Quanto può cambiare la vita di una persona in pochissimi secondi, per caso, guardando un’immagine di sfuggita di un telegiornale?
No Man’s Land, nuova serie Hulu, parte da questo fugace quanto semplice presupposto per aprire al mondo polveroso del Medio Oriente, dei foreign fighters, della Siria, dei servizi segreti e della visione della vita totalmente diversa che due esseri umani possono avere.
2014, Parigi. Antoine e la sua fidanzata Lorraine sono in ospedale per la fecondazione assistita, quando il ragazzo incrocia per caso lo sguardo con le immagini di un telegiornale, che mostrano un filmato amatoriale di un attentato dell’ISIS in Siria contro militari curdi. Sempre per caso si accorge che una delle ragazze sullo sfondo assomiglia in modo incredibile a sua sorella, morta qualche anno prima in Egitto.
Da questa fortuita premessa, che sembra portarci sulla strada di una storia lost & found, No Man’s Land comincia a sorprenderci già dal primo episodio, e di sicuro non smette con quelli successivi. La scelta di Antoine di passare un paio di giorni in Egitto senza dire nulla alla fidanzata – via per lavoro – comincia piano piano a trasmettere un senso di ansia, inquietudine e nostra inadeguatezza verso un mondo che forse conosciamo solo per sentito dire, filtrato da telegiornali e giornali, ma che ci sembra talmente distante da non considerarlo minimamente parte della nostra vita.
Quello che fa questa serie, attraverso il personaggio perfetto di Antoine, prototipo del maschio europeo caucasico di buona famiglia, il quale sembra avere una vita tutto sommato tranquilla e agiata – al netto della tragedia della sorella –, è di ricordarci che le terre raccontate sono a una manciata di ore di volo dall’Italia, molto più vicine di vacanze in California o Giappone. E, soprattutto, ci racconta senza mezzi termini le persone che vivono per un ideale, sia che si tratti delle forze di liberazione sia che si tratti dell’ISIS, ovviamente descrivendo in maniera precisa e senza mezzi termini la violenza e l’orrore, specialmente della fazione terroristica.
E proprio in questo consiste l’aspetto più interessante di No Man’s Land, ossia le persone che hanno deciso di dedicare la propria vita a una causa, ma soprattutto i tanti foreign fighters che compongono le fila dei due schieramenti in Siria. Interessante è entrare nella vita delle YPJ, l’Unità di Protezione delle Donne, un corpo combattente tutto al femminile che si contrappone all’ISIS; ISIS dove troviamo tre amici d’infanzia inglesi di fede islamica che sposano la causa dei terroristi. Qui il coinvolgimento dello spettatore si fa più intenso, andando a ritroso nel tempo con flashback mirati per farci capire la storia di ognuno di loro, come sono arrivati lì, perché hanno scelto un certo tipo di vita, cosa li ha spinti ad abbandonare una esistenza “facile” per imbarcarsi in una missione che quasi sicuramente non avrà ritorno.
Tutte le dinamiche umane e personali si intrecciano con l’inevitabile azione della guerra civile, dove tra deserto e città ormai abbandonate e diroccate si vive ogni giorno il dramma della morte, con cortei di intere famiglie costrette a lasciare per sempre le loro terre, relegate a immagine di contorno di una strada polverosa, sempre in marcia in senso opposto rispetto alle camionette dei combattenti.
No Man’s Land è quindi uno show che è uscito in sordina ma che ha al suo interno tantissimi spunti di discussione e di riflessione, sia da un punto di vista umano che di dibattito sull’attualità, che riesce in poche puntate a spiegarci – o almeno tenta in maniera mirabile di farlo – quello che non si potrebbe capire se non ci si immedesimasse fino al collo nelle persone che vivono giornalmente quest’assurdità.
C’è poi ovviamente anche una vena thriller e di spionaggio, che rende la storia più movimentata e a incastro, dove niente succede per caso e che riesce anche a metterci di fronte a quanto sia veramente complesso tenere le fila di quello che succede e di quali atrocità sia capace l’uomo nei confronti dei suoi stessi simili.
In definitiva, il nostro consiglio è quello di recuperare la serie – sono otto episodi da 45 minuti circa – per farsi un’idea di quanto sia a portata di mano un mondo completamente diverso da quello che viviamo tutti i giorni, di quanto le nostre piccole preoccupazioni quotidiane e la nostra routine siano veramente assurde se paragonate a quello che milioni di persone sono costrette a vivere ogni giorno, specialmente quando non hanno nessun tipo di scelta a disposizione. E di come alcune scelte, quando le abbiamo, siano talmente radicali da far morire qualcuno anche se respira ancora.