Le Fate Ignoranti – Stagione 1


Le Fate Ignoranti - Stagione 1L’arrivo di una serie come Le Fate Ignoranti, rilasciata completa dei suoi otto episodi il 13 aprile su Disney+, è un evento di grande rilevanza per più di un motivo. Innanzitutto parliamo della prima serie italiana distribuita da Disney (su Star, il portale interno dedicato a contenuti per adulti) e dunque, come prodotto di lancio, era inevitabile pensare a un nome che creasse una certa attesa; abbiamo poi a che fare con un titolo che già conosciamo e molto bene – Le Fate Ignoranti è un film del 2001 che ha davvero segnato un’epoca, per la comunità LGBTQ+ e non solo; infine, il progetto non è stato ripreso da qualcun altro, ma dallo stesso Ferzan Ӧzpetek, già regista e co-sceneggiatore del lungometraggio che aveva come protagonisti Margherita Buy e Stefano Accorsi. 

Ce n’era abbastanza, dunque, per creare più di un’aspettativa, non fosse altro per rispondere a una domanda: “Cosa ci sarà ancora da raccontare di questa storia, a distanza di vent’anni, senza il rischio di risultare ridondanti o semplicemente non necessari?”. Una domanda, questa, destinata a far ancora più rumore nel momento in cui si scopre che la storia principale, ossia il rapporto che si sviluppa tra Michele e Antonia a seguito della morte di Massimo, marito di quest’ultima e amante segreto del primo, è rimasta tale e quale, nomi compresi. Il timore che questo progetto potesse insomma essere un modo per sfruttare il successo ventennale di un film mai davvero dimenticato facendo quello che ora va tanto di moda – serializzare qualunque cosa – c’era ed era legittimo.
Le Fate Ignoranti - Stagione 1Per capire se questo è ciò che è accaduto o se questa operazione abbia avuto un senso, bisognerebbe forse partire dal chiedersi cosa sia davvero la serie Le Fate Ignoranti, secondo quelle categorie che siamo abituati a utilizzare quando un prodotto viene in qualche modo rivisitato: e la prima cosa inevitabile da constatare è che, sebbene sia corretto definirlo un reboot vero e proprio (con cambio di attori per tutti i personaggi tranne Serra Yilmaz, attrice-feticcio di Ӧzpetek e unica interprete immaginabile per l’indimenticabile Serra), siamo di fronte a una situazione ibrida, almeno per quanto riguarda l’inizio e la fine. La necessità di approfondire le storie di tutti, come vedremo, richiede quasi come tappa obbligata quella di aggiungere un prima e un dopo, e dunque due episodi che agiscono da prequel e da sequel, mostrandoci prima ciò che non avevamo visto e poi ciò che avremmo forse voluto vedere davanti a una storia così potente come quella di Antonia e Michele, qui interpretati da Cristiana Capotondi e Eduardo Scarpetta (Pasquale ne L’Amica Geniale).

Se il film, ideato da Ӧzpetek e Gianni Romoli, iniziava subito dall’evento che avrebbe sconvolto le vite dei due protagonisti, senza farci conoscere nulla di Massimo per concentrarsi sul rapporto tra le due persone a lui sopravvissute, la serie (co-sceneggiata dai due autori del film insieme a Carlotta Corradi e Massimo Bacchini) decide di fare di più, già a partire dalla scelta di chiamare un volto noto come quello di Luca Argentero per interpretare Massimo. Non solo è lui ad aprire ogni episodio con una riflessione incentrata sugli otto temi portanti, condensati sinteticamente dal titolo di ogni puntata; ma col primo episodio abbiamo finalmente la possibilità di vedere proprio lui, che per tutto il pilot si divide tra l’amore per sua moglie, l’amore per il suo amante e l’amore per la sua nuova famiglia.
Per fare tutto questo, adattando il discorso al 2022, sono state necessarie alcune modifiche, prima fra tutte quella di ridurre il tempo della relazione tra Michele e Massimo a un anno invece dei sette del film: sembra un dettaglio da poco, ma non lo è, soprattutto se unito al fatto per nulla trascurabile che Michele, poco prima del fatale incidente, prenda la decisione di parlare con la moglie, preannunciandoglielo addirittura al telefono.
Le Fate Ignoranti - Stagione 1Le modifiche apportate sono forse l’elemento che più di tutti ci racconta il passare del tempo: se nel 2001 una relazione extraconiugale omosessuale poteva difficilmente essere rivelata alla moglie, neanche dopo sette anni, il Massimo del 2022 sente la necessità di confrontarsi con Antonia dopo un solo anno. Non è questione di maggiore sincerità o di onestà perché questa non è la storia di un tradimento canonicamente inteso, bensì un racconto di identità, in cui una persona ha una vita parallela che comprende anche una relazione con un altro, ma che non è solo quello; come ammette la stessa Antonia, Massimo infatti non aveva solo Michele: aveva una famiglia intera. E dunque, sembra dirci Ӧzpetek insieme ai suoi autori, quello che un tempo sembrava impensabile da dire anche dopo sette anni, impossibile anche solo da pensare di comunicare alla propria moglie, oggi diventa una possibilità dopo un solo anno. Non sappiamo ovviamente se quella di Massimo potesse rimanere solo un’intenzione, non sappiamo cosa sarebbe successo senza quell’incidente: ma sappiamo che i tempi sono cambiati, abbastanza perché l’idea di dire una cosa simile venga quantomeno presa in considerazione.

Il film è decisamente più cupo rispetto alla serie, che in questo senso sembra avere quasi un ruolo catartico nell’approfondimento sia della storia principale che di tutte le altre, alcune prese dal film, altre completamente riscritte. La cupezza del lungometraggio era evidente non solo nella storyline di Ernesto (Gabriel Garko) e della sua sieropositività, un tema che in un film del 2001 portava su di sé tutte il peso pratico e soprattutto emotivo che arrivava dagli anni ’90 – la questione delle cure, la paura dell’abbandono, la necessità di costruirsi una famiglia altra, una rete di affetti non giudicante – e che è stato inevitabilmente eliminato dalla serie; ma erano gli stessi protagonisti a essere innervati di una tensione costante, pronta a esplodere in ogni momento e magistralmente interpretata da Buy e Accorsi.
Le Fate Ignoranti - Stagione 1Da questo punto di vista, e a seguito di quanto detto più su, la serie si presenta molto più orientata alla riappacificazione, così come le interpretazioni (in particolare quella di Capotondi): certo, rimangono i momenti di grande tensione tra Michele e Antonia, con tanto di scene identiche a quelle del film, ma il tutto risulta incanalato su altri binari comunicativi ed emotivi, che, se da una parte trovano la loro spiegazione negli anni che sono passati e in un’accettazione ben diversa dai tempi in cui anche solo parlare di omosessualità era considerato ancora tabù, dall’altra parte rispondono alla necessità di raccontare un’altra storia.
È qui la questione più sorprendente di questo reboot: se ad un primo sguardo, togliendo pilot e finale, ci troviamo davanti alla stessa storia del film, tuttalpiù approfondita, è solo proseguendo con la visione che ci si accorge di quanto a cambiare sia tutto perché a mutare è lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, e di conseguenza non possiamo che trovarci di fronte a un’opera molto più interessante di quanto i presupposti lasciassero intendere.

Partiamo ad esempio dalla presenza di Massimo, che qui non solo è protagonista del primo episodio, non solo apre ogni puntata con le sue riflessioni, ma è presente nelle vite dei suoi due amori come essenza inalienabile: se nel film l’unico momento in cui rivedevamo Massimo era quello del bacio tra Michele e Antonia, qui la posta in gioco si alza e Ӧzpetek decide di puntare su qualcosa di molto vicino al realismo magico. Quelle di Michele e Antonia non sono “semplici” visioni simbolicamente orientate a rappresentare il lutto, bensì veri e propri momenti sospesi nel tempo, momenti altri, in cui Massimo si presenta non come ricordo ma come presenza serena che accompagna i due protagonisti a navigare il loro dolore nei momenti di solitudine: e anche qui l’obiettivo è chiaramente quello di una riappacificazione, con Massimo ma anche con se stessi, per tutto quello che non sono riusciti a dire o a sapere prima che fosse troppo tardi.

Le Fate Ignoranti - Stagione 1A essere approfondite sono anche le altre vite di questa famiglia “logica, non biologica” (per usare le parole di Serra) che circonda Massimo e quella casa, quel terrazzo, quel tavolo attorno al quale, in puro stile Ӧzpetek, si perpetua il rituale dell’amore, del cibo e della musica. Ci sono storie, come si diceva, che nascono dal film e vengono riraccontate, altre che vengono inventate, e ciascuna di queste ha come comun denominatore quello della risoluzione: laddove il film ci aveva catapultato all’interno di queste vite in un momento ben preciso, in medias res, senza troppe spiegazioni sul prima e men che meno sul dopo, qui si prende fiato, si scopre cosa è successo prima e come la morte di Massimo abbia di fatto costretto tutti a fare i conti con i propri fantasmi, con i propri dolori e le proprie mancanze.
Significativa in questo senso è la storia di Annamaria e Roberta, le eccellenti Ambra Angiolini e Anna Ferzetti, una coppia che non poteva esserci nel film dato che qui sono unite civilmente, e che rappresentano una sorta di “what if rispetto alla situazione di Antonia e Massimo: cosa sarebbe successo se lui non fosse morto e avesse detto alla moglie di essere innamorato di lei ma anche di un’altra persona, proprio come Roberta dice ad Annamaria? La cura con cui viene raccontata la relazione tra le due donne è esemplare di quanto non ci siano regole scritte davanti a situazioni simili, di quanto tutto sia in continuo mutamento: perché un amore grande può spingerci a fare cose che non avremmo mai immaginato, come consolare la propria partner che viene tradita dall’amante, ma può avere conseguenze potenzialmente fatali per una relazione. Uno straordinario punto a favore della narrazione di questo rapporto si trova infatti nel suo movimento finale, nel rischio che l’amore si trasformi in affetto: e non perché l’una veda nell’altra “una sorella”, come nei più classici dei cliché, ma perché la cura di cui si è fatta carico Annamaria l’ha fatta sentire più come una madre che come una moglie.

Le Fate Ignoranti - Stagione 1Ogni personaggio fa i conti con la propria identità e soprattutto con la propria capacità relazionale, alla ricerca di una risoluzione che non deve essere per forza orientata al lieto fine canonicamente inteso, ma a un lieto fine nuovo, di armonia e di serenità con se stesse e se stessi.
Un esempio eccellente in questo senso è quello di Veronica, la madre di Antonia, un’ottima ed esilarante Carla Signoris: quello che nel film era un rapporto molto stretto ma anche molto contraddittorio con la figlia, nella serie si trasforma in continuazione, partendo da quella mamma un po’ impicciona e poco sensibile per arrivare a una madre ma soprattutto a una donna che fa pace con se stessa prima ancora di scoprire la nuova famiglia della figlia. La decisione di interrompere la sua relazione con il Generale dopo la sua atipica conversazione con la moglie Mirtilla (Elena Sofia Ricci) è proprio esemplificativa di questo processo interiore: quanti cliché ci sono stati sottoposti negli anni rispetto al rapporto tra la moglie e l’amante, e quanto rapidamente vengono spazzati via da un’ammissione come quella di Veronica (“Mirtilla è una donna meravigliosa, è intelligente, colta, persino spiritosa! Io dovevo stare con Mirtilla, non con il Generale. Peccato che a me non piacciano le donne, proprio non riesco a… provare attrazione. Però di una cosa sono certa: il Generale per me è morto”).
Gli anni passano, lo spirito del tempo muta: e così non ci appare per nulla strano che Veronica si inserisca senza alcuna difficoltà nella nuova famiglia della figlia, e che ci rimanga anche una volta che quest’ultima parte con Asaf – la famosa vacanza su cui il film in realtà virava all’improvviso, rivelando come si trattasse solo di una copertura per un viaggio in solitaria di una Antonia ormai incinta e che di quella gravidanza non aveva detto niente a nessuno.

Le Fate Ignoranti - Stagione 1Nella serie invece c’è il tempo, c’è il modo per approfondire anche il rapporto di Antonia con Asaf (Burak Deniz); l’Olanda che era la meta nel film diventa İstanbul ed è un attimo per Ӧzpetek ritornare alle sue origini e tornare anche al suo personaggio del cuore, Serra, per raccontare grazie a lei una delle storie più dolorose di tutta questa famiglia.
Serra è in fondo il collante del gruppo, la persona di cui sappiamo meno e di cui al contempo ci vengono fornite più informazioni proprio grazie alle relazioni con gli altri. C’è la sua opposizione alle unioni civili, manifestata quando Luciano (Filippo Scicchitano) e Riccardo (Edoardo Purgatori) discutono a riguardo, perché vista come un modo per schedare la comunità LGBTQ – una paura che in bocca ad altre persone parrebbe una paranoia, ma che, provenendo da una donna lucida e pragmatica come Serra, evidenzia un passato tanto oscuro quanto doloroso.
C’è la sua capacità di conservare segreti, come la gravidanza di Antonia, di comprendere i tradimenti ma di essere giusta ed equa nel mettersi dall’altra parte, nel capire il dolore dell’abbandono; c’è la costante preoccupazione per Luisella e la sua tendenza a farsi fregare dagli altri; il suo riferimento alla “famiglia logica”, quella che ha accolto lei quando Massimo è stato l’unico ad aprirle la porta una volta arrivata in Italia e quella che si è creata grazie a ciascuno di loro, ognuno con la propria storia e il proprio trauma, che sembrano a volte scaturire e al contempo guarirsi l’uno grazie all’altro (l’esempio forse più lampante avviene quando Luisella, offrendosi di aiutare l’amica Vera a riconciliarsi con la sua famiglia d’origine, trova grazie a quel viaggio quell’amore che sembrava rifiutare e che invece desiderava più di quanto volesse ammettere).

Le Fate Ignoranti - Stagione 1Nel film Serra si portava dietro questi non detti (come tutti, anche se nel suo caso si intuiva ci fosse qualcosa di molto più profondo e traumatico) e nella serie le viene data l’opportunità di fare pace col suo passato proprio nella sua terra, in Turchia, dove scopre solo a distanza di decenni la verità sull’amore della sua vita. Quel che accadeva a Ernesto nel film (la convinzione di essere stato abbandonato dal suo compagno perché nessuno gli aveva detto che in realtà era morto) viene traslato e adattato alla storia di Serra, che solo dopo una vita intera scopre di essere stata amata fino all’ultimo, non abbandonata; ma questo succede solo dopo aver deciso di riaprire quel capitolo che considerava un dolore troppo grande da rivisitare una seconda volta.
E anche qui si trova la grandezza del personaggio di Serra, unica conferma del cast e vero punto fermo del film: le verità possono travolgerci, sconvolgerci, cambiarci la vita e costringerci a mutamenti inattesi e imprevisti, ma poi quel che facciamo con quelle verità dipende solo da noi.

Antonia e Michele, grazie alla serie, hanno il modo e soprattutto il tempo di andare oltre il trauma, il cui primo superamento era il nodo cruciale del film e che vent’anni fa era esattamente ciò di cui c’era bisogno: mostrare che anche davanti al dolore, allo shock, a una verità che ti costringe a rivalutare metà della tua vita da sposata (nel film sono sette anni di relazione su quindici di matrimonio) c’è la possibilità di trovare altro oltre alla sofferenza; che rivalutare la propria identità non dev’essere per forza un processo di auto-accusa, semmai un arricchimento che può condurre a una vita inaspettata.
La serie non ha l’obbligo di fermarsi a questa consapevolezza, serena eppure ancora fresca: riesce ad andare oltre, ad arrivare appunto a quella pacificazione di cui si parlava all’inizio, che ci permette di vedere cosa succede dopo. Il viaggio, sì, il rapporto tra Antonia e Asaf, certo, ma anche la rivelazione della gravidanza a Michele e soprattutto la consapevolezza che ora, dopo tutto quello che hanno vissuto, Antonia e Michele possono esistere in un rapporto a due – qualunque esso sia – senza la mediazione di Massimo. Non sono più legati solo dall’uomo che hanno amato, perché nel frattempo hanno vissuto la loro vita, la loro esperienza, il loro pezzetto di percorso insieme.
Sono Antonia e Michele non in quanto moglie e amante di Massimo, ma Antonia e Michele in quanto tali: un racconto che vent’anni fa poteva forse essere ai limiti del fantascientifico e di cui oggi, invece, si sente una gran necessità.

Le Fate Ignoranti - Stagione 1E quindi torniamo alla domanda iniziale: era davvero necessario tornare su queste storie, o sono solo approfondimenti che soddisfano le curiosità dei fan accaniti e nulla più? Anche se la visione delle prime puntate sembra in alcuni momenti far temere il peggio – complice il fatto che all’inizio si pensi a un prequel, poi ci si renda conto che la storia segue le stesse tappe del film –, già a metà visione e soprattutto con la conclusione la risposta risulta chiara. Ӧzpetek aveva bisogno di tornare su questa storia e noi con lui: di farlo con strumenti nuovi, diversi, usando la stessa vicenda e persino alcuni scambi identici proprio per mostrarci per contrasto cosa è cambiato e quanto è cambiato in vent’anni. Non è un’operazione ridondante: Le Fate Ignoranti è il reboot di cui non sapevamo di aver bisogno, e che lascia alla fine con la sensazione che solo adesso tutte le caselle siano andate al loro posto. Sentiamo la rabbia e la tensione che solo in parte se ne erano andate col primo film lasciare spazio ad altro, a un’evoluzione non scontata della nostra società e che forse, presi come siamo dal vedere sempre il peggio del nostro mondo, ci eravamo persi per strada.
C’è ancora molto da imparare, e la storia di Sandro e del suo pestaggio ne è un esempio terribile; ma i tempi sono cambiati più di quanto ce ne si renda conto: e le fate sono tornate per ricordarcelo.

Voto: 8+

Note:
– Ancora più che nel film, il rapporto tra Veronica e la governante Nora rappresenta il vero comic relief del racconto e per questo non possiamo che ringraziare Carla Signoris e Maria Teresa Baluyot
– Come già accaduto per La Dea Fortuna, anche in questo caso Mina ha voluto regalare una canzone a Ferzan Ӧzpetek, che qui diventa la sigla della serie (“Buttare L’Amore”).

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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