Esterno Notte – Miniserie 3


Esterno Notte - MiniseriePresentata al Festival di Cannes in anteprima mondiale e suddivisa in due film, distribuiti tra maggio e giugno nelle sale cinematografiche, la serie Esterno Notte è arrivata su Rai1 a metà novembre, con tre appuntamenti da due puntate ciascuno per un totale di sei episodi. Esterno Notte rappresenta il debutto nella serialità di Marco Bellocchio, che per questa occasione sceglie un argomento su cui è tutt’altro che un neofita: il rapimento di Aldo Moro è infatti un tema da lui già trattato con un film – “Buongiorno, Notte” (2003) – di cui la serie rappresenta una sorta di controcanto. Se infatti il lungometraggio si concentrava sul rapimento visto dall’interno della casa in cui Moro è stato tenuto prigioniero per 55 giorni, con un focus incentrato sulle Brigate Rosse e in particolare sul personaggio di Chiara, la serie si sposta appunto all’esterno, a raccontarci cosa accadde in quei due mesi del 1978 che cambiarono l’Italia. 

È da qui forse che bisogna partire, da un evento radicale per la Storia italiana e dunque dall’approccio con cui Bellocchio (regista della serie, ma anche sceneggiatore insieme a Stefano Bises, Ludovica Rampoldi e Davide Serino) affronta questa seconda prova sullo stesso tema: laddove in “Buongiorno, Notte” la mescolanza tra realtà e finzione rendeva il film a tratti onirico e surreale (“Ma l’immaginazione è reale”, rispondeva Enzo a una Chiara convinta dell’esatto contrario), Esterno Notte mantiene una vena immaginifica – con uno scopo tuttavia molto pragmatico, come vedremo – ma per il resto rimane fedelmente ancorata alla cronologia degli eventi, alla crudezza di quanto accaduto. L’approccio risulta dunque profondamente diverso, dato che nella serie si respira un’aria pesantissima, da catastrofe: una sorta di fine del mondo, che arriva dopo un’apparente quiete – assistiamo infatti all’avvicinamento tra DC e PCI noto come “compromesso storico” – seguita da un evento da cui la politica italiana non si riprenderà per decenni.
Esterno Notte - MiniserieÈ questo il sentimento di base che sembra guidare Bellocchio, che, come in una partitura musicale, vuole trasmettere questo climax tensivo anche attraverso il ritmo narrativo: la prima puntata, “Aldo Moro”, è infatti certamente caratterizzata da momenti di tensione, ma è proprio la presenza del Presidente della DC – interpretato da uno straordinario Fabrizio Gifuni – ad abbassarne la portata con una calma inusuale, inquietante come quella prima di una tempesta, ma al tempo stesso rassicurante. A vedere Moro parlare nel retro di una macchina con Berlinguer, per un momento sembra davvero che possa accadere: che, nonostante le ritrosie del partito, della Chiesa, degli Stati Uniti, questa unione politica (prima tramite appoggio esterno del PCI al governo e in futuro come collaborazione attiva) possa davvero traghettare l’Italia fuori dagli Anni di Piombo e da un secondo dopoguerra che ha visto la politica interna estremamente sottomessa a quella estera.

La fedeltà agli eventi si riflette sulla scelta di suddividere il racconto in base a diversi punti di vista, che hanno la meglio sull’aspetto cronologico: sebbene Bellocchio porti avanti una critica molto chiara, che si delinea sin dalle primissime scene, c’è allo stesso tempo un’esigenza di offrire una visione plurale degli eventi. Non è quindi una ricerca di imparzialità ciò che guida questa decisione, ma un tentativo nuovo di raccontare “Il Rapimento Moro”, una storia nota fin nei minimi dettagli (e che è stata rappresentata attraverso qualunque medium), prediligendo una focalizzazione stretta su alcuni protagonisti per avvicinarsi, il più possibile e per quanto possibile, alla loro realtà – che non è, e non pretende mai di essere, verità.
Questa parcellizzazione del punto di vista ha come diretta conseguenza quella di farci assistere in più puntate ai medesimi eventi, analizzati dalla prospettiva presa in considerazione: se in alcuni casi, rarissimi, questo può far percepire una leggera sensazione di ripetizione (come nel caso delle indagini al Lago della Duchessa), gli aspetti positivi di questa scelta sono di gran lunga maggiori.
Innanzitutto, la ripetizione stessa della cronologia degli eventi permette agli spettatori – anche ai più giovani – di familiarizzare con gli snodi fondamentali di quei giorni terribili per il Paese; privi dunque della necessità di tenere le fila della storia, si è più inclini a concentrarsi sugli aspetti personali, ora del Ministro dell’Interno Cossiga, ora di Papa Pio VI, ora della famiglia Moro e in particolare della moglie Eleonora, finanche della brigatista Adriana Faranda.
Senza contare che questo tipo di struttura, in cui ad ogni episodio corrisponde un punto di vista (con l’eccezione dell’ultima puntata), risulta perfetto per una serie TV, c’è un ulteriore aspetto positivo, che ha a che fare con un ruolo più attivo dello spettatore.

Esterno Notte - MiniserieTornando al discorso precedente: è difficile raccontare il caso Moro in modo nuovo ed è quindi ancora più complesso attirare un pubblico che, legittimamente, potrebbe non essere più interessato all’ennesima rievocazione. È qui che la divisione dei punti di vista ritorna in gioco: in più di un’occasione, infatti, alcune informazioni vengono date a piccole dosi, sparse nelle varie puntate, restituendo la frammentarietà dei dati che arrivavano in quei giorni e anche i dubbi sulla credibilità delle fonti. Lo spettatore si ritrova dunque a dover unire i pezzi dandosi da solo una risposta a quesiti apparentemente lasciati aperti: il caso più evidente è quello del comunicato che dichiara il ritrovamento del corpo nel Lago della Duchessa. Se infatti già dal secondo episodio, “Il Ministro degli Interni”, scopriamo che sin da subito c’erano stati forti dubbi su quel comunicato, col prosieguo della puntata in questione e delle successive scopriamo non solo le reazioni degli altri a quella lettera, ma anche chi ci sia effettivamente dietro. È solo mettendo insieme quella prima scena di Cossiga, il suo dialogo con Steve Pieczenik (consulente statunitense mandato da Jimmy Carter come esperto di antiterrorismo) che parla di “testare il popolo italiano” riguardo a una possibile morte di Moro, e la puntata “I Terroristi”, in cui abbiamo la conferma che non sono state le BR a scrivere quel comunicato, che capiamo quanto la tesi dei brigatisti sia vera: sono stati i “servizi”, come dicono loro, ed è difficile non fare due più due e capire che quel depistaggio, che annunciava la morte di Moro, arrivava proprio dall’interno del Paese, per sondare le reazioni dei cittadini – fatto confermato da Pieczenik nel 2006.

Esterno Notte - MiniserieLa frammentazione della storia a favore dei singoli punti di vista agevola anche la comprensione delle complessità e perfino delle contraddizioni dei personaggi, spesso divisi tra quello che è il loro ruolo pubblico (quello che la società, il partito, la Chiesa si aspettano da loro) e quello più privato; è un percorso che riguarda tutti e che viene lentamente costruito passando di personaggio in personaggio fino all’esplosione di questa complessità nell’ultimo episodio, in cui ci troviamo davanti ad un Aldo Moro profondamente diverso da quello che abbiamo visto nel primo. Ciò che in primis caratterizza tutti i personaggi chiave della miniserie è un chiaro senso di solitudine come diretta conseguenza del proprio ruolo.
È Aldo Moro a dare il via a questa sensazione: non è infatti solo la sua calma ad abbassare il volume della tensione che inizia a farsi sentire già dal pilot, ma la sua routine di vita, che Bellocchio ci mostra con un grandissimo rispetto, senza alcun pietismo per il suo essere fondamentalmente solo. Scelto per la presidenza di un partito votato al compromesso molto più per questioni di facciata che nella pratica, Moro diventa il parafulmine delle decisioni della DC; e quando ne è invece fautore (non dimentichiamo che venne rapito proprio mentre andava alla Camera per il voto di fiducia del IV governo Andreotti, sostenuto dal PCI grazie a lui), ne vediamo drammaticamente il peso. L’insonnia placata solo dalla presenza del nipote Luca, le ossessioni sul gas chiuso, i ritorni a casa che coincidono con il ritorno al buio, al silenzio, sono tutti momenti in cui vediamo quale sia il prezzo di quella calma mostrata all’esterno. Il mimetismo di Gifuni si accoppia perfettamente con la visione di Bellocchio, e non poteva forse andare in modo diverso con due artisti che su Moro avevano già lavorato (Gifuni aveva interpretato Moro sia nello spettacolo teatrale “Con il vostro irridente silenzio” ideato e interpretato da lui, sia in “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana).

Esterno Notte - MiniserieC’è la solitudine di Francesco Cossiga, interpretato da un perfetto Fausto Russo Alesi, in grado di restituire una visione del Ministro degli Interni che viaggia tra ossessioni, allucinazioni da privazione del sonno e sensi di colpa per il rapimento – “Mi sta guardando”, dice osservando la prima foto di Moro fatta giungere dalle BR. Cossiga è forse il personaggio su cui il concetto di complessità si esplica al meglio, in un climax ascendente che lo vede sempre più sconvolto e allucinato col passare dei giorni. In lui si mescolano sentimenti personali (il debito che sente nei confronti di Moro, la solitudine di un matrimonio combinato, l’ossessione per la comparsa delle prime macchie di vitiligine) e il peso del ruolo, per cui ogni decisione viene valutata per le sue conseguenze personali e pubbliche. La questione della macchina blindata rifiutata (ma i figli diranno che non è andata così), il fatto di essere il primo responsabile di qualunque esito della vicenda, il dover trattare le decisioni da prendere con un gruppo militare di chiara, e certo non rinnegata, matrice fascista: in ogni istante abbiamo la sensazione di vedere due persone in una, quella interna e quella esterna. E se la critica di Bellocchio all’ipocrisia della DC punterà molto su questa doppia facciata, sembra che almeno su questo giovane Cossiga lo sguardo sia più volto a comprendere le stratificazioni di un uomo dilaniato, che sembra trovare pace solo quando parla con persone sconosciute attraverso delle fredde radiocomunicazioni.

Esterno Notte - MiniserieIl Papa Paolo VI interpretato da un sempre ottimo Toni Servillo è quello su cui, al contrario, vediamo una distinzione tra aspetto privato e pubblico, con un autentico dibattito interiore quando le due parti devono trovarsi a coincidere. La solitudine di Paolo VI è peggiorata dalla malattia ed è solo apparentemente mitigata da uno stuolo di persone che lo seguono ovunque vada; la si trova nella decisione di indossare il cilicio una seconda volta, senza dirlo in giro, fino allo svenimento; nell’essere costretto a non partecipare alla via Crucis perché fisicamente non più in grado, mentre tanti altri avrebbero potuto e non lo hanno fatto “per paura” (sinonimo dei tanti momenti in cui la DC ha stretto e allentato le maglie col Vaticano a proprio piacimento). Quella solitudine si trova soprattutto nella scelta delle “parole adatte” da rivolgere alle BR: non è un caso che per questa occasione si rivolga a Don Curioni (Paolo Pierobon), un altro personaggio che vive nell’ombra dell’isolamento. Quelle parole, quel famoso “liberatelo, semplicemente, senza condizioni”, arrivano a seguito di un tormentato tentativo di conciliare il suo aspetto pubblico e quello privato, e per un attimo sembra che la chiave di volta dell’intero discorso sia stata trovata.

Tuttavia, è solo nella puntata “Eleonora” che il pubblico scopre l’altro lato della medaglia, un ulteriore strato della complessità – in questo caso quella comunicativa: è qui che vediamo Nora ascoltare le parole del Papa e dedurne che “anche lui si è arreso”. Questo è solo uno dei tanti momenti in cui Nora, una donna che non perde la dignità nemmeno per un secondo grazie a una Margherita Buy in stato di grazia, capisce insieme alla sua famiglia di essere stata abbandonata, dal partito e non solo.
Esterno Notte - MiniserieSono stati lasciati soli, con tante promesse e tante lacrime (in certi casi di coccodrillo, sembra suggerirci Bellocchio): e alla devota e ligia Eleonora Moro, che fino all’ultimo cerca di seguire le regole imposte, non rimane che rompere tutto, ogni singolo argine, esattamente come farà Aldo nelle sue lettere e soprattutto nella scena della confessione con il prete. A svelare tutta la falsità di un partito che ha fatto del compromesso la propria bandiera, salvo poi voltarla dalla parte dell’intransigenza in esclusiva per Moro, non possono essere le BR coi loro proclami, e questo Bellocchio lo sa: basta lasciar parlare la Storia per far sì che dalla complessità si passi all’ipocrisia.

La parte su cui si può lavorare con più inventiva è certamente quella dei brigatisti, in cui ancora una volta è il personaggio femminile (nel film era Chiara, qui torna ad essere Adriana Faranda, interpretata da Daniela Marra) ad avere dei dubbi sull’azione che si sta portando avanti; se in “Buongiorno, Notte” era una questione morale quella che apriva a un finale sognante, qui Faranda alza il coperchio delle bugie, soprattutto del suo compagno, quando comprende ciò a cui ha rinunciato in nome di una rivoluzione che viene solo evocata, ma in cui non crede davvero nessuno. Esiste un tormento interiore, ma è di portata minore rispetto al film: qui domina nuovamente l’ipocrisia, quella per cui ormai Moro va ucciso e basta, anche se tutte le prove evidenziano come ormai ammazzarlo sia più un favore alla DC che una vittoria per loro.

Esterno Notte - MiniserieUn favore alla DC, certo: su questo Bellocchio mette le cose in chiaro dalla prima scena, quell’ucronia in cui Cossiga, Andreotti e Zaccagnini si recano in ospedale per visitare un Aldo Moro trovato vivo, ma profondamente cambiato dalla prigionia; un uomo che ringrazia le BR e solo loro per la decisione di salvarlo, mentre si dimette da ogni incarico anche remotamente legato alla Democrazia Cristiana. È una scena d’apertura straniante ma che funge da dichiarazione di intenti autoriale, una chiave di lettura con cui leggere ciò che arriverà da lì in poi. Puntualmente Bellocchio ritorna sulla questione, ora con la dichiarazione di follia di Moro, ora con le visioni del Papa di un Aldo Moro solo durante la via Crucis, appesantito da una croce troppo grande per lui, e seguito da tutto il governo, che non muove un dito per aiutarlo. Una scelta un po’ didascalica, forse, ma che non lascia dubbi sulla visione di Moro come agnello sacrificabile, prima ancora che sacrificato, da un intero partito.

A sancire la distanza ormai irreparabile tra Moro e il partito arriva la puntata conclusiva, “La Fine”, in cui durante l’incontro-confessione col prete ci troviamo davanti ad un Aldo Moro molto diverso non solo da quello che abbiamo visto nel pilot, ma anche dalla versione presente in “Buongiorno, Notte”: se lì, interpretato da Roberto Herlitzka, appariva come un uomo ancora risoluto, non spaventato dall’idea di morire e alla ricerca egli stesso delle “parole esatte” con cui scrivere al Papa, qui Gifuni ci mostra un uomo devastato non solo dalla prigionia, ma dal trattamento ricevuto da quelli che un tempo considerava amici oltre che colleghi.
Esterno Notte - MiniserieMoro è un uomo prossimo alla morte che vuole confessarsi perché si scopre per la prima volta a provare odio: per chi l’ha fatto diventare il capro espiatorio di un intero partito, per chi preferisce farlo passare per pazzo privandolo di ogni supporto, per chi lo vede come sacrificabile davanti alle esigenze di Stato. Un uomo, insomma, nudo al cospetto di una morte che rifiuta e di cui ha paura; spaventato dalla sua stessa trasformazione e al tempo stesso finalmente consapevole di tutte quelle dinamiche che aveva sempre visto e su cui aveva chiuso un occhio. Gifuni è eccezionale nel rendere credibile il passaggio dal Moro pre-sequestro a quello che è diventato dopo quasi due mesi di prigionia, in cui a pesare è di nuovo la solitudine – quella reale dovuta alla sua condizione, e quella percepita dell’abbandono.

Con l’annuncio del ritrovamento della Renault rossa in via Caetani, Cossiga immagina un finale alternativo, che si ricollega proprio a quella scena di apertura nell’ospedale; la doppia versione, che nel film lasciava spazio a una realtà alternativa e surreale, qui funge invece da specchio della realtà, da presa d’atto di quanto è stato fatto (soprattutto non fatto) per salvare la vita di Moro. La scelta della famiglia di un funerale in forma privata, col rifiuto di qualsiasi funzione pubblica, si scontra con le scene finali (di repertorio) in cui le esequie pubbliche si svolgono lo stesso al cospetto di tutti coloro che hanno avuto un ruolo in questa grande storia. Se a Pio VI Bellocchio concede l’attenuante di parlare della sua morte a tre mesi da quella del suo “amico Aldo Moro”, a tutti gli altri riserva un montaggio che non lascia scampo. L’intero Parlamento applaude a seguito delle parole che Pertini, alla sua elezione a Presidente della Repubblica, dedica a Moro e alla sua levatura morale e intellettuale; Cossiga, effettivamente dimessosi da Ministro dell’Interno, tornerà in politica già l’anno successivo, salendo poi al Quirinale nel 1985; Andreotti, capo di un governo che non si mosse in alcun modo concreto per la risoluzione del sequestro, rimane ai vertici della vita politica del Paese fino al 1992; Faranda e Morucci vengono arrestati un anno dopo il sequestro.

Esterno Notte - MiniserieSi può discutere – e si continuerà a farlo – su quanto fosse possibile per uno Stato avviare trattative con dei terroristi (una scelta sempre sconsigliata per ovvi motivi), soprattutto sapendo che i soldi per liberare Pietro Costa nel 1977 furono quelli che hanno finanziato il sequestro Moro. Tuttavia, sembra dirci Bellocchio, tra il canale della trattativa e l’immobilismo non può esistere il vuoto, che è invece ciò che ha avvolto la vicenda Moro e che ne ha decretato il destino ancora prima che questo venisse compiuto – senza poi alcuna conseguenza a livello politico sulle persone che contribuirono a crearlo, quel vuoto.
Ecco che quindi Esterno Notte, in diretto dialogo con “Buongiorno, Notte”, decide di raccontarci nuovamente la vicenda con uno sguardo più contemporaneo, capace di un giudizio forse più distaccato, sicuramente più informato rispetto a quanto accadde dopo, con una classe politica che rimase tale e quale nonostante un evento dalla potenza devastante come questo.

L’arrivo nella serialità di Marco Bellocchio, benché ancora ibridato con il cinema a livello di prima distribuzione, si dimostra solido e consapevole del cambio di medium; lo sguardo autoriale, nonostante fosse rivolto a una storia già analizzata in tutte le salse, ci ha dimostrato quanto il punto di vista faccia ancora la differenza, quanto, anche con una vicenda in cui sembra non ci sia più nulla da dire, si possa trovare il taglio giusto per renderla attuale.
È una storia di uomini e donne soli, di ossessioni, di ipocrisie malcelate, di intransigenze imposte (e autoimposte); di complessità degne di analisi e di comportamenti che, a distanza di anni, continuano a lasciare domande aperte. Grazie al lavoro di Bellocchio, Bises, Rampoldi e Serino, il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, a quasi mezzo secolo di distanza, non smettono di parlare con noi e di noi, del nostro Stato, della nostra politica, della nostra (presenza o assenza di) umanità.

Voto: 9

 

Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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3 commenti su “Esterno Notte – Miniserie

  • Boba Fett

    Il rapimento di Aldo Moro è il nostro 11 Settembre; chi c’era ricorda perfettamente cosa stava facendo quella mattina di metà Marzo di 45 anni fa. Quel che più ho apprezzato in questa serie è la perfetta ricostruzione del mood di quel momento e del resto a seguire, che Bellocchio trasmette con uno stile asciutto, quasi essenziale, con colori lividi. Interessanti i ritratti degli uomini al potere, tutt’altro che potenti, genuflessi alla Chiesa, quasi assenti e rifiutati nelle loro famiglie e, nel caso di Francesco Cossiga, a cui viene riservato un trattamento alla Sorrentino, con mille tic e paranoie psicosomatiche. Ottimo Gifuni e una curiosità: la Via Crucis è stata girata a Cinecittà, sul set di Rome, la serie HBO di qualche anno fa.

     
    • Federica Barbera L'autore dell'articolo

      Ciao Boba, sono d’accordissimo con te! Io non c’ero per questioni anagrafiche, ma essendo nata 6 anni dopo i racconti che c’erano ancora a distanza di un decennio (e pure di più) erano veramente sconvolgenti. Poi ti dirò, nel mio caso è stato abbastanza traumatico perché avevo sia una storia di famiglia di perquisizione a campione in macchina durante il periodo del sequestro, sia purtroppo un mio vicino di casa, che conoscevo molto bene, che era della DC e che è stato gambizzato esattamente davanti al nostro portone (si è ripreso benissimo e ha vissuto per molti anni a seguire, lo specifico). Insomma, son cresciuta con questa storia in testa e devo dire che Bellocchio ha fatto un lavoro davvero superbo, completamente diverso da “Buongiorno, Notte” e proprio per questo molto interessante nel dialogo che instaura con il film.
      La somiglianza con Sorrentino (col suo stile sì, ma in particolare con il Divo) l’avevo notata anche io proprio quando l’ho visto al cinema, e davvero il Cossiga interpretato Fausto Russo Alesi è qualcosa che avrebbe potuto benissimo essere rappresentato da Sorrentino. Considerata la differenza di età, direi che Bellocchio con i suoi 83 anni dimostra di avere ancora molto da dire (poi va beh, a me piace tantissimo il cinema di Bellocchio e son di parte).
      Grazie per il fun fact, non lo sapevo! 🙂

       
      • Davide

        Ciao…bellissima rece…come sempre di alto livello(mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo sulla miniserie “Irma Vep”,top del 2022…)…io ho vissuto quegli interminabili 55 giorni per motivi anagrafici(ero studente al Liceo),quindi mi sono sentito ancora più coinvolto vedendo “E.Notte”(poi questo snodo cruciale mi ha sempre interessato e negli anni ho letto svariati libri al proposito,compreso il Memoriale e le Lettere ),ben ricordo,per esempio,il falso comunicato numero7(si scoprirà in seguito essere redatto da un falsario di professione,legato alla Banda della Magliana e non solo,Antonio “Tony”Chichiarelli,ucciso nel 1984 in circostanze mai chiarite)e l’ansia di quel giorno,nel quale il centro dell’Italia era posizionato nel Lago della Duchessa…come te,peraltro,adoro il cinema di Bellocchio(ma che filmone è “Marx può Aspettare”!)…