
Nella scorsa puntata avevamo lasciato Sylvie e Loki in procinto di scoprire l’identità della mente dietro la creazione della TVA. Dopo un’introduzione ad effetto in cui, sulle note di “It’s been a long long time” (la canzone di Captain America e Peggy Carter), riascoltiamo alcune delle più iconiche battute dei personaggi del MCU, ma anche di alcune importanti figure storiche (come Nelson Mandela), finalmente assistiamo all’incontro dei due protagonisti con “He Who Remains” (Colui che Rimane). Ed è proprio all’incontro con questa figura e alla sua presentazione che l’episodio dedica, nel bene e nel male, buona parte del suo minutaggio. Interpretato da Jonathan Majors (già visto in Lovecraft Country), He Who Remains va infatti identificato con Kang the Conqueror, storico personaggio dei fumetti Marvel introdotto in un numero di The Avengers del 1964. Si tratta di una figura legata ai viaggi nel tempo e al multiverso, di cui sono note numerose varianti e incarnazioni e, fatto ancora più interessante, di cui è stata da tempo resa nota la presenza in Ant-Man and the Wasp: Quantumania (in uscita nel 2023).

La conseguenza più evidente dell’attenzione e dello spazio riservati a Kang riguarda il trattamento dei due protagonisti, Loki e Sylvie, i quali vengono ridotti a spettatori per buona parte dell’episodio. La sequenza in cui i due si scontrano è a mani basse la migliore della puntata: Loki rinuncia alla sua smania di potere e conquista, mentre Sylvie non riesce ad abbandonare il suo desiderio di vendetta, ma senza dubbio entrambi sono cambiati rispetto a come li abbiamo conosciuti – del resto, come dice Kang, “you can’t get to the end until you’ve been changed by the journey”. Nonostante ciò l’impressione è di una chiusura frettolosa (anche se non definitiva), laddove i due personaggi, e i loro rispettivi percorsi, avrebbero meritato più spazio di approfondimento.
Anche dal punto di vista tematico le ottime premesse dei precedenti episodi si risolvono in un modo non del tutto coerente e soddisfacente: il tema della ribellione a un sistema di controllo autoritario in nome dell’affermazione del libero arbitrio passa infatti in secondo piano nel momento in cui lo stesso Loki si convince della necessità del mantenimento della Sacra Linea Temporale, al fine di scongiurare una (nuova) guerra del multiverso.

Malgrado ciò “For All Time. Always.” prosegue innegabilmente la scia di finali deludenti per gli show MCU/Disney+, in tutti i casi dovuti in larga parte alle esigenze di stringere i collegamenti con l’universo espanso prima della chiusura della serie, le quali finiscono col prendere il sopravvento sulla narrazione interna – laddove nei precedenti episodi si era riuscito a mantenere un certo grado autonomia e personalità.
Il fatto che Loki sia la prima di queste serie ad avere una seconda stagione confermata influisce però sulla valutazione di questo finale e, più in generale, dell’intera annata. Questo infatti giustifica, almeno in parte, la scelta degli autori di porre meno attenzione alla chiusura degli archi narrativi dei personaggi, andando a smorzare la sensazione che gli episodi siano stati solo un prologo ai già citati lungometraggi di prossima uscita. Nonostante la frustrazione del cliffhanger, in cui Loki si ritrova in una realtà alternativa nella quale Mobius non si ricorda di lui, ci sarà modo di approfondire ulteriormente i personaggi e il mondo dello show di Waldron.
In definitiva, Loki resta comunque il più interessante dei tre progetti televisivi del MCU: meno coeso di WandaVision, ma più variegato e intrigante sia di quello che del pasticciato The Falcon and the Winter Soldier, con la seconda stagione potrebbe aggiustare i difetti emersi finora – dovuti principalmente al poco tempo a disposizione rispetto alle potenzialità del materiale narrativo da esplorare (la TVA, le varianti di Loki…) –, nella speranza che riesca ad affermare una maggior autonomia rispetto all’universo espanso in cui si inserisce.
Voto 1×06: 6½
Voto Stagione: 7½
