Lovecraft Country – Stagione 1 4


Lovecraft Country – Stagione 1La frontiera dell’horror in televisione si è spinta sempre più in là e oggi, nel 2020, può vantare diversi titoli di spessore: dalle atmosfere gotiche di Penny Dreadful, quest’anno tornata con uno spin-off, all’antologia cult di Ryan Murphy American Horror Story, passando per il successo incredibile di pubblico di Stranger Things. In un’ideale strada di evoluzione della serialità, Lovecraft Country si pone come il giusto punto di arrivo per il genere.

Se già dal pilot si potevano intravedere le basi per un racconto solido e ricco di tematiche, sarebbe stato piuttosto difficile prevedere tutto quello che è venuto dopo. La trama della serie prodotta da Jordan Peele e J.J. Abrams si dipana in dieci capitoli della durata di circa un’ora ognuno; a condurre il team di autori c’è la showrunner Misha Green, che dopo una lunga carriera in tv tra serie di peso come Heroes e Sons Of Anarchy si è fatta notare con Underground, dal quale proviene anche una delle protagoniste di Lovecraft Country, Leti alias Jurnee Smollett.

Il lavoro e l’intuito di Green sono evidenti già dalla struttura della serie: nonostante la trama orizzontale abbia un proprio peso specifico nel condurre i personaggi verso un percorso coerente che parte dal primo episodio “Sundown” e arriva a “Full Circle”, la caratteristica che più salta all’occhio è l’esaltazione della verticalità di ogni singolo segmento narrativo. Ogni episodio è dotato di una propria specificità all’interno della narrazione e potrebbe funzionare anche come un racconto slegato dalla serie, sebbene si rafforzi proprio per il suo essere parte di una storia più grande. D’altro canto l’autrice riprende questo stile dal modo in cui è costruito il romanzo omonimo dal quale è tratta la serie, scritto da Matt Ruff nel 2016.

Lovecraft Country – Stagione 1L’elemento più interessante che si pone come conseguenza di questa efficace scelta narrativa è la possibilità per lo show di esplorare tantissime sfumature dell’horror, proponendo in ogni episodio una diversa declinazione offerta dalla cultura contemporanea e dalla storia del genere. Per esempio il terzo episodio, “Holy Ghost”, attinge a piene mani dal trope della casa stregata, così come “Jig-a-Bobo”, l’ottavo, si rifà esplicitamente al gore degli ultimi film di Jordan Peele, ricordando in particolare lo stile di Us. Come da titolo non mancano certo i riferimenti all’universo narrativo e all’estetica definita dai libri di H.P. Lovecraft: l’episodio “I Am” introduce infatti la possibilità di viaggiare attraverso diverse dimensioni e la trama orizzontale prevede l’esistenza di un tipo di magia rituale che richiama culti molto antichi e divinità ultra-terrene.

Il fulcro concettuale della serie, tuttavia, non è l’horror fine a se stesso: Lovecraft Country è anche un grande inno di riappropriazione culturale. Non è un caso, infatti, che sia risaputo che l’autore che dà il nome alla serie fosse un razzista dichiarato e che la serie giochi ampiamente sulla sovrapposizione dell’orrore derivante dai mostri e dalle infiltrazioni ultra-terrene con la paura da sempre instillata nella comunità afroamericana dalla segregazione inflitta dall’America bianca. La serie è ambientata negli Stati Uniti degli anni ’50, un luogo che stava facendo enormi passi avanti nel riconoscimento dei diritti ai propri cittadini ma che ancora era profondamente segnato dalle leggi “Jim Crow” – il nome deriva dalla macchietta comica razzista che i bianchi inventarono per prendere in giro i neri – che avallavano pratiche crudeli e legittimavano l’inferiorità sociale della popolazione afroamericana rispetto agli altri. Già nel pilot si assisteva alla fuga dei protagonisti da una delle cosiddette “sundown town”, luoghi nei quali gli afroamericani non potevano sostare dopo il calare del sole, pena la morte.

Lovecraft Country – Stagione 1Su questo Misha Green non si risparmia di certo: come già fatto da Watchmen lo scorso anno, la storia e la cultura afroamericana diventano parte della trama a tutti gli effetti. Il caso più emblematico è l’ambientazione del penultimo episodio; il massacro di Tulsa del 1921 è una delle pagine di storia continuamente dimenticate più tragiche ed eclatanti della storia americana, quel giorno in cui la popolazione bianca della città, invidiosa della florida espansione economica dei quartieri neri, compì una strage che vide tra le vittime anche tantissime donne e bambini. Un altro esempio è l’introduzione di figure storiche realmente esistite che riportano l’orrore rappresentato nella serie su un piano estremamente realistico: nel terzo episodio la casa acquistata da Leti apparteneva ad un dottore bianco che faceva esperimenti su schiavi afroamericani, uno di questi di nome Anarcha, donna sulla quale uno dei padri fondatori della ginecologia moderna fece pratica senza utilizzare l’anestesia; l’ottavo episodio si apre con l’omicidio di Emmett Till, detto Bobo, figura importante tra le vittime di odio razziale negli Stati Uniti. L’ultimo episodio si spinge ancora oltre, rappresentando le paure di Dee, alla quale viene inflitta una maledizione, come le bambine Topsy e Bopsy de “La capanna dello zio Tom”, dando vita allo stereotipo razzista delle pickaninny, vezzeggiativo utilizzato per definire i bambini afroamericani.

Lovecraft Country – Stagione 1A collegare tutti i temi e le sfumature dell’odio razziale raccontate da Lovecraft Country vi è la trama orizzontale, che porta i protagonisti, Atticus e Leti in particolare, ad affrontare la strega Christina Braithwhite – nomen omen – che mira ad ottenere l’immortalità. Come già si accennava, il filo conduttore della serie serve principalmente per fare da collante tra i vari episodi e per dare un significato all’evoluzione caratteriale dei personaggi: in tal senso possiamo dire che riesce nel suo intento, sebbene ad un certo punto si percepisca la fatica di mantenere una linea coerente e lo spettatore è chiamato a soprassedere ad alcune forzature narrative necessarie. L’ultimo episodio, per esempio, si pone di raccogliere e unire i numerosi punti disseminati durante la stagione: il ritorno di Hippolyta dal suo viaggio inter-dimensionale, la guarigione di Dee, il rituale finale di Christina, il senso narrativo dell’arrivo in America di Ji-Ah e così via. Nonostante tutto il finale è soddisfacente, ma si ha la sensazione che quello che conta davvero sia stato più il viaggio per arrivarci.

Lovecraft Country, come si diceva, arriva nel momento giusto: facendo tesoro delle tematiche che già da diversi anni la tv sta affrontando, le declina in un horror fantasy permeato di politica e di rivendicazione culturale. Considerata l’enorme quantità di personaggi e temi rappresentati è naturale che a volte la sceneggiatura se ne perda qualcuno, come per esempio è problematica la gestione del personaggio di Yahima, spirito indigeno che non si identifica unicamente con tratti maschili o femminili che viene subito ucciso da Montrose – ma su questo punto la stessa Misha Green ha ammesso che non fosse stata una scelta felice.

In definitiva la serie HBO non ha deluso le grandi aspettative che aveva generato e ha saputo farsi notare nella competitiva lotta della serialità contemporanea.

Voto: 8 ½

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.


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4 commenti su “Lovecraft Country – Stagione 1

  • Davide

    Bellissima rece,Dave…ma è una miniserie o potrebbe esserci una season2(la scena finale abbastanza strana con Dee ed il mostro potrebbe essere un segnale)?…

     
    • Davide Tuccella L'autore dell'articolo

      Grazie!
      Ancora non è stata confermata una seconda stagione, speriamo in bene e incrociamo le dita.

       
  • Boba Fett

    Tanta roba! …forse troppa. Passare con disinvoltura dall’horror alla sf, passando per l’avventura alla Indiana Jones (episodio 4, A History of Violence), da un lato stupisce e diverte, dall’altro rende il racconto non sempre fluido. Ovviamente non è solo visivamente sovraccarico, è anche strapieno di tematiche spinose e (ahimè) attuali come il razzismo, l’omosessualità e la transfobia. Personalmente mi è sembrato un viaggio sulle montagne russe, con alti e bassi continui, ma lo voglio rivedere.