Doctor Who – La Doctor al centro di una stagione rivoluzionaria


Doctor Who – La Doctor al centro di una stagione rivoluzionariaArrivare dopo due pesi massimi come Russell T. Davies e Steven Moffat non è semplice e sapevamo tutti che per Chris Chibnall la vita sarebbe stata molto dura, perché non bastava solo fare le cose bene: aveva bisogno di farle in maniera eccellente. La prima stagione della sua gestione (quella scorsa) ha infatti fatto capire a tutti il peso di queste aspettative e, nonostante fosse un’annata più che dignitosa, è stata da molti rigettata, snobbata, eccessivamente criticata, quasi a voler sfogare la nostalgia di tempi passati, non senza casi di sessismo nei confronti della nuova Doctor. Chi però ha dato fiducia alla nuova gestione e ha creduto in questo progetto in modo lungimirante ha potuto godere di una dodicesima stagione in cui la semina ha portato i suoi frutti, offrendo una quantità di emozioni davvero strabiliante.

Tra i fan e i critici che hanno valutato lo scorsa annata di Doctor Who ci sono comunque anche quelli che hanno apprezzato le novità apportate da Chibnall alla serie, soprattutto per quanto riguarda tre punti: la protagonista; il gruppo di companion; i temi affrontati.
Sono state trasformazioni graduali ma costanti, che passo dopo passo hanno piantato le fondamenta per una nuova era, hanno messo basi solide da cui poi poter fare esperimenti arditi e fare coraggiose scelte narrativi con consapevolezza. La stagione numero dodici dimostra esattamente questa tesi alzando l’asticella del rischio sin dal primo episodio giocandosi una serie di carte molto importanti e puntando dritta alla mitologia della serie, ma al contempo esaltando alcune delle caratteristiche che da sempre hanno fatto di Doctor Who una serie unica.

ATTENZIONE: questo è un articolo di approfondimento sulla dodicesima stagione di Doctor Who: seguono spoiler su tutta l’annata!

Un ruolo importante, anche se non evidente come altre cose, lo hanno avuto gli episodi standalone e in particolare “Orphan 55” e “Praxeus”, entrambi dedicati non a pianeti sconosciuti in cui andare a vivere meravigliose avventure, ma al pianeta Terra. In entrambi i casi è emersa la necessità della writers’ room di ragionare sul futuro della specie umana e in particolare su come la nostra civiltà sta gestendo una questione cruciale: l’ambiente.
Chibnall, attraverso due storie avvincenti e autoconclusive, si interroga e ci interroga sugli effetti dell’inquinamento, sulla necessaria responsabilità da avere in quest’epoca e sulle conseguenze di una gestione scriteriata delle risorse del pianeta. La Doctor e la sua Fam sono infatti gli strumenti con cui la serie esplora, muovendosi attraverso le infinite possibilità offerte dalla fantascienza, i limiti dell’essere umano nel riconoscere l’importanza della tutela del pianeta, e così facendo ritorna sul lato didattico che ha da sempre caratterizzato lo show della BBC.

Doctor Who – La Doctor al centro di una stagione rivoluzionariaA proposito della necessità della serie di parlare a un pubblico eterogeneo, fatto di adulti e bambini, e quindi di presentarsi anche come uno strumento per conoscere la Storia (nel senso più esteso del termine) viaggiando nel tempo e nello spazio insieme ai protagonisti, ci sono due episodi che si sono messi in evidenza più di altri. Il primo è “Nikola Tesla’s Night of Terror”, che porta i nostri eroi all’alba della rivoluzione industriale a scoprire una figura così importante ed enigmatica come Tesla, ragionando in questo modo anche sulla disparità di opportunità tra uomini e donne all’epoca (ma con chiari riferimenti alla contemporaneità) e sulla tossicità intrinseca nella competizione maschile attraverso la rivalità tra Tesla ed Edison.
Il secondo è “The Haunting of Villa Diodati”, un piccolo gioiello orrorifico che ci immerge in una storia di fantasmi ambientata in età vittoriana e in particolare in un momento in cui, in una sorta di reclusione forzata a Villa Diodati sul lago di Ginevra, sono nati alcuni dei capolavori della letteratura britannica come Il Vampiro e Frankenstein. Ci sono Mary e Percy Shelley, c’è John Polidori, c’è Lord Byron e soprattutto c’è un racconto che oltre a raccontare l’importanza della letteratura nelle nostre vite si collega in modo geniale alle storyline principali introducendo il Cyberion (un’entità che possiede l’intera conoscenza dei Cybermen) e il Lone Cyberman, due delle tante grandi intuizioni di questa stagione.

Doctor Who – La Doctor al centro di una stagione rivoluzionariaE qui, inevitabilmente, veniamo all’incredibile e stratificata quantità di idee narrative che Chibnall inserisce in questa seconda annata delle sua gestione, andando a modificare in maniera radicale l’anima della serie; questioni che si inseriscono a gamba tesa nella storyline principale sin dall’inizio e che scandiscono la stagione in maniera implacabile, per poi essere risolte una a una gradualmente, fino all’epico doppio finale.
Innanzitutto, il Master. Uno dei personaggi più importanti della storia della serie, nemesi assoluta del protagonista, ritorna in una nuova veste, ovvero nel corpo di Sacha Dhawan, bravissimo attore già visto in Dracula e che qui dona al personaggio un’anima eccentrica e malefica particolarmente originale. Una delle idee migliori di Chibnall è quella di collegare il ritorno di questo personaggio alla più grande domanda non risposta della scorsa stagione: il Timless Child. Già nel secondo episodio, infatti, la serie rischia tantissimo, annunciando una rivoluzione totale inserendo il mistero legato a questo misterioso bambino all’interno di una ribaltamento dell’intera mitologia destinato a sconvolgere l’esistenza della protagonista, oltre che a far saltare le sinapsi dei tantissimi fan della serie.

Dal punto di vista strutturale, Chibnall ha pensato bene di anticipare il doppio finale con un episodio di importanza cruciale inserito nel centro nevralgico della stagione: “Fugitive of the Judoon”, quinto tassello narrativo dell’annata, parte come un intrigante e classico episodio di Doctor Who, ma gradualmente mostra la sua eccezionalità, prima riportando nella serie uno dei personaggi più amati di sempre, poi introducendone un’altro che si rivelerà fondamentale.
Doctor Who – La Doctor al centro di una stagione rivoluzionariaÈ il momento in cui gli appassionati di tutto il mondo festeggiano il ritorno di Capitan Jack, simbolo di fantascienza e queerness, il quale ritorna per mandare un importante messaggio alla Doctor riguardo al Lone Cyberman, che sarà poi essenziale nel passaggio da Villa Diodati al futuro in cui è ambientata la conclusione. A stravolgere la serie in questo episodio è però Ruth, donna di colore che scopriamo essere Doctor Ruth, ovvero un’altra incarnazione della Doctor appartenente a un’altra temporalità, che sin da metà stagione mette in crisi la conoscenza collettiva sulla mitologia della serie, ritornando alla frase del Master con cui i misteri della stagione si sono aperti: “Tutto quello che sai è una bugia”.

Se la dodicesima stagione di Doctor Who è così riuscita, così matura, così emozionante è per la combinazione perfetta tra una struttura narrativa che esalta la tradizione della serie non rinunciando però a giocarsi sin dall’inizio alcune carte molto pesanti relative alle storyline principali e un un doppio finale in grado di tirare le fila di tutti i discorsi messi in campo nel corso degli otto episodi che lo hanno preceduto.
Il piano segreto del Master è diabolico e geniale, perché mira a utilizzare il Lone Cyberman e il Cyberion per creare un esperimento eugenetico sulle ceneri di Gallifrey, che ha come obiettivo la creazione di una razza che unisce i malvagi androidi con i Time Lord. Allo stesso tempo, però, al centro del racconto c’è anche il viaggio (a tratti tutt’altro che piacevole) della Doctor verso la scoperta di un passato misterioso. In una Gallifrey distrutta, infatti, il Master la imprigiona nella Matrix, spazio mentale in cui riporta alla luce memorie dimenticate da secoli, rivelandole che il Timeless Child è lei, una bambina venuta da un’altra dimensione poi trovata da un’esploratrice di Tecteun, la quale attraverso una serie di sperimentazioni riesce a creare una nuova specie, i Time Lord di Gallifrey, da cui è poi nato il Master.

Doctor Who – La Doctor al centro di una stagione rivoluzionariaÈ davvero difficile riassumere la quantità di storyline, di temi, di piani narrativi e di innovazioni che hanno caratterizzato questa stagione di Doctor Who, ma se dopo gli stravolgimenti dei primi episodi il pensiero era “qui o viene fuori un disastro o un capolavoro”, oggi possiamo dire con ragionevole convinzione di essere più vicini alla seconda opzione. In soli dieci episodi, infatti, Chibnall ha rinsaldato una nuova idea di companion (più vicina a una famiglia che a un rapporto uno a uno), ha costruito una Doctor sempre più femminista e intenzionata a mettere in evidenza questioni molto concrete del nostro presente, ha riportato nella serie due personaggi fondamentali come Capitan Jack e il Master, ha ridato interesse ai Cybermen che sembravano un po’ ammuffiti e ha stravolto completamente la mitologia dello show, dandosi tantissime strade da percorrere nella prossima stagione e costringendo tutti quelli che verranno dopo di lui a riconoscere questo come un punto di non ritorno per questo universo narrativo.

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".

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