANNI per capire qualcosa e non sappiamo neanche quanto questo lo terrà lontano dai guai. Insomma, per me sono proprio diversi ma di natura, quindi è ovvio che abbiano tempi diversi di reazione. Secondo me Jeff fa “la cosa giusta” perché per lui è impensabile non farla, e se anche per poco ha pensato il contrario è stato con enorme senso di colpa, glielo si legge in faccia per tutto il primo episodio.
Se posso inserirmi in questo interessantissimo discorso, credo che stupisca in Jeff il nascondersi dietro gli altri al momento di offrirsi per l’intervento, proprio per ciò che dice Federica riguardo l’aspettarsi da lui di fare la cosa giusta (a differenza di Bojack da cui ti aspetti la cosa sbagliata). Secondo me, e qui azzardo, ha a che fare con l’enorme differenza che c’è tra la personalità di superficie di Jeff, ben esemplificata da: “Don’t use a bad word when you can use a good word”, e quella sconosciuta (a noi ed a lui) più profonda***. Nel senso che essendo ancorato ad un mondo creato da bambino, tali sono rimaste molte sue modalità, in questo caso la moralità totalmente acritica (la droga fa schifo, le parolacce non si dicono ecc.). In sostanza, Jeff non si è mai domandato se queste cose sono giuste o sbagliate PER LUI, ma le ha acriticamente acquisite perché parte di ciò che viene trasmesso ai bambini. Credo sarà questa la sfida per lui: costruire in età adulta strutture interiori che, teoricamente, avrebbe già dovuto acquisire. Il primo passo? Ribellarsi, come un adolescente. Infatti: “you’re fired” al proprio genitore è un ottimo primo passo.
***Che assolutamente non è rappresentata dal fatto che investa Peter, quello è solo una conseguenza del conflitto tra qualcosa che vuole emergere ed una personalità di superficie che reprime.
PS: scusate la lunghezza, ma è colpa della grande serie, della grandissima recensione e dei commenti interessanti!! 😀
Ciao Matt, innanzitutto grazie per il contributo e certo che puoi inserirti! La tua riflessione su Jeff “infantile” è assolutamente vera: lui ha sempre vissuto in quel suo mondo e, sebbene non sia proprio un disagiato sociale per cui è riuscito comunque a sposarsi e mettere su famiglia, comunque è rimasto ancorato a dei valori se vogliamo di purezza tipicamente infantili.
Non so se sia per questo che si tira indietro in prima battuta, però può starci: lui ha paura che Peter si risvegli e dica tutto, distruggendo così la sua aurea da brav’uomo, e quindi inconsciamente non vuole salvarlo (su questo poi troviamo Deirdre ancora più esplicita). La differenza la fa quella illuminazione mentre se ne va, ed è lì che la parte più cresciuta di lui lo chiama alla responsabilità e al fare la cosa giusta. È una più che valida interpretazione, e in quest’ottica vederlo crescere nei prossimi episodi sarà sicuramente un’esperienza interessante!
Recensione( letta il giorno dopo la trasmissione dei primi due episodi su SkyAtl.)assolutamente strepitosa…la parte musicale dell’ep2 è meravigliosa se…vista in v.o.(ho visto un attimo la versione- doppiaggio italiano:semplicemente terrificante…)…
Ciao Davide, grazie mille! Concordo, la parte musicale è fatta davvero bene… e beh, il doppiaggio non oso nemmeno immaginarlo in un caso del genere! Pur con tutto l’impegno è davvero impossibile eguagliare gli originali! Prosegui con la visione, perché questa stagione (attenzione, è l’ultima!) è davvero splendida 🙂