
Questa nuova sensibilità che spinge per una società più equa e per una rappresentazione culturale appropriata e diversificata ha portato in auge prodotti e autori sul piccolo e grande schermo che hanno saputo unire il genere horror con il racconto del razzismo sistemico negli Stati Uniti: si pensi per il cinema a Jordan Peele e ai suoi film campioni di incassi Get Out e Us e, per la tv, a Misha Green con l’acclamato Lovecraft Country dello scorso anno. Questo lungo preambolo è utile a capire il contesto nel quale nasce e si sviluppa Them, serie creata per Amazon Prime Video da Little Marvin (The Time Is Now) e che vede tra i produttori esecutivi Lena Waithe (Master Of None, The Chi). Lo show in questione attinge a piene mani dall’eredità di Peele e Green e costruisce la sua identità sul sovvertimento dell’ambientazione classica che fa da sfondo al sogno americano, i bianchissimi sobborghi californiani, rubando un po’ anche dalla recente miniserie Little Fires Everywhere.
They always come from someplace worse.

Siamo di fronte dunque ad uno show antologico – ogni stagione racconterà una storia diversa e ne è già prevista una seconda – la cui prima annata prende il sottotitolo di “Covenant”, con l’intento di caratterizzare ogni “capitolo” della serie, nello stile al quale ci ha abituato la serie di Ryan Murphy American Horror Story. Le ispirazioni le abbiamo già citate e anche rispetto al genere horror abbiamo l’ennesima variazione del trope della casa infestata: in questo caso sembra che la metafora cercata da Marvin sia l’idea che a volere gli Emory fuori da Compton sia la risultante di tutte le entità che infestano la città, dal razzismo endemico dei cittadini alle forze sovrannaturali che remano nella stessa direzione. Lo show avverte immediatamente lo spettatore della tragedia che andrà a consumarsi nel corso delle dieci puntate di questa prima stagione: un testo in sovraimpressione, infatti, spiega nei primi minuti in modo fin troppo didascalico il contesto nel quale si svolge la storia e svela fin da subito che si sta per assistere agli unici dieci giorni che gli Emory passeranno nella loro nuova abitazione.
When we got this, it came with a promise. They will never take from us again.
L’intenzione è nobile: creare su due livelli paralleli le minacce che gli Emory devono affrontare per mettere in scena il terrore che ogni afroamericano viveva solo per il fatto di essere se stesso. Betty e gli abitanti di Compton sono genuinamente convinti che la città gli appartenga e vedono nella famiglia protagonista una minaccia vera e propria al loro stile di vita; il titolo stesso della serie d’altronde sottolinea uno dei meccanismi mentali che fondano e alimentano una mentalità razzista, ovvero il dividere sempre un “noi” e un “loro”, creare delle gerarchie e considerare l’altro, il diverso, un essere inferiore. Tutto questo è amplificato nella serie in ogni ambiente: dalle strade di Compton, ovviamente, al luogo di lavoro di Henry ed è perfino esplicitato in modo chiaro nel contratto di acquisto dell’immobile, sul quale vige un vecchio divieto di vendita alle persone nere, un retaggio della cultura del luogo da poco – per il tempo in cui è ambientata la serie – diventato incostituzionale.

Il punto di forza di Them è forse proprio quello di iscriversi in un vero e proprio filone che si sta imponendo negli ultimi anni, quello di utilizzare il genere horror per rendere protagonista l’oppressione subita per secoli dagli afroamericani – ancora oggi un tema attuale e decisamente caldo – ma a parte questo si fatica a trovare una caratteristica particolare che faccia brillare questo “Day 1” che, alla fine, risulta un prodotto tecnicamente validissimo ma tutto sommato nella media delle produzioni odierne.
Voto: 6

