Più di tre anni dopo la terza stagione, Fargo torna sui nostri schermi, anticipato da molti dubbi circa la necessità di proseguire una serie che già aveva mostrato chiari segni di mancanza di idee con la precedente annata.
Ci trasferiamo questa volta a Kansas City, nel Missouri degli anni Cinquanta, dove è in atto una lotta per il potere tra la famiglia criminale italo-americana dei Fadda e quella afro-americana dei Cannon. Sullo sfondo di un’America da far-west, si sviluppa una guerra tra le comunità marginalizzate dal razzismo, uno scontro che si trasforma in una lotta non solo per il dominio, ma per il riconoscimento di un ruolo e un’identità.
Cosa vuol dire essere americano? Ma soprattutto, come si diventa americani? Sembrano essere queste le domande centrali di questa nuova storia di malavita, intorno alle quali si sviluppano le vicende di un’enorme quantità di personaggi. La serie di casa FX cerca di evolversi, mettendo in scena questioni calde nel dibattito contemporaneo, ma lo fa in estremo ritardo e soprattutto rimanendo ancorata ad uno stile e un linguaggio che, invece, fanno estrema fatica ad aggiornarsi. Del resto, anche il cinema dei fratelli Coen a cui la serie si ispira, se da una parte ha segnato in maniera indelebile tutto il precedente decennio, dall’altra ha decisamente faticato ad affermarsi in quest’ultimo.
Come se non bastasse, in questa quarta stagione Noah Hawley omaggia i Coen che omaggiavano a loro volta Scorsese e Leone, in un continuo citazionismo che sa di stantio e perde di rilevanza con la contemporaneità. La sensazione è dunque che questa quarta stagione sia un (disperato) tentativo sbrigativo di rilanciare la serie dopo così tanti anni, senza però saperne rielaborare stile e linguaggio.
E Hawley questo probabilmente lo sa, e tenta di usare il suo genio creativo e visionario per nascondere le crepe di una storia, che se non fosse per la quantità enorme e ingiustificata di personaggi e storyline, potrebbe essere ridotta ai minimi termini. Hawley la trascina, invece, per undici episodi e, nel tentativo di elevarla costruendo scene di grande impatto e creatività una dietro l’altra, ottiene solo l’effetto di rallentare il ritmo e dilungare ogni passaggio narrativo in modo spesso estenuante.
Se del resto spendi una stagione intera a costruire singole bellissime scene una dopo l’altra, finisce che queste perdono alla lunga di valore e tendono ad assomigliarsi tutte. La lentezza era uno dei tratti distintivi della serie, ma l’ostinarsi a costruire intorno ad ogni singolo minimo plot-twist scene dalla lunghezza smisurata, caratterizzate da un manierismo eccessivo, e farcite da interminabili monologhi ricchi di frasi ad effetto sull’America e parabole di vita (che purtroppo solo un paio di attori del cast riescono a sostenere), finisce per far perdere di vista le motivazioni che ci dovrebbero spingere a seguire queste vicende.
La storia vorrebbe essere come una sorta di lunga partita a scacchi, in cui i due avversari passano un tempo infinito a muovere pedine per studiarsi e attuare strategie prima di sferrare un attacco. Il problema è che, con così tanti personaggi da gestire e muovere, si ha spesso la sensazione che la storia continui a girare su se stessa e si muova in maniera estramemente lenta, senza che si crei alcun crescendo di tensione. Si ha costantemente la sensazione che la messa in scena voglia far intendere che stia per succedere qualcosa che, però poi, a conti fatti, non accade mai, e non aiuta l’uso di alcuni personaggi la cui unica funzione è il loro essere mine vaganti, schegge impazzite che intervengono come deus ex-machina in modo conveniente a risolvere la tensione o a rimescolare le carte.
Dal manierismo della messa in scena alle forzature di ogni passaggio narrativo, si finisce per avvertire una sensazione di artificiosità in un racconto che avrebbe potuto essere risolto con meno della metà degli episodi e meno della metà dei protagonisti. Questo impedisce ogni sorta di connessione con i personaggi, i quali rimangono freddi e semplici divulgatori di lunghi monologhi pseudo-esistenzialisti. I malvagi duri e puri non hanno il fascino di Malvo o Varga delle precedenti stagioni, e anche i più innocenti e umani come Etherilda o Milligan rimangono troppo spesso ai margini della storia.
Non aiutano purtroppo scelte di casting stranamente sbagliate per una serie che invece ha sempre brillato proprio per le sue grandi interpretazioni. Chris Rock sembra in molte scene la caricatura involontaria dello stereotipo di un gangster, con troppi momenti di recitazione eccessiva, mentre anche Jessie Buckley, nei panni dell’infermiera omicida Oraetta Mayflower, non riesce a dare spessore ad un personaggio che è solo un mix di tic e movimenti scattosi.
In questo senso, dispiace dirlo, ma anche il nostro Salvatore Esposito non sfrutta l’occasione di un ruolo da primissimo piano in una serie americana: il suo Gaetano è una parodia mal riuscita di qualcosa a metà tra il Joker di Batman e Palla di Lardo di Full Metal Jacket, con una recitazione che sembra quella di un attore alle prime armi a cui viene chiesto di fare costantemente facce da cattivo e psicopatico. Non lo aiuta il fatto di interpretare il fratello dell’unico attore che effettivamente riesce a portare un risultato soddisfacente, un Jason Schwartzman in grado spolvero e forse alla prova migliore della sua carriera. Unico faro nel buio totale si dimostra Timothy Oliphant (ma anche lui poco utilizzato), uno dei pochi che può sostenere monologhi interminabili senza mai stancare, dopo anni di carriera passati a fare pratica su Justified (e non è un caso che, furbamente, il suo personaggio sia in tutto e per tutto la versione mormona del suo Raylan Givens).
Noah Hawley ha in sostanza usato la quarta stagione di Fargo per dare sfogo al suo estro creativo. C’è molta teatralità ma poca sostanza, c’è la voglia di essere esistenzialisti ma col risultato di essere inconsistenti. Tutto sembra costruito ai fini di un divertissement individuale, senza che ci sia vero interesse nel raccontare una storia o dire qualcosa. Il finale, proprio nella sua paradossale brevità rispetto alla lunghezza di altri episodi, è esemplare nel rivelare come, al di là di tutto questo fumo negli occhi, ci fosse davvero poco da raccontare.
Voto: 5
Penso che su Sky attualmente non ci sia di meglio
Vorrei più serie di questa qualità
Mah, davvero inconcepibili queste critiche a tappeto.
Forse questa è la serie meno Farg-esca delle 4, ma non per questo meno bella. Ci sono innumerevoli scene e personaggi memorabili. La storia è solida e la fotografia è come sempre di altissimo livello. Così come l’ambientazione, che è perfetta.
Fargo era e continua ad essere una delle punte del panorama seriale di questi anni.
Dei 4 Fargo e’ sicuramente la serie piu’ debole su questo concordo anche se la sufficienza imo la raggiunge.
Concordo su Salvatore Esposito troppo macchietta ma credo sia piu’ colpa della regia che sua ma da contraltare bisogna menzionare una ottima performance di Acquaroli perfettamente calzante alla sua parte.
@Diego Scerrati Anche a me lasciano recensire serie (su un altro sito) e trovo la tua recensione completamente scalibrata. Intendiamoci: siamo TUTTI (ovunque) d’accordo che questa sia la stagione meno riuscita di Fargo. Però, mi pare, la delusione ti ha portato ad accanirti su una stagione tutto sommato godibile, almeno per i vecchi fan. 5/10 è una votazione assurda, considerate le altre su Seriangolo. Non so quante serie ti accolli, io vado minimo (minimo) su 60 pilots all’anno, e ti assicuro che qui siamo molto sopra la media, quindi sopra al 5. Dai. Al di là dei numeri, trovo ingiusto chiedere a una serie (cominciata 4 anni fa, mica 40) di “aggoirnarsi”. Come trovo ingiusto dare del principiante a Esposito: è chiaro che gli è stato chiesto di stare sopra le righe, ma proprio perché questa è una stagione (fin troppo) “quirky”, il suo personaggio per me è uno dei più divertenti. Non ti ha divertito? OK, ma da questo a dire che sembra un principiante ce ne passa.
Comunque: il termine più sbagliato che secondo me hai usato è pseudo-esistenzialismo. Le prime due, incerdibili stagioni di Fargo erano sinceramente esistenzialiste. La terza un po’ meno, mi è piaciuta molto ma già aveva perso qualcosa. In questa l’esistenzialismo non fa proprio capolino. Pessima scelta, secondo me, ma non è “pseudo”, semplicemente… non c’è!
DOMANDONA: se questa fosse la prima stagione di Fargo e le tre precedenti non fossero mai esistite, le avresti dato 5? (Lo so che è la quarta, ma prova a pensare al “what if”). Ciao!
Ciao Hugo, mi inserisco solo per una questione di merito che mi interessa molto, dato che qui recensiamo serie tv da 10 anni e siamo abituati a confrontarci anche tra di noi con opinioni completamente differenti: non mettiamo la questione del giudizio su una serie sul bilancino delle serie viste perché è un atteggiamento che a mio avviso non porta da nessuna parte. Se così fosse, io che mi vedo non 60 pilot, ma 100 serie all’anno non dovrei mai confrontarmi con chi commenta che magari ne vede se son tante 15 all’anno, oppure dovremmo chiedere una sorta di patentino delle serie viste prima di poter esprimersi, mi pare un po’ un’esagerazione.
In seconda istanza, se vogliamo rimanere sul tema e addentrarci nel mondo dell’alta critica statunitense, ho letto critiche a questa stagione che vanno dalla tua opinione a opinioni anche peggiori di questa: la varietà esiste, se ci si “limita” a misurarla in base alla propria esperienza o del proprio gruppo è una versione, appunto, limitata.
Dare un voto a Fargo 4 senza pensare alle 3 precedenti non ha alcun senso: il giudizio si basa ANCHE sulla capacità di portare avanti un progetto, sull’idea che quel progetto abbia ancora senso nel 2020, sull’inevitabile confronto col passato. Isolarla vuol dire decontestualizzarla, e non è criticamente l’approccio più consigliato.
Personalmente mi sento di dirti che per me Fargo arriva alla sufficienza scarsissima quest’anno grazie forse agli ultimi episodi, perché era veramente a un passo dal non arrivarci. E che purtroppo, pur amando Salvatore Esposito di un amore vero (e se ti leggi le mie recensioni di Gomorra puoi averne una conferma), qui è stato purtroppo a livelli macchiettistici per tutta la prima parte, con un leggero miglioramento verso la fine. Io non credo sia colpa sua, quanto della scelta registica di rappresentarlo così. A te può avere divertito, ne sono molto contenta, a me ha irritato fortemente sia lui che il fatto che sia passato (agli occhi di chi non lo conosceva) per un incapace, e purtroppo ne ho letti di commenti di spettatori americani così. Ho provato un vero dolore, te lo assicuro.
Come vedi di opinioni diverse ne esistono, e forse c’è chi la pensa pure peggio di me.
Però ripeto, a maggior ragione perché anche tu scrivi e recensisci serie tv: non mettiamola sul piano delle serie macinate durante un anno perché come vedi io la penso diversamente da te e sono 10 anni che faccio questo mestiere, ma non mi permetterei mai di giudicare la tua opinione in base a questo. Anzi, la rispetto e mi incuriosisce proprio perché diversa dalla mia.
A presto
Ciao…il mondo è bello perchè vario e giudicando una serie entra in scena,secondo me,oltre a quella oggettiva la componente soggettiva per cui se l’intera redazione dei Seriangolini(se ben ricordo una ventina…) fa la topten dell’anno si avranno una ventina di classifiche diverse…sostanzialmente sono d’accordo con il tuo post mentre trovo eccessive(condivido quelle su un cast poco azzeccato ed omogeneo),ma rispettabilissime,le critiche di Diego(personalmente la terza mi aveva convinto meno)…il mio voto finale è un 6.5(ma soprattutto per l’ep9 “East-West”che trovo il gioiellino dell’intera serie).Io vedo in media una trentina di serie all’anno,ma giustamente nn è il numero la base di giudizio per le varie opinioni…Bye…
Purtroppo ha ragione Federica e dico purtroppo perché siamo affezionati a Fargo. Effettivamente gli ultimi episodi hanno fatto risalire la china a una stagione semplicemente non inspirata ma sempre di buona “maniera”. L’episodio girato in gran parte in bianco e nero, ad esempio, è stato quasi ai livelli del miglior Fargo tanto da sembrare un discorso a parte, un corpo estraneo. Francamente ci può stare. Questo nuovo decennio che si avvicina – a pandemia conclusa si spera – sembra segnare il declino finale per i drama di lunga durata, persino quelli antologici. E’ già il regno delle miniserie. Vedremo. Sono d’accordo con Federica anche per quanto afferma su Salvatore Esposito; io sono campano come lui ma la verità che la sua performance non è sorretta da una solida formazione attoriale/teatrale che è necessaria quando si recita un personaggio al di fuori del proprio rassicurante habitat narrativo e senza l’ausilio della propria lingua materna. La gavetta teatrale è fondamentale in una serie volutamente “teatrale”. Infatti gli altri attori italiani, tutti allenati da anni e decenni di teatro alle spalle se la cavano alla grande compensando la prova d’inesperienza – diciamo così – del nostro Salvatore, che si rifarà senz’altro alla prossima occasione.
Veramente non potrei essere più in disaccordo con quanto scrivi… Nonostante qualche lunghezza/lentezza di sceneggiatura (magari condensare due degli ultimi episodi non avrebbe stonato) e qualche personaggio non sfruttato fino in fondo (il detective predicatore), il salto di qualità rispetto all’ultima stagione è impressionante. Tanto da stonare anche un pelo con il marchio “Fargo”, che di norma ruota attorno al non-sense dei crimini commessi con più leggerezza. Qui invece ci troviamo di fronte ad una vera e propria discesa agli inferi nelle zone più oscure della mitologia identitaria americana, che viene rivoltata come un calzino in tutta la sua ipocrisia da Cannon, per me una delle figure più alte e profonde di tutta la recente serialità. Per non parlare dell’ìrlandese e dell’episodio in black&white che lo vede protagonista, un piccolo gioiello. Poi i difetti ci sono, senza dubbio, ma c’è anche tanta qualità. Ciao!
eeh lo vedi?… un tempo Fargo metteva d’accordo tutti! 😉
Sicuramente la stagione più lontana dal format, totalmente scollegata dalle precedenti che invece erano fortemente imparentate, tanto che ad un certo punto diventa necessario per Chris Rock ricordarci quello che stiamo guardando. Mi è sembrato un gradevolissimo, ricchissimo epitaffio che avrebbero potuto opportunamente non chiamare Fargo.
Avevo letto la recensione, ero rimasto molto sorpreso dalle critiche e visto che faccio molto affidamento sul vostro splendido sito, mi erano sorti dei dubbi se vederla o meno; ma sono troppo affezionato a Fargo per non continuare la visione, e così anche la 4° stagione l’ho terminata, or ora. Be’ devo dire che sono subito tornato a leggere la recensione e ho sentito il desiderio, per una volta, di partecipare allo scambio di opinioni.
Indubbiamente non è al livello delle prime due stagioni (personalmente la 3° aveva dato i primi segnali negativi, ma ugualmente l’avevo apprezzata), ma è stata per me una visione piacevolissima (con alcuni picchi splendidi, per me, come ad esempio la puntata in bianco&nero) e non concordo con la recensione negativo. Ovviamente il bello è proprio che si possono avere opinioni diverse degli stessi argomenti, quindi va benissimo così, ed è sempre bello poter discutere visioni differenti.
Concordo invece su Salvatore Esposito: ritengo anche io sia stata una interpretazione “esagerata” (secondo me richiesta dalla regia, e non una sua precisa scelta) che non da il giusto riconoscimento ad un ottimo attore (anche se molto – troppo ? – relegato a specifici personaggi). Peccato perché ho apprezzato molto tutti gli altri attori e aver saputo della sua partecipazione a questa produzione mi aveva particolarmente incuriosito (da buon “patriota”…).
Ciao.
Ciao Alberto! Ma ben venga avere pareri diversi, siamo qui per questo! L’episodio in b/n è credo il più apprezzato della stagione a prescindere dalle posizioni, e in generale come dicevo secondo me gli ultimi episodi sono andati mooolto meglio del resto. Il problema per me rimane la parte centrale della narrazione, il sottoutilizzo di alcuni personaggi (come hanno fatto morire Timothy Olyphant è una roba che non gli perdono), come ne hanno abusato in altri casi (Orietta era un personaggio interessantissimo che per me è stato ridotto a macchietta andando avanti, e mi dispiace perché era una delle cose più Fargo di tutte) e poi va beh, c’è il nostro Esposito. Sono perfettamente d’accordo con te, come scrivevo anche io nel primo commento la colpa per me è della regia, perché Salvatore è molto, molto più bravo di così. E infatti secondo me con l’andare delle puntate è anche andato un filo meglio (per non parlare dell’accento sardo, che all’inizio semplicemente non c’era ma andando avanti si è notato comunque un tentativo di lavorarci sopra) ma è rimasto un po’ troppo esagerato. Ed è un peccato perché il suo personaggio e il rapporto col fratello erano anche interessanti, ma ogni volta che era in scena era tutto un po’ troppo…