Dopo quasi due anni di assenza i supereroi più atipici del panorama seriale ritornano all’insegna di una terza stagione dalle note promettenti. Come spesso avviene per Prime Video e come già sperimentato per la seconda stagione, anche The Boys 3 ha visto la luce con i primi tre episodi, mentre i prossimi saranno rilasciati a ritmo di uno a settimana. Il formato risulta ancora poco convincente, per quanto aumenti il senso di attesa nei confronti dello show, ma pare ci dovremo abituare visto che i network stanno sempre più prendendo questa direzione.
Questi primi tre episodi partono da dove ci eravamo lasciati, senza assumere una funzione troppo riassuntiva di quanto accaduto in precedenza; infatti se la prima puntata aggancia le vicende dal punto in cui si erano fermate, assolvendo il ruolo di trait d’union con la reintroduzione di tutti i personaggi, con le puntate successive vengono forniti tutti gli elementi per la ripartenza delle storyline e l’introduzione delle nuove, dando il via definitivo alla stagione.
Avevamo lasciato i Boys alle prese con la perpetua lotta contro lo spropositato potere della Vought e dei super, alla ricerca di un metodo per sradicare il modello dei Seven. Li ritroviamo inizialmente divisi in una duplice azione: ponderata e razionale da parte di Hughie che lavora al fianco della deputata Neuman, e ancor più agguerrita del passato con il fronte di Butcher – Mallory. Vediamo presto come Hughie e Butcher si ritrovano a riunirsi in un fronte comune, ristabilendo la formazione originale dopo che tutti i membri ritornano all’ovile di Butcher, sposandone la filosofia “estremista”. Spinti dai traumi del passato, sono intenzionati a fare il possibile per riuscire a sradicare il fenomeno dei super, alla ricerca della verità sulla deputata Neuman, su Soldier Boy e su tutto il marcio che viene celato dietro alla Vought.
Ritroviamo tutti i Boys con una marcia in più rispetto a come li avevamo lasciati, determinati a chiudere il capitolo Vought con la volontà di far luce su ogni tassello possibile, e disposti davvero a tutto pur di iniziare da zero delle nuove vite con la consapevolezza di aver eliminato la causa del loro dolore. In questo contesto è chiave la figura di Grace Mallory, che aprendo una finestra decisamente importante sul suo passato crea nuovi elementi per minare i super. Butcher su tutti riveste il ruolo di vero e proprio frontman, determinato e tormentato al punto di prendere il composto V temporaneo fornitogli da Maeve, pur di riuscire a ottenere un vantaggio e giocare ad armi pari contro i suoi nemici. Una decisione che pare essergli costata fin troppo cara ma che ci sarà sicuramente modo di approfondire nei prossimi episodi, in cui vedremo gli effetti a lungo termine causati da questo nuovo siero.
Un grande difetto di questi tre episodi è nella trattazione marginale e superficiale riservata ad alcuni personaggi, in primis Maeve, che compare poco e solo nella prima puntata. È vero che con le sue azioni pone basi ancor più solide per quello sviluppo che aveva già avuto all’inizio della seconda stagione, aiutando concretamente i Boys, ma viene letteralmente fatta sparire nei successivi episodi. Anche gli spazi marginali dedicati a The Deep, riammesso nei Seven, e A-Train alle prese con la campagna di rebranding del suo personaggio sembrano un po’ assolvano a ruolo di tappabuchi, così come per il momento sono abbastanza piatti i personaggi di Supersonic e Ryan, che speriamo abbiano modo di acquisire maggiore spazio nelle puntate successive. Altri parziali assenti Victoria Neuman e Soldier Boy, che con ogni probabilità sono in procinto di guadagnare importanza in qualità di villain della stagione; su di loro abbiamo già appreso delle importanti ombre, ma ci sarà certamente modo di fare maggiore luce, facendo emergere quelle contraddizioni che accomunano tutti i supereroi, così antieroici e così guidati dalla percezione di essere legittimati a poter fare tutto ciò che desiderano.
Irriverenza, cinismo e crudeltà fanno da padrone in questa terza stagione di The Boys ancora più che nelle precedenti, e lo fanno soprattutto attraverso la figura di Homelander, interpretato da un eccelso Antony Starr. Il capitano dei Seven evolve dopo il suicidio di Stormfront, elevando egoismo e superbia oltre ogni aspettativa. Dopo aver perso la cosa per lui più preziosa – la sua figura di eroe intoccabile – nel primo episodio lo abbiamo visto in difficoltà, alle prese con una crisi così ampia da spingere la Vought a nominare Starlight co-capitano.
La non accettazione della perdita del suo ruolo di maschio Alpha – un tema costantemente portato alla luce dalla serie e da questi tre episodi – lo porta a rialzarsi in modo tutt’altro che corretto, in perfetta coerenza con il suo stile spietato. Non avendo più niente da perdere Homelander si immerge totalmente nella crudeltà e nell’abuso di un potere che pratica attraverso bullismo, sessismo, razzismo e costante denigrazione di chiunque all’infuori di se stesso. Homelander ancora una volta rappresenta il lato peggiore di una società corrotta, arrivando a compiere crudeltà inaudite. Ma l’elemento che davvero lascia a bocca aperta è come nessuno abbia il coraggio, la voglia o la capacità di fermarlo. Anzi, la legittimazione al suo potere arriva dalla Vought e dal pubblico stessi, che addirittura amano la sua irriverenza. Come sia possibile che una persona che si dichiara “migliore di tutti” e “perfetta”, al punto da paragonarsi a Martin Luther King e Gesù, non solo non spaventi ma addirittura venga ammirata è uno dei punti più degni di riflessione di questi primi episodi, che vale a mostrare quanto nel profondo siano marce le radici della società. Per quanto il concetto sia portato all’esasperazione, si trova una rappresentazione perfetta di un’umanità ben poco umana, dove tutti si girano dall’altra parte davanti a ciò che non funziona, dando di fatto ragione a Homelander che si dichiara l’unico eroe possibile per una collettività povera di valori e ciecamente guidata dal potere dei forti.
A quanto impersonato da Homelander si contrappone Starlight (Erin Moriarty), una figura che si avvicina molto a quella del supereroe classico: buona, affidabile, impeccabile. Il suo personaggio si oppone totalmente all’archetipo di supereroe privo di valori e ricopre l’ingrato ruolo di donna schiacciata dalla misoginia e dall’associazione donna-immagine. Il tema del potere maschile emerge costantemente: infatti la ragazza è sommersa di promesse su un fantomatico ruolo di potere che di fatto non ricopre nemmeno per un secondo. Nonostante la guidino la voglia di riscatto e il desiderio di cambiare le cose, questi elementi sono totalmente vanificati, perché la supereroina si ritrova costantemente intrappolata dal volere degli altri: di sua madre, della Vought, di Homelander, addirittura di Hughie, che le intima di restare nei Seven seppur in una posizione scomoda, contro la sua volontà. Mai libera, per quanto si sforzi Starlight di fatto non cambia nulla di concreto e tutto le sfugge dalle mani: più di tutti è una pedina alla ricerca di un riscatto che non arriva, ritrovandosi sempre a subire, opprimendo i suoi ideali per un bene “superiore” che per lei non arriva mai. Si auspica che il suo personaggio possa attraversare quell’evoluzione a cui si prepara sin dall’inizio della serie, facendo quel salto di qualità che finora le è mancato.
Nel complesso, la colonna portante di The Boys 3 rimane quel macabro intrattenimento costellato dai temi cardine di abuso di potere, sessismo e razzismo già in precedenza trattati, che vengono ulteriormente sviluppati, portati a livelli sempre superiori al punto da confermare lo show come emblema della scorrettezza, con l’escamotage di fondo di un mondo di supereroi in costante antitesi a tutti i valori che ogni supereroe “canonico” dovrebbe avere.
Questi primi tre episodi ci restituiscono ancora una volta un quadro spietato della società, guidata da logiche di potere cieco, fama, denaro e interessi materiali, totalmente disinteressata all’amoralità che la fa da padrona. Il tutto è condito dall’abbondante finzione che rende necessarie interpretazioni di facciata perfette al fine nascondere il reale marcio dietro le quinte. Ancora una volta The Boys riesce a mostrare tutte le contraddizioni di una società artificiosa, rappresentata tanto da tutti i suoi centri di principale potere. Senza freni e senza ritegno, così si può riassumere l’intero prodotto The Boys, che dovrà però sviluppare la direzione che sta prendendo, evitando di ricadere in una narrazione già vista, facendo evolvere quei personaggi che hanno necessità di uno slancio aggiuntivo e ampliando la basi gettate per le nuove narrazioni, consolidando gli sforzi dei Boys e iniziando davvero a scalfire le solide basi della Vought.
Voto 3×01: 7
Voto 3×02: 7½
Voto 3×03: 7½
Bella recensione Alice e bentornati ai Boys!
Io mi spingerei a dare una lettura più “politica” di questi primi tre episodi.
La prima reazione vedendolo è che sono una rappresentazione della realtà Americana esagerata. Poi pwro penso agli eventi politici dell’ultimo paio di anni. In particolare, penso a Trump, per esempio quando ha detto che avrebbe potuto sparare a qualcuno dalla quinta strada senza conseguenze, e infatti il suo gradimento è salito. Alla fine, il suo superpotere è il fatto di essere famoso e la gente lo ammira anche quando va contro le norme convenzionali. Penso al circo che è venuto fuori con tutti gli scandali, tipo la marcia dei suprematisti bianchi (un neanche tanto velato riferimento a Stormfront).Penso a January 6 quando hanno assaltato il parlamento armati. Penso a tutti gli enabler, quelli che, come dici tu, non si oppongono alla follia, ma lasciano correre o la sostengono proprio.
Penso a tutto questo e mi dico che non stanno esagerando, ma stanno citando la situazione americana abbastanza fedelmente.
Mi chiedo e vi chiedo quale possa essere il gradimento della serie in America presso i fan del Maga world…