Kindred – 1×01 Dana


Kindred - 1x01 DanaNon è affatto raro vedere adattamenti televisivi di romanzi che, nel presente o nel passato, hanno saputo canalizzare l’attenzione su di sé grazie alle loro trame, temi e personaggi; lo show protagonista di questa recensione, intitolato Kindred, riesce a spuntare tutte e tre le caselle e nasce proprio dalla carta stampata, per mano di Octavia E. Butler, scrittrice americana nata in California alla fine degli anni 40 del novecento. Lo show racconta una storia tra le più rappresentative della produzione dell’autrice, che mai come in questi anni risulta moderna e parla di temi sfortunatamente ancora caldi e di attualità.

L’episodio pilota di questo drama ci mostra l’aspirante scrittrice afro-discendente e poco più che ventenne Dana (Mallori Johnson) che incontra Kevin (Micah Stock), un cameriere bianco timido e un po’ strano; loro non sanno che le loro vite si stanno per trasformare per sempre. La nostra protagonista sta passando un periodo di grandi cambiamenti: si è trasferita da poco a Los Angeles, dopo aver venduto la casa della madre a New York e sta provando a sfondare nel mondo della scrittura televisiva. Questi sconvolgimenti sono uno shock per l’ultimo membro rimasto della sua famiglia, sua zia Denise, che teme per il futuro della nipote e ha paura che possa aver ereditato le tendenze depressive e la psiche fragile della madre. Anche Dana inizia a mettere in dubbio la sua lucidità e la sua salute mentale quando una sera, mentre si intrattiene nel suo appartamento con Kevin, tutto ad un tratto si ritrova in una piantagione di schiavi in Baltimora agli inizi del 1800. Dana, spaesata e confusa, si fa ovviamente subito notare dalle persone che incontra, che non sanno cosa pensare di lei: sarà una donna schiava? Oppure è un fantasma?

Kindred - 1x01 DanaLo show, prodotto da FX e disponibile interamente su Hulu, come detto in apertura è basato sull’omonimo classico di Octavia E. Butler del 1979, autrice afro-discendente che per tutta la sua produzione ha abbracciato la fantascienza e spesso si è interrogata sugli effetti e l’eredità della schiavitù e più in generale ha raccontato relazioni interrazziali; Kindred fa proprio parte di questo filone narrativo, utilizzando il tema del viaggio nel tempo e due protagonisti molto diversi tra loro per parlare di razzismo. L’autrice, mancata nel febbraio del 2006, è stata leader del movimento culturale afrofuturismo, che fondeva fantascienza e giustizia razziale e ha prodotto libri che avrebbero acquisito importanza e fama nei decenni successivi alla sua morte. La pandemia da Covid ha riportato in auge la sua produzione letteraria, grazie al suo romanzo del 1993 “Parable of the Sower “(“La parabola del seminatore”, edito in Italia da Fanucci Editore), che racconta di un futuro distopico segnato da siccità catastrofiche e guerre di classe; non sorprende, quindi, che siano in lavorazione una serie di adattamenti dei romanzi di Butler, inclusi due show che coinvolgono Issa Rae e J.J. Abrams.

Kindred, firmato dallo showrunner Branden Jacobs-Jenkins e dai produttori esecutivi Joe Weisberg e Joel Fields (The Americans), non è ambientato negli anni ’70 come il romanzo, ma è stata una decisione dei creatori spostare gli eventi narrativi ai giorni nostri, il che rende l’esperienza di visione più fluida e attuale; la prima stagione copre i primi tre capitoli del romanzo dal titolo The River, The Fire e The Fall ed è composta da otto episodi della lunghezza di un’ora circa ciascuno. I temi che il pilot di questo drama inizia a mostrarci sono molto chiari: lo show ha il compito di esplorare come una moderna donna di colore avrebbe vissuto in una società di schiavitù, in cui la maggior parte dei neri era considerata una proprietà.

Kindred - 1x01 DanaLa serie è stata presentata come il tentativo di fare un racconto accurato delle esperienze degli schiavi, mettendo in scena la perdita dell’innocenza, le dure punizioni, la vita nei quartieri degli schiavi, gli abusi di ogni genere; il punto forte di Kindred è che sembra voler ritrarre i singoli schiavi come persone distinte, dando a ciascuno la propria storia. La rappresentazione della schiavitù conquista molto screentime ed è interessante il racconto del rapporto tra padrone e schiavo, con quest’ultimo visto come un mero strumento o una risorsa economica da allevare o vendere; lo sfruttamento viene anche declinato dal punto di vista sessuale, un tema ancora più delicato e che mette in mostra uno dei luoghi principali della lotta tra padrone e schiava. La forza dello show è che non feticizza mai la violenza che rappresenta, concentrandosi invece sulla brutalità casuale e quotidiana dell’esistenza di uno schiavo, costruendo un discorso più interessante e per nulla superficiale. Sarà interessante vedere come reagirà a tutto ciò Dana e come i suoi occhi da donna moderna potranno leggere delle dinamiche che hanno strascichi pesantissimi anche nel presente.

È chiaro che Kindred muova una grossa critica alla Storia americana e cerchi di rivelare il grande trauma represso della schiavitù; Dana, che intraprende un vero e proprio viaggio, simbolo di uno ancora più importante – che sarà interiore – verso la conoscenza di quelli che sono stati i traumi di intere generazioni di donne e uomini, non potrà che tornare cambiata, psicologicamente e mentalmente, dopo aver fatto i conti con il suo passato. Superato il pilot sarà interessante vedere quanto la serie sceglierà di andare in profondità nel racconto, con il potenziale di essere davvero efficace solo se sincero e diretto: per ora lo show mette in campo dei temi molto interessanti , che incuriosiscono lo spettatore e lo fanno proseguire nella visione.

Voto: 6/7

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Informazioni su Davide Canti

Noioso provinciale, mi interesso di storytelling sia per la TV che per la pubblicità (in fondo che differenza c'è?!). Criticante per vocazione e criticato per aspirazione, mi avvicino alla serialità a fine anni '90 con i vampiri e qualche anno dopo con delle signore disperate. Cosa voglio fare da grande? L'obiettivo è quello di raccontare storie nuove in modo nuovo. "I critici e i recensori contano davvero un casino sul fatto che alla fine l'inferno non esista." (Chuck Palahniuk)

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