Skam Italia è un prodotto che più di molti altri, in virtù della natura fortemente derivativa rispetto al progetto originale (quello norvegese), aveva una sfida particolarmente difficile da superare: riuscire ad acquisire un’identità autonoma.
Con questa quinta stagione, dalla trama completamente autentica, la serie TVdi Netflix deve non solo riuscire a convincere lo spettatore della capacità di sapersi reggere sulle sue gambe, ma anche introdurre un personaggio di cui si sa molto poco, e che ha fatto da sfondo delle passate annate. Il protagonista di questa stagione è Elia, membro del quartetto e al contempo anche più in ombra rispetto a Luchino (che ha avuto una seppur piccola evoluzione nel corso della quarta annata). La decisione di focalizzarsi su questo personaggio sembra subito vincente, sia per la buona performance di Francesco Centorame, sia perché la collocazione liceale risulta quanto mai convincente: Elia, infatti, è stato bocciato alla maturità e si trova a ripetere l’ultimo anno di liceo. Proprio il raffronto tra la sua realtà e quella di costante cambiamento dei suoi amici, alle prese con i primi problemi universitari, rende i primi episodi particolarmente centrati: la serie riesce perfettamente nell’intento di creare uno stacco netto tra Elia – che in tutto e per tutto sente di essere rimasto indietro, di essere manchevole – e il suo gruppo di amici.
Sarebbe stato più interessante vedere ancora più approfondito questo aspetto, che viene ben analizzato nella prima parte di stagione ma che in un secondo momento viene quasi messo da parte. La scelta di focalizzarsi sulla scuola, tanto in senso metaforico che pratico, con il ritorno di tutti i personaggi che rivediamo nel finale di stagione, è sicuramente catartica, ma l’intera ultima scena risulta depotenziata perché frutto di poca preparazione nel corso del racconto. In un primo momento, Sana e il gruppo di ragazze ci vengono presentate come ostili alla chiusura della radio, mentre in seguito decidono di chiuderla come gesto simbolico di abbandono dell’adolescenza e dei ricordi legati al loro liceo: se sulla carta questa scelta sembra funzionare, sia l’esecuzione che la collocazione della storyline – troppo a ridosso di altre ben più importanti – la rendono meno incisiva rispetto ad altre scene corali a cui Skam, nelle passate stagioni, ci aveva abituato.
Ed è proprio parlando di scene corali che non possiamo non sottolineare l’ottimo lavoro fatto sul personaggio di Elia, che nei primi sei episodi brilla di luce propria e non può che far innamorare qualsiasi spettatore. Le scene con Viola trasudano una naturalezza che pervade lo schermo e che rende le loro interazioni realistiche. La serie mette così l’acceleratore su ciò che sa fare meglio: raccontare i giovani, dal punto di vista dei giovani. Il momento di scoramento di Elia (quello in cui le lacrime gli sfuggono, dopo il primo confronto con Viola) è una delle scene più riuscite e potenti della stagione: sia perché è frutto di una accurata preparazione nel corso degli episodi precedenti, sia perché risulta naturale, ed è tangibile la disperazione che si prova in un’età così ricca di tormenti e dubbi, vissuti appieno dal protagonista.
Il momento della risoluzione, che un po’ ricorda la bellissima scena del coming out di Martino, è allo stesso modo ricca di significato e chiude efficacemente la prima parte della stagione. È proprio in quel momento che la coralità di un prodotto come Skam emerge con grande forza, rendendo tutte le interazioni, sia nel singolo che nel gruppo, particolarmente significative. La decisione di dedicare un segmento dell’episodio al confronto tra Elia e le ragazze è una scelta ben pensata e ben realizzata; il fatto che ad aprire la scena sia lo stesso calzino arrotolato che Luchino aveva visto per sbaglio solo qualche episodio prima contribuisce a creare quella sensazione di chiusura del cerchio che rende la prima parte della stagione così ben riuscita. Tuttavia, nonostante gli ottimi punti positivi registrati nei primi cinque episodi, le modalità con cui si arriva alla conclusione lasciano con l’amaro in bocca. Sembra quasi che, in seguito alla rivelazione da parte di Elia, gli autori abbiano calcolato che mancavano troppi episodi per dargli un happy ending, e abbiano quindi deciso di calcare la mano sulle tematiche “forti” e sui plot twist. Il secondo breakdown di Elia, con le lacrime accompagnate da “Sign of the Times” di Harry Stiles, non ha minimamente la stessa potenza del primo; questo perché è fin troppo sottolineato, come se gli autori avessero voluto puntare l’attenzione sulla sua disperazione in maniera così evidente da renderla prevedibile. L’incidente in bici che ne segue crea una svolta di fine episodio che contribuisce a far cliccare subito sul seguente; ma nell’era del binge-watching non c’è davvero bisogno di una scena del genere per invogliare lo spettatore a continuare la visione.
Alla delicatezza della scrittura e delle performance dei primi episodi, si sostituisce un insieme di eventi che vengono affrontati fin troppo velocemente. In particolare, assistiamo alla rivelazione di Viola, e a come il suo personaggio si colleghi a quello di Spera; nel giro di poco la serie cerca di introdurre il tema del consenso e della manipolazione da parte di una figura autorevole (in questo caso l’ex-psicologo della scuola) e, nel farlo, collega questa storyline a quella di Federica. Il collegamento con Federica non ha però il tempo di maturare: ad esempio, non assistiamo a una scena di confronto tra lei e i ragazzi o le sue amiche, e la serie perde l’occasione di riflettere su un tema così di rilievo mettendo in luce quanto sia difficile denunciare una persona che si trova in una posizione di potere, e che i tuoi amici stimano e idealizzano. Questa mancanza è ancor più evidente se la si confronta con il momento in cui Elia racconta della denuncia agli amici (ricordiamo che Spera aveva rivestito un ruolo molto importante nel coming out di Martino): il momento di confronto tra i quattro ragazzi, che culmina nell’abbraccio in caffetteria, è Skam al suo meglio. Il messaggio che emerge dall’intera storyline è sicuramente positivo, ma purtroppo è confezionato in modo così frettoloso da perdere dell’incisività che meritava; Skam si conferma il contenitore più adatto per raccontare una storia di questo tipo, e sarebbe bastato dedicare il giusto tempo ai concetti di consenso, manipolazione e differenza d’età, per ottenere un risultato più convincente. Lo stesso succede anche per l’accenno che viene fatto alla sieropositività; è interessante che abbiano deciso di parlare di tale argomento, ma dedicargli almeno un intero episodio – invece che poche battute – avrebbe sicuramente giovato al quadro generale.
La tematica di cui Skam ha deciso di parlare più approfonditamente nel corso di questa quinta stagione è trattata con grande delicatezza, e costituisce una delle svolte narrative più riuscite dell’intero insieme di episodi: il collegamento a una nuova visione della mascolinità risulta naturale e privo di incertezze. Non sono mancate le reazioni accorate da parte dei fan della serie, che si sono scagliati anche duramente contro la decisione di Skam Italia di parlare di ipoplasia peniena (anche definito come disturbo del micropene); è proprio la scrittura attenta che ha caratterizzato questa storyline ad aver risposto pienamente ai dubbi degli spettatori, ed è la stessa reazione ad aver fatto capire quanto fosse necessario gettare luce su un argomento meno conosciuto ma sicuramente meritevole di attenzione. Purtroppo, Skam fallisce nel mantenere questo livello di narrazione, e nella seconda parte c’è fin troppa carne al fuoco: il risultato sono un gruppo di episodi quasi caotici, sia per il volume dei filoni narrativi che per le modalità con cui questi ci vengono presentati. Sarebbe bastato concentrarsi su uno solo di questi per rendere anche la parte finale della stagione molto più convincente.
Al netto dei difetti analizzati, e dei punti di forza che Skam continua a dimostrare di avere (compresa la capacità di raccontare i giovani in maniera così brillante e adatta ai tempi), ci sembra che la sfida della quinta stagione sia stata affrontata in modo più che sufficiente. Skam Italia, in questa sua prova originale, riconferma le sue ottime caratteristiche, che si parli di performance o di capacità di raccontare una generazione che cambia e si evolve; questa quinta annata rappresenta un buon punto di arrivo, e non si può che sperare che non si tratti del capitolo finale delle vite di tutti questi personaggi.
Voto: 7
* È particolarmente apprezzabile che si sia deciso di parlare di grassofobia interiorizzata, che dilaga tra le amicizie di una vita. Pur essendo solo un accenno, vedere Federica che fa capire ad Elia che “… È una vita che mi chiamate Federicona, e sono ancora vostra amica” è il segnale di un mondo che sta cambiando, passo dopo passo.