Doctor Who: Flux – Stagione 13


Doctor Who: Flux – Stagione 13Se c’è una cosa di cui può star certo un fan di Doctor Who è di non sapere mai cosa aspettarsi dalla stagione che verrà; lo show è oramai così radicato nella cultura del suo paese da essere, insieme a Sherlock Holmes e Harry Potter, uno dei tre grandi universi narrativi inglesi che continueranno sempre ad avere iterazioni e reinterpretazioni da parte di autori diversi nel corso degli anni. La questione è prima di tutto economica, il denaro che piaccia o meno è il motore primo del nostro mondo capitalista, ma la cosa che fa ben sperare sui risultati è che c’è anche un elemento di cuore: chi lavora su questi personaggi e su queste storie è chiaro che le ama e ne è prima di tutto un fan; questo vale anche per Chris Chibnall che, nonostante tutte le critiche che gli sono piovute addosso, ha dimostrato di voler bene alla sua Doctor.

Flux, come già si diceva in occasione della premiere, è una storia di Doctor Who unica – o quasi – nel suo genere: una stagione breve, sei episodi, con una trama orizzontale che la attraversa dall’inizio alla fine; una cosa del genere era stata fatta solo altre due volte nella storia della serie e l’ultima era stata la ventitreesima stagione della serie originale, conosciuta con il nome “The Trial Of The Time Lord” del 1986. Una scelta quasi obbligata per Chibnall che, a causa delle restrizioni imposte dal governo per arginare la diffusione del Covid-19, non ha avuto la possibilità di muoversi su troppi set. L’elefante nella stanza che accompagna fin dall’inizio la visione di questa stagione è chiaramente la bomba sganciata dagli autori alla fine della scorsa annata: la scoperta che il Dottore non è originario di Gallifrey ma è stato trovato e adottato. Per di più a sparigliare le carte in tavola era stato rivelato che prima di quella che conosciamo come la prima identità del personaggio – il volto di William Hartnell – il personaggio aveva avuto altre rigenerazioni, i cui ricordi però sono stati rimossi. La prima cosa che chiedevano dunque i fan da questa tredicesima stagione erano risposte e chiarimenti: sono arrivati? In parte sì, molti altri potrebbero arrivare con il ciclo di tre speciali che precederà il nuovo cambio di Doctor e showrunner, altri addirittura potrebbero essere le basi per nuove possibilità narrative a partire dal ritorno di Russell T Davies in poi.

Doctor Who: Flux – Stagione 13Tornando a questa stagione non si può dire che gli appassionati di storie intricate e cervellotiche siano rimasti delusi: Flux è tutt’altro che semplice da seguire, con le sue storie che si intersecano e i molti personaggi inediti che si trovano spesso in luoghi tra loro distanti nel tempo e nello spazio. L’impianto narrativo è enorme e piuttosto ben calcolato, con colpi di scena ben piazzati e una configurazione che permette di creare episodi semi-verticali per evitare che gli spettatori si perdano del tutto. C’è, infatti, l’episodio sui Sontaran, quello sui Weeping Angels, quello in cui i protagonisti sono persi nel tempo e così via. In questo modo l’andamento e il ritmo della narrazione sono su di giri: i personaggi si muovono velocemente da una situazione all’altra e la rapidità con cui si sussegue ogni scena rende emozionante il “viaggio” ma alle volte molto difficile tenere il passo. Questo avviene soprattutto se messo a confronto con alcuni momenti di distensione narrativa ingiustificati, con lunghi dialoghi e digressioni che si ripetono più volte nel corso degli episodi senza portare a nulla. Si fa riferimento, per esempio, ai dialoghi tra Swarm, Azure e il Doctor, un continuo e insensato sproloquio di cattive intenzioni e minacce da parte dei due villain che alla fine non porta a nulla sul piano narrativo.

Proprio quest’ultimo punto è uno dei difetti più evidenti che derivano dalla frettolosità della stagione: molti passaggi sono superficiali e dati per scontati, con alcuni personaggi che non hanno il giusto spazio e risultano quantomeno sprecati. I due terrificanti villain citati nel paragrafo precedente ne sono un esempio lampante: viene rivelato pochissimo sulla loro identità e il loro obiettivo è ben poco chiaro; la loro sconfitta, poi, è tanto artificiosa quanto deludente, quasi come se fossero diventati un “disturbo” per gli autori che non sapevano come toglierli di mezzo. L’apparizione di Time, infatti, per quanto evidentemente importante in vista della fine del ciclo di Thirteen, arriva in un momento che spezza del tutto la suspense ed elimina in modo molto comodo due personaggi decisamente overpower nell’universo di Doctor Who, e dunque difficili da gestire dagli autori, ma potenzialmente molto interessanti.
Non sono gli unici personaggi a non avere il giusto spazio in Flux: anche la storia d’amore tra Bel e Vinder, per quanto svelata poco a poco e con una serie di rivelazioni successive, sembra costruita per essere qualcosa di più che un’appendice a questa stagione. I personaggi, tuttavia, anche nel poco screentime a loro dedicato convincono e si lasciano subito apprezzare come companion temporanei della Doctor.

Doctor Who: Flux – Stagione 13Molti hanno notato, nel finale della stagione, un parallelismo con la fine del (primo) ciclo di Russell T Davies nella nuova serie, ovvero quel “Journey’s End” che chiudeva la run di David Tennant – anche in quel caso prima di una serie di speciali – e che vedeva tutti i personaggi da lui creati riunirsi insieme sul Tardis a fianco del Dottore. In questo caso avviene qualcosa di simile, sebbene si tratti – come già detto – di personaggi perlopiù inediti e visti per la prima volta in questa tredicesima stagione; l’effetto dal punto di vista emotivo non può certo essere lo stesso, anche e soprattutto per l’affezione inarrivabile che le storie di Davies avevano generato nel fandom, ma questo non vuol dire che Chibnall abbia fallito nel suo omaggio, tutt’altro. “The Vanquishers” è un ottimo episodio, che chiude il miglior ciclo di puntate con protagonista Jodie Whittaker e che riesce a dare un senso a tutte le sottotrame aperte in questa mini-stagione. Certo, qualche buco di trama è evidente e molti passaggi sono quantomeno forzati, ma sono elementi intrinseci al DNA dello show; i fan che criticano queste ultime stagioni portando a galla questi “difetti” dovrebbero davvero farsi un rewatch completo dal 2005 ad oggi.

Due parole sono d’obbligo anche per commentare le performance dei companion “ufficiali” della Doctor: se Yaz riesce a guadagnare un po’ di spazio rispetto alle stagioni precedenti, grazie soprattutto all’uscita dallo show di Graham e Ryan, e a coltivare un rapporto molto inteso con il Time Lord, anche l’ingresso di Dan risulta da subito azzeccato, anche grazie alla recitazione impacciata e comica di John Bishop che fa da contraltare ai momenti più drammatici di questa annata. Anche loro due, tuttavia, sono vittime del problema di cui si parlava già prima, e vengono accantonati velocemente nella seconda parte di stagione; non si può non negare, infatti, la loro quasi nulla utilità nella storia da “Village of the Angels” – probabilmente il miglior episodio di quest’anno – in avanti, un segmento narrativo in cui diventano in pratica degli osservatori di quello che fa la Doctor per salvare l’universo e poco altro.

Doctor Who: Flux – Stagione 13La stagione ha però il merito di riportare in scena e dare nuova linfa vitale a nemici storici del Whoverse, oltre che a inventarne di nuovi: dai Sontaran, qui rappresentati come una forza di invasione inarrestabile ma subdoli e capaci di sfruttare la pericolosità del Flux a loro vantaggio, ai terrificanti Weeping Angels inventati da Steven Moffat, che qui tornano mostrando abilità che li rendono ancora più spaventosi quanto affascinanti. In generale, poi, tutta la storia della Division e il confronto tra Thirteen e il passato del quale non ricorda nulla sono un filo rosso solido intorno al quale si sviluppa la trama di Flux, svelando e facendo sedimentare pian piano tutto quello che nel finale della scorsa stagione era stato solo accennato. Questo terremoto narrativo nella mitologia del personaggio non è destinato ad essere qualcosa di temporaneo e, quasi certamente, l’orologio che la protagonista nasconde nel Tardis è destinato ad essere aperto prima o poi, magari non prima del nuovo cambio di showrunner.

Non è facile dare un giudizio a questa stagione di Doctor Who: è riduttivo infatti dire che, al netto dei difetti, si tratta del miglior ciclo di episodi di Chibnall come showrunner. Flux è, però, prima di tutto qualcosa di diverso, un esperimento riuscito per uno show che non ha mai cambiato molto la sua struttura ma che, nel corso degli anni, ha sempre saputo come rinnovarsi in molti modi, fino ad arrivare – a breve – a festeggiare il suo sessantesimo anniversario. In questa veste possiamo anche iniziare a tirare le somme sul ciclo di Jodie Whittaker: la sua è una Doctor che non sarà dimenticata, nonostante la sfortuna di aver lavorato con lo showrunner meno amato – finora – nella storia della serie.

Voto: 7½

 

Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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