The Bear – La cucina ad alta pressione


The Bear – La cucina ad alta pressioneUn settore che la televisione dell’ultimo decennio ha portato in auge in modo abbastanza imprevedibile è quello della cucina: dai programmi culinari ai talent, dai report sui migliori ristoranti del mondo alla ricerca dei piatti tradizionali dei vari paesi in show dedicati. Non è un caso quindi che The Bear, serie FX ambientata proprio nella cucina di un piccolo ristorante di Chicago, abbia rapidamente attirato l’attenzione di pubblico e critica.

Al timone dello show c’è Christopher Storer, uno che di esperienza in TV ne ha tanta e che arriva ad essere per la prima volta autore completo – creatore, sceneggiatore e regista – per The Bear dopo una sfilza di colpi andati a segno e collaborazioni in serie importanti: dalla co-partecipazione in alcuni degli spettacoli più famosi di Bo Burnham, al ruolo di produttore esecutivo in Ramy, nonché tra le altre cose la regia per alcuni episodi delle serie di AppleTV+ Little Voice e Dickinson. Se c’è una cosa che hanno in comune tutti questi suoi passati progetti, e che possono far capire la strada che porta al suo ultimo lavoro, è che si tratta di prodotti dallo stile ibrido tra dramma e commedia – alcune di quelle citate sono infatti classificate come dramedy – e in alcuni casi caratterizzati da un umorismo nero, o comunque da toni che poco hanno da spartire con la comicità in senso stretto.

The Bear è, in realtà, una serie che si sbilancia più sul lato drammatico, sebbene la si possa identificare senza problemi come una dramedy per via della comicità che, in modo sembra quasi inconsapevole, emerge dall’assurdità delle situazioni che si vengono a creare – la durata degli episodi tra l’altro è di circa trenta minuti, in linea con gli standard di questa categoria di show. Anche l’antefatto conserva una sua drammaticità di fondo dal quale si riesce però a evincere una certa ironia: Carmen Berzatto, detto “Carmy”, è un giovane talento della cucina che ha fatto carriera velocemente ed è riuscito ad andare a lavorare come chef in ristoranti stellati; quando il fratello Mikey improvvisamente si toglie la vita, però, il protagonista sceglie di lasciare la sua carriera e tornare nella sua Chicago a gestire il modesto ristorante di famiglia specializzato in panini al manzo, un luogo ben lontano dall’alta cucina alla quale era abituato. Se da questa premessa ci si poteva aspettare una serie che puntasse molto di più sulla comicità della situazioni che potevano venirsi a creare dall’incontro/scontro di due mondi e due modi diversi di fare cucina, lo spettatore rimane da subito spiazzato: la scelta, come si è detto, è di premere forte il pulsante della malinconia del protagonista ed elevare il carico drammatico dell’ambiente culinario mettendo in risalto le difficoltà che affronta questa categoria di lavoratori.

The Bear – La cucina ad alta pressioneSì, perché uno dei punti di forza di The Bear sta proprio nel come sceglie di mettere in scena la vita e il lavoro dei personaggi: la regia di Storer – e poi anche di Joanna Calo, co-autrice a tutto tondo della serie – mostra la dinamicità e lo stress a cui sono costantemente sottoposti i cuochi; le immagini sono frenetiche, non c’è un momento di pausa e ad ogni errore che fa perdere del tempo prezioso bisogna trovare subito una soluzione con la logica del “the show must go on”, perché i clienti da servire rimangono e le macerie saranno raccolte solo alla fine del turno.
In questo caos si sviluppano le relazioni tra i personaggi ed emergono tutti i dissapori e le emozioni a cui si può pensare: gelosie, ansie, paure, ambizioni e diversità di vedute. Il tutto è gestito con una delicatezza – che sembra quasi un ossimoro per come si è parlato finora della spigolosità delle vicende narrate – e un’attenzione tale da tenere incollati allo schermo, facendoci assistere appassionati a quello che accade in cucina: gli autori sono bravissimi anche nella scrittura dei dialoghi, una parte essenziale per una serie che si svolge quasi sempre negli stessi ambienti, tanto da far pensare in certi momenti di star guardando una pièce teatrale – e il bellissimo settimo episodio “Review” non fa che portare all’estremo questo concetto.

Carmy è magistralmente interpretato da Jeremy Allen White, molto noto in TV grazie al suo ruolo principale in Shameless ma che ha all’attivo anche una parte nella prima stagione di Homecoming; il personaggio sembra essere scritto su misura per lui poiché l’attore riesce a dargli una caratterizzazione ottima pur con le pochissime battute a lui riservate. Carmy è infatti taciturno, immerso nei suoi pensieri e nella sua elaborazione del trauma – la morte di Mikey, interpretato in un flashback da Jon Bernthal (The Walking Dead, The Punisher) – e con lo sguardo sempre perso nel vuoto: questo suo carattere si scontra con quello di Richie, interpretato da Ebon Moss-Bachrac (Girls, The Punisher), il migliore amico di Mikey e, di fatto, fratello maggiore acquisito per il protagonista. Richie è molto impulsivo e decisamente più pragmatico di Carmy: le sue idee su come andrebbe gestita la paninoteca finiscono sempre con lo scontrarsi con il desiderio del protagonista di voler portare il ristorante ad un livello organizzativo e culinario superiore. Su questa dialettica e sul loro confronto poggiano le basi gran parte delle linee narrative drammatiche, il restante è invece legato al loro rapporto con i collaboratori, in particolare con la nuova ragazza assunta, Sidney.

The Bear – La cucina ad alta pressioneLa giovane interpretata da Ayo Edebiri (Dickinson) è il vero punto di rottura della cucina di The Bear: le sue nuove idee, la sua ambizione e la sua venerazione per Carmy la portano a divenire presto il fulcro di tutta l’organizzazione della paninoteca, scatenando gelosie e malumori in chi in quel ristorante ci lavora da tutta una vita. La sua giovane età è spesso un vincolo, una barriera oltre la quale le persone scelgono di non vedere il talento florido e la passione che scorre nelle sue vene, una passione che alle volte si trasforma in impulsività e la porta a fare il passo più lungo della gamba o a prendere decisioni di getto causando problemi. Questo oscillare tra l’essere l’astro nascente della cucina – e Carmy riconosce questa sua intraprendenza cercando però di non farla esplodere tutta insieme – e l’essere l’elemento estraneo sono la parte più interessante di questo personaggio e dell’intero show.

The Bear è inaspettatamente una delle migliori novità di quest’anno e il grande plauso della critica internazionale ne è la dimostrazione. In Italia la serie è disponibile interamente su Disney+ e FX ne ha già ordinato una seconda stagione: il consiglio è di recuperare al più presto questa serie imperdibile, il miglior biglietto da visita da autore tout court per Christopher Storer.

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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