Le 30 Migliori Serie del 2021: posizioni 20-11


Le 30 Migliori Serie del 2021: posizioni 20-11Torniamo alle classifiche di Seriangolo del 2021! Ieri è toccato alle posizioni dalla 30 alla 21 e oggi è il turno di quelle dalla 20 alla 11: quelle serie TV che per pochissimo – ricordiamo che il distacco tra una posizione e l’altra spesso è solo questione di decimi di punti percentuali – non sono entrate nella decina successiva, quella Top10 che leggerete domani! Vi ricordiamo inoltre che le serie prese in considerazione sono quelle andate in onda tra il 22 dicembre 2020 e il 17 dicembre 2021, ad esclusione di quelle che sono uscite tutte insieme il 17 e che sicuramente sarebbero state svantaggiate rispetto alle altre a causa del poco tempo a disposizione per vederle.
Pronti alle posizioni dalla 20 alla 11? Si parte subito!

20. Superstore (NBC)

Le 30 Migliori Serie del 2021: posizioni 20-11

Con la sua sesta e ultima stagione, Superstore aveva sulle spalle una serie di compiti per niente semplici: chiudere in maniera soddisfacente la serie, farlo senza la sua star principale (America Ferrera), il tutto ambientando la storia in mezzo a una pandemia. Inutile dire che Justin Spitzer – cresciuto nella writers’ room di The Office – e i suoi autori hanno fatto un ottimo lavoro, regalando una delle comedy più riuscite e interessanti degli ultimi anni. Quello che colpisce particolarmente è labilità della serie di essere estremamente attuale nelle tematiche e divertente, senza però offendere nessuno, a riprova del fatto che si può far ridere senza ricorrere a quelle strutture comiche ormai superate e invecchiate molto male. Inoltre, va elogiato il modo in cui hanno incorporato il coronavirus nella storia, sicuramente uno degli show più bravi nel farlo. Superstore (le prime cinque stagioni sono disponibili su Netflix) si unisce all’ottimo filone di serie dell’ultimo decennio arrivate dopo il già citato The Office che hanno permesso di modernizzare il panorama comico americano e di regalarci quei prodotti feel good di cui c’è sempre bisogno.

Ivan Pavlović

19. Only Murders in the Building (Hulu)

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Protagonisti, produttori esecutivi e nel caso degli ultimi due anche ideatori, Selena Gomez, John Hoffman e Steve Martin sono i volti della comedy-crime Only Murders in the Building di Hulu, distribuita in Italia dalla piattaforma Star di Disney+. La serie è una brillante parodia del giallo classico che riflette in chiave ironica sulla morbosità che molte persone hanno sulle storie criminali, utilizzando un mezzo diventato sempre più famoso in America e che si sta espandendo anche in Italia: quello del podcast true crime. I tre, infatti, sono degli appassionati di questo tipo di narrazioni e, in seguito alla morte di un inquilino nel palazzo in cui vivono, decidono di realizzarne uno – chiamato appunto come la serie – convinti che la polizia abbia chiuso il caso in modo troppo frettoloso. Il ritmo delle dieci puntante è incalzante e si serve di tutti i plot twist e cliffhanger tipici giocando sul loro aspetto paradossale; il minutaggio di 30 minuti con i voice-over di personaggi primari e secondari in base alla loro importanza nella puntata contribuiscono a creare una trama ricca che va di pari passo con gli approfondimenti dei singoli personaggi. Il tutto è poi ben incorniciato dalla presenza di numerose guest star e dal palazzo incriminato dell’Upper West Side: Arconia, sede di quasi tutte le sequenze.

Alice Giusti

18.  Hawkeye (Disney+)

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Ultima serie Marvel del 2021, Hawkeye sembrava voler offrire un racconto più modesto rispetto alle narrazioni dello stesso universo già apparse su Disney+. La serie, invece, si è rivelata sin da subito intenzionata a raccontare qualcosa in più: un approfondimento sul passato di Clint Barton, che avevamo lasciato con il senso di colpa di aver (indirettamente) provocato la morte di Black Widow, ma anche una riflessione sul mito dell’eroe e su cosa significa rappresentare per gli altri un punto di riferimento tale da cambiare il corso di un’esistenza. Hailee Steinfeld, che qui interpreta Kate Bishop, è però la vera rivelazione della serie, capace con la sua energia e vitalità di unirsi benissimo all’atteggiamento cupo e ruvido di Jeremy Renner;  insieme formano un duo di arcieri in grande sintonia. Verso la fine della stagione le ambizioni vengono forse un po’ indebolite dalla solita criticità delle serie Marvel, cioè introdurre troppi personaggi e filoni narrativi che saranno sfruttati nell’universo cinematografico, ma ciò non toglie il piacere di seguire una serie che cerca di mantenere un buon equilibrio tra avventura, approfondimento psicologico e feste di Natale.

Mario Sassi

17.  Pose (FX)

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Giunta alla sua terza e ultima stagione, Pose ha chiuso un progetto unico nel suo genere, che quando venne annunciato nel 2018 portava già con sé tutti i tratti del cambiamento: per la prima volta, infatti, al centro di una serie TV avremmo avuto cinque attrici transgender. Pose, uno show che nasce dalle menti di Ryan Murphy e Steven Canals e si allarga a contare talenti come Janet Mock e Our Lady J, ha sin dall’inizio voluto raccontare cosa succedeva nelle ballroom di New York tra gli anni ’80 e ’90, e questo ha voluto dire parlare di omofobia, transfobia, razzismo, ma anche moda, famiglia e sfide a colpi di insulti tra le squadre che scendevano in pista. E ovviamente è sempre stato inevitabile il riferimento all’arrivo dell’epidemia di HIV/AIDS, che in questa stagione diventa tema fondamentale per tutti i personaggi: una condanna che però Steven Canals aveva sin dal principio progettato di raccontare con una visione ottimistica per il futuro. Purtroppo la riduzione delle puntate per questa annata ha portato a una scrittura spesso accelerata (otto episodi che hanno coperto quattro densissimi anni) e il racconto ne ha risentito; nonostante questo, è rimasto intatto fino alla fine l’obiettivo di dare voce a persone che non l’hanno avuta per troppo tempo, grazie a un cast e a una writers’ room dove diversity è sempre stata la parola chiave. Esiste un “prima” e un “dopo” Pose e anche solo per questo non poteva che avere un posto nella nostra classifica di fine anno.

Federica Barbera

16. The Good Fight (Paramount+)

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Ormai un habitué delle nostre classifiche, The Good Fight non può mancare anche quest’anno grazie soprattutto all’invidiabile capacità di non perdere il proprio alto livello di scrittura, nonostante le difficoltà provocate dalla pandemia negli ultimi anni che hanno costretto a ripensare le ultime due stagioni. La serie dei coniugi King continua ad essere uno dei mezzi più efficaci attraverso il quale si riesce a discutere della società contemporanea (soprattutto americana) senza scendere mai in banalizzazioni o drammatizzazioni. Anche se quest’anno ci sono stati alcuni cambiamenti nel cast anche importanti, il prodotto finale, sebbene non perfetto, ha assorbito nuovi stimoli narrativi, portando avanti il discorso razziale negli Stati Uniti con una intelligenza inusuale – ma in verità non nuova nella scrittura di questa serie. Ecco, quindi, che lo scontro al vertice dello studio legale e le parallele aspirazioni a una giustizia più populista da parte della new entry Wackner (interpretato da un eccellente Mandy Patinkin) producono una decina di episodi imperdibili che si muovono tra dramma e ironia, tra satira e ritmo narrativo. Tutto questo conferma come The Good Fight sia una serie che non perde un colpo e per questo si ritrova tra i migliori show dell’anno.

Mario Sassi

15. The Handmaid’s Tale (Hulu)

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La quarta stagione di The Handmaid’s Tale ci riporta nel mondo di June Osborne (l’eccezionale Elizabeth Moss) e di Gilead: ritroviamo una protagonista forte e determinata a fare giustizia, mossa da quella forza che solo un intenso dolore può far nascere.  Nel corso degli episodi viene messo in scena uno struggente e potente desiderio di vendetta, che è il filo conduttore di questa stagione: il fulcro della narrazione si sposta infatti dalla narrazione del dolore inferto da Gilead alla rivalsa delle Ancelle. La vendetta sfocia ben presto in una violenza fuori da ogni controllo, tanto che tra gli elementi più interessanti della stagione spicca la questione morale legata alla liceità di tale cruda violenza. Altro fattore interessante è il sapiente utilizzo dei contrasti,  soprattutto per far emergere la gestione del trauma da parte della protagonista e delle altre Ancelle. Viene dato ampio spazio alla dimensione traumatica – vissuta dentro e fuori Gilead –, rappresentata attraverso un dualismo tra il desiderio di voltare pagina e l’irrefrenabile sete di distruggere un sistema malato e chi lo governa. Se la quarta stagione chiude una parte significativa di quella che è stata la serie fino a questo momento, lascia aperta una serie di scenari ancora da risolvere. L’uscita della quinta – e forse ultima? – stagione è programmata per il 2022, e non vediamo l’ora di vedere la piega che prenderà la serie, tra l’incertezza sul futuro di June e la speranza di vederla finalmente riunirsi all’amata figlia Hannah.

Alice Tagini

14. Hacks (HBO Max)

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In quattordicesima posizione troviamo la stagione d’esordio di Hacks, la dramedy ideata da Lucia Aniello, Paul W. Downs e Jen Statsky (già autori per Broad City) per HBO Max. La serie racconta l’incontro-scontro tra la storica comica di Las Vegas Debora Vance (Jean Smart) e la giovane sceneggiatrice televisiva Ava Daniels (Hannah Einbinder), ingaggiata per svecchiare il repertorio della stand-up comedian. Se a prima vista le due donne sembrano avere in comune solo il fatto di star attraversando un momento di crisi dal punto di vista lavorativo (oltre che personale), con il passare degli episodi scopriranno di essere molto più simili di quanto pensassero, dando vita a un rapporto profondo e sfaccettato in cui lo scontro generazionale è solo il punto di partenza per raccontare cosa significa fare commedia oggi e, ancora di più, cosa significa essere donne in un contesto – il mondo dell’intrattenimento – che è sempre stato, e in buona parte è ancora, dominato dagli uomini. Grazie a una scrittura che bilancia molto bene i momenti comici con toni più intimi e malinconici e alla fantastica interpretazione delle due protagoniste, la prima stagione di Hacks è stata un grande successo di critica, aggiudicandosi meritatamente tre premi (e sei candidature) agli scorsi Emmy, oltre che il rinnovo per una seconda stagione.

Simona Maniello

13. Squid Game (Netflix)

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Non poteva di certo mancare in questa classifica la serie sudcoreana creata da Hwang Dong-hyuk. Squid Game è stato, senza alcun dubbio, il fenomeno seriale di quest’anno: l’immenso successo che lo show Netflix ha conquistato in brevissimo tempo, infatti, non ha pari. Le ragioni di questa incredibile riuscita sono varie, ma tra le principali abbiamo una narrazione che ha saputo dare il giusto risalto alle diverse personalità dei personaggi in gioco e un’estetica che, nella sua immediatezza, si è rivelata perfetta per donare agli spettatori uno scenario capace di farsi ricordare fin da subito. La scelta di creare le diverse sfide del gioco ispirandosi ad alcuni giochi di infanzia, inoltre, non fa altro che accrescere ancora di più quell’immediatezza di cui si diceva, creando un mix irresistibile di nostalgia e crudeltà che ha saputo rendere Squid Game davvero impossibile, o quasi, da ignorare. Ma lo show non si limita ad essere la messa in scena di un gioco crudele e senza alcuna pietà: Squid Game vuole essere soprattutto una metafora delle laceranti differenze di classe presenti nella società sudcoreana e della disperazione che accompagna la vita quotidiana di chi è costretto ad arrancare in un sistema che sembra non offrire alcuna speranza ma che, anzi, si rivela essere il principale carnefice. Queste diverse e molteplici chiavi di lettura dello show, unite ad una narrazione e ad un’estetica che hanno fatto centro nell’immaginario collettivo, hanno fatto sì che Squid Game conquistasse un posto nella Top30 di quest’anno.

Denise Ursita

12. Arcane (Netflix)

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Sviluppata da Riot Games e Fortiche Production, Arcane è stata una sorpresa. I primi tre episodi sono arrivati in sordina in casa Netflix, ma hanno rivoluzionato un panorama già variegato. I tre atti da cui è composta la prima stagione hanno decisamente alzato l’asticella della qualità a cui aspirare, tanto per l’animazione quanto per il panorama sci-fi/fantasy. L’ambientazione e i personaggi sono riarrangiamenti di campioni e scenari del videogioco League of Legends, ma reinterpretati per raccontare una storia godibile anche da chi non ne conosce l’origine. Le città sorelle Piltover e Zaun immergono i personaggi in un mondo vivo, che li influenza nelle loro scelte e nella loro crescita, e sono proprio i personaggi a rendere speciale questa serie. Arcane dà il meglio di sé foggiando storie profondamente umane, dal rapporto infranto fra due sorelle sino alle relazioni burrascose fra due società così vicine e profondamente diverse. Le protagoniste Jinx e Vi sono il cuore di Arcane: la ricerca l’una dell’altra crea rapporti con personaggi memorabili e genera intrecci dalle atmosfere che non lasciano indifferenti. La scrittura è supportata da un’animazione che cura i più piccoli gesti, con la stessa attenzione riservata ai grandi paesaggi distopici e fantascientifici. Per questo e molto altro, Arcane, uno dei migliori adattamenti videoludici mai creati, conquista saldamente il dodicesimo posto.

Massimiliano Barberio

11. Ted Lasso (AppleTV+)

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Un allenatore di football americano che viene assunto nella terra del calcio, l’Inghilterra, per guidare una squadra di football – quello vero – sembra la premessa di una commedia destinata a esaurire il suo potenziale nel giro di poche puntate. Ted Lasso (disponibile su AppleTV+), invece, dopo una prima stagione in cui è emersa come la sorpresa più grande del 2020 – una posizione che ha consolidato vincendo premi su premi tra cui l’Emmy per miglior serie comedy –, nella sua seconda annata non solo ha confermato quanto di buono aveva già fatto, ma è riuscita sotto molti punti di vista a fare meglio, in primis regalando più spazio alle avventure e ai dilemmi dei personaggi secondari. Ted Lasso è una serie ambientata nel mondo calcio che lascia in secondo piano la corsa alla promozione dell’AFC Richmond, ma che sfrutta il contesto sportivo per parlare di tematiche importantissime come la salute mentale, vero e proprio cuore di questa stagione, attraverso la quale esplora anche la questione della mascolinità tossica. In definitiva, Ted Lasso si conferma una delle migliori serie del momento per la sua capacità nel sapere gestire perfettamente la sua natura comica senza avere paura di toccare tematiche difficili.

Ivan Pavlović

A domani con la nostra Top10! E ricordatevi di votare le vostre Seriangolo Greatest Hits!

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