La nuova serie di Apple TV+, Hello Tomorrow!, ha debuttato due settimane fa con un trio di episodi iniziale dalle premesse particolarmente audaci, e una trama sicuramente molto intrigante. Nel corso della visione, è quasi inevitabile chiedersi cosa possiamo aspettarci da un prodotto dalla trama così peculiare, che si presta a molte valutazioni sociologiche, e capire fino a che punto le aspettative iniziali siano state rispettate.
Ambientata in un mondo futuro dalle coordinate non precisate, in cui l’uomo è riuscito a colonizzare la luna e a costruirvi dei veri e propri appartamenti (ma in cui non esiste la televisione a colori), Hello Tomorrow! si presenta subito come uno show dalle grandi ambizioni; fin dai primi minuti fa diversi cenni ai grandi show della Peak TV, soprattutto nel modo in cui decide di introdurre il personaggio principale della serie, attorno al quale ruotano tutte le altre storie. La serie racconta la storia di Jack, affascinante venditore itinerante che si occupa di pubblicizzare delle proprietà immobiliari sulla luna che hanno costi alla portata di tutti. Fin dal prima scena del pilot – in cui Jack è intento a convincere un signore “qualunque” della possibilità di una nuova vita altrove -, è evidente come la storia voglia concentrarsi molto sulla dinamica di cui questo personaggio è espressione (il narcisismo, la sicurezza, la vita solitaria). Questo tratto risulta ancor più evidente nel paragone con le storyline dei comprimari, i quali non fanno altro che appoggiarsi a quella principale, né sembrano avere qualcosa di concreto da offrire al quadro generale. Jack è a capo di un team composto da giovani dalle più aitanti speranze, che si spostano a seconda del volere della casa madre da una città a un’altra, per ottenere quante più vendite possibili. È così che conosciamo il passato del protagonista, attraverso l’introduzione del personaggio che gli fa da contraltare – Joey -, ed è così che la storia prende vita, mettendo radici proprio nel posto da cui il protagonista sembra voler fuggire a tutti i costi.
Pur presentandosi come un prodotto dall’estetica particolarmente curata e ragionata, la serie non riesce a spiccare il volo, né a lasciare un segno distintivo nello spettatore. Dalle scelte di guardaroba fino all’immaginario collettivo, ben rappresentato dalle piccole ed insignificanti innovazioni che rendono la realtà quantomeno futuristica, si ha la percezione di un mondo particolarmente curato; purtroppo, ciò non si riflette nella scrittura dei personaggi, né in quella della storia a tutto tondo.
Se all’inizio può sembrare solo una falsa partenza, il progredire degli episodi non fa ben sperare per il futuro: anche le rivelazioni più scottanti vengono trattate in modo molto superficiale, fallendo nell’instaurare nello spettatore un po’ di interesse nelle scene presentate. Il personaggio del protagonista è efficacemente interpretato da Billy Crudup, la cui performance – caratterizzata da una spiccata mimica facciale – si sposa bene con quanto narrato e mostrato, contribuendo a lasciare nello spettatore la sensazione che stia per avvenire qualche colpo di scena particolarmente spiazzante. Nonostante i pregi menzionati, una buona performance non basta a superare gli evidenti limiti della sceneggiatura, purtroppo evidenti in questo primo gruppo di episodi, né a colmarne le lacune.
La sensazione generale è quella di una scrittura confusa, caratterizzata da molti filoni e assolutamente non in grado di capire quale sia l’anima della serie, o verso quale direzione questa si stia muovendo. Molto spesso Hello Tomorrow! sembra in balia di se stessa, come se non fosse in grado di far prevalere l’anima più riflessiva, accompagnata dalle valutazioni sulle “nuove” tecnologie e sulla possibilità di vivere altrove, e quella più pura della comedy (o almeno della dramedy). Così facendo, viene a crearsi una cacofonia di registri e personaggi che non appaiono minimamente amalgamati tra di loro.
Quanto appena detto per il protagonista si riflette anche nei comprimari, che fin dall’inizio vivono quasi di luce riflessa; tanto che siano semplici macchiette comiche, tanto che abbiano delle storyline di maggior valore, questi non riescono a bucare lo schermo, nè a rendere gli episodi convincenti. Le vicende di Eddie e Shirley al massimo strappano un sorriso allo spettatore, e il voluto effetto comico del personaggio di Herb, uno dei venditori più acerbi e più ingenui, risulta quasi stridente con il tono serioso che la serie vorrebbe mantenere. Una delle storyline dal maggior potenziale, che ha per protagonista la casalinga Myrtle, non riesce ancora a staccarsi dalle potenzialità della carta – la donna vuole rivoluzionare la sua vita, e quasi intraprende una crociata personale verso l’agenzia -, e sembra già messa in secondo piano rispetto al percorso, piuttosto prevedibile, del protagonista.
L’effetto generale, alla visione di questi primi quattro episodi, è quello dello straniamento, perché si ha la sensazione di assistere ad un congegno che dovrebbe essere completamente funzionante – sia per le storyline che per i personaggi – ma che sullo schermo si fa notare più per la presenza scenica che per una vera attenzione alla scrittura attenta e introspettiva che ci si aspettava da un prodotto simile. Seppur la trama sembri affascinante, non pare trovare risoluzione efficace in quanto raccontato nei primi episodi: che si parli del macro-tema delle vendite e del marketing, o di quello della rivoluzione tecnologica del mondo abitato dai protagonisti, gli argomenti trattati vengono solo sfiorati, e persino i rivolgimenti di trama più interessanti sembrano pesare sul minutaggio (in realtà piuttosto basso) dell’episodio.
Alla visione dei primi quattro episodi, l’auspicio per il futuro è quello di riuscire a concentrarsi sulla minaccia che sembra incorrere su tutti i personaggi – quello dell’effettiva possibilità di una vita sulla luna -, e a dare una sferzata di energia e novità in quanto mostrato.
Voti:
1×01: 6-
1×02: 5
1×03: 5
1×04: 5