L’arrivo su Disney+ della terza stagione di The Mandalorian con la puntata “The Apostate” segna il ritorno di una delle serie più attese di questo 2023 televisivo, a poco più di un anno dall’ultima apparizione di Din Djarin nella serie spin-off ambientata nel “mandoverse” The Book of Boba Fett. Lì il mandaloriano aveva addirittura rubato la scena al protagonista dello show negli splendidi episodi “The Return of the Mandalorian” e “From the Desert Comes a Stranger”, una scelta che aveva fatto storcere il naso a molti, non solo per l’aver abbandonato quasi totalmente il racconto dedicato a Fett, ma anche e soprattutto per l’aver mostrato eventi estremamente importanti legati al rapporto tra Din e Grogu in una serie che, ricordiamo, si chiama The Book of Boba Fett.
“The Apostate”, titolo che si rifà a una frase di Paz Vizsla detta proprio in “The Return of the Mandalorian”, trova il modo di riassumere tutto quanto e di presentare quelle che saranno le linee narrative principali, in un episodio che però non convince pienamente e che sfigura, per esempio, se paragonato alla premiere della seconda stagione “The Marshal”, vittima forse della troppa carne al fuoco e del poco tempo a disposizione. La puntata, diretta dall’ormai veterano del mondo di The Mandalorian Rick Famuyiwa e scritta da Jon Favreau, ci catapulta subito tra le fila dei Children of the Watch durante il rito di iniziazione di un nuovo giovane membro della setta su un pianeta di cui, per ora, non sappiamo il nome. È una sequenza che esplora la mitologia di questo gruppo di mandaloriani e che, con l’attacco della creatura lacustre poco dopo, offre la giusta occasione per un’entrata in scena in grande stile di Din Djarin sul suo starfighter N-1. Quello che segue è però un ripetersi di quanto già visto in “The Return of the Mandalorian” e, soprattutto, nel recap che apre l’episodio.
Il ritorno tra le loro fila di Mando visto in The Book of Boba Fett era un ottimo modo per mostrare il suo bisogno di ritrovare un po’ di sicurezza dopo la separazione con Grogu, una sorta di involuzione che lo portava a riunirsi con quella che è in tutto e per tutto una setta. Stupisce quindi che il personaggio senta ancora così tanto questa necessità, soprattutto dopo aver scoperto che le dottrine del credo mandaloriano sono molteplici. La speranza è che il ritorno su Mandalore di Din sia il punto di partenza per un cambiamento del personaggio, soprattutto perché, come si vede nelle scene su Nevarro, la capacità di evolversi e abbandonare le limitazioni del passato, è il solo e unico modo di crescere e prosperare nella galassia. Il viaggio di Din e Grogu verso il pianeta di Greef Karga porta con se l’ingresso in live action dei Purrgil, creature in grado di viaggiare nell’iperspazio, menzionate brevemente da Bail Organa in Obi-Wan Kenobi ma che hanno avuto la prima apparizione ufficiale in Star Wars nella serie animata Rebels. È indubbiamente uno dei momenti più belli di “The Apostate”, in grado di farci vivere in tutto e per tutto la meraviglia di Grogu.
La parte su Nevarro, però, lascia un po’ a desiderare. La necessità da parte di Din di usare IG-11 per navigare le miniere di Mandalore sembra un po’ pretestuosa, un modo come un altro per riportare in scena un elemento del passato, e non è ben chiaro come mai quell’unità sia in grado di dargli l’aiuto necessario. Sicuramente c’è da considerare che IG-11 è stato il primo droide di cui Din è riuscito a fidarsi, ma nel concreto esistono sicuramente modi molto più semplici per ottenere quello che cerca. In più, non è chiaro se alla fine della puntata le informazioni ottenute da Bo-Katan distolgano completamente Mando dalla ricerca del pezzo mancante per riattivare IG-11, dato che in linea teorica il problema di fondo era di natura geografica. Sono piccoli dettagli che purtroppo portano questa prima puntata a ricordarci le imprecisioni viste in The Book of Boba Fett – anche se, fortunatamente, non c’è nulla di eccessivamente grave o che compromette in qualche modo l’intrattenimento offerto dallo show. L’aspetto positivo della questione IG-11 è il fatto che ci dà la possibilità di vedere insieme Grogu e degli anzelliani, la specie introdotta con Babu Frik in L’Ascesa di Skywalker. Funziona decisamente molto meno la gag nella stessa scena con Greef Karga che fa traduttore simultaneo che si ripete un paio di volte di troppo.
C’è poi anche tutta la questione dei pirati, guidati dal mostruoso Gorian Shard, che sembra uscito direttamente dal franchise Pirates of the Caribbean ma che si inserisce perfettamente nell’immaginario tipico di Star Wars legato a figure di questo tipo. Anche qui siamo di fronte a un elemento che avrà un ruolo importante nel prosieguo della stagione e che dà quel tocco di colore e spensieratezza che non può mancare in un prodotto ambientato nella galassia lontana lontana. Lo scontro nello spazio, molto più dello stand-off di fronte alla scuola di Nevarro, è uno dei momenti più entusiasmanti dell’episodio: i cosiddetti dogfight sono uno dei marchi di fabbrica della saga, un qualcosa che per ovvi motivi produttivi e di budget non sempre riesce a apparire sul piccolo schermo – si pensi per esempio che in Andor ce n’è solo uno, anche se in una scena di altissimo livello -, ed è quindi un grandissimo piacere quando ne vediamo uno, soprattutto se ha come protagonista un mezzo iconico come lo starfighter N-1.
Dalla cintura di asteroidi di Nevarro, si passa poi al pianeta Kalevala, un luogo di cui abbiamo sentito parlare in The Clone Wars, ma che vediamo per la prima volta in live action, e dove risiede la famiglia Kryze. Come visto in Rebels, ogni clan di Mandalore ha un pianeta personale; nel caso della serie animata, per esempio, ci veniva mostrato quello della famiglia di Sabine Wren, Krownest. È una sequenza in cui si percepisce tutta la desolazione di Bo-Katan, abbandonata dai suoi seguaci dopo essere tornata a mani vuote – cioè senza Darksaber – dall’attacco a Moff Gideon nel finale della seconda stagione. Apparentemente, Din è in visita per chiederle di unirsi a lei e alla sua missione, cosa che, in linea teorica, significherebbe che Mando ha abbandonato la ricerca del pezzo mancante per riattivare IG-11 e il desiderio di riunirsi ai Children of the Watch, o forse è solo un altro tentativo di trovare un modo di accedere alle miniere; in generale un po’ di chiarezza in più per quanto riguarda gli intenti di Din avrebbe solo fatto bene alla puntata.
In una mossa atipica per la serie, la Disney ha mandato alla critica statunitense degli screener con due puntate e, alla luce di quanto visto nella premiere, è evidente che un episodio in più avrebbe quantomeno aiutato a sorvolare sui difetti di “The Apostate” e sull’esigenza di riassestare la serie, lasciando quindi poco spazio alla forza motrice narrativa – si tratta forse della prima puntata in cui manca davvero la classica “missione della settimana”. Dato che sia Obi-Wan Kenobi che Andor si sono presentate al pubblico con più episodi, risulta ancora più strano che questo non sia stato fatto con la nuova stagione di The Mandalorian. Nonostante le problematiche che l’affliggono e l’inevitabile confronto che ogni nuova serie di Star Wars si ritroverà ormai a fare con lo splendido Andor – soprattutto per quanto riguarda la cura per il dettaglio, sia dal punto di vista produttivo che della scrittura -, la terza stagione di The Mandalorian si apre con un buon episodio che promette degli sviluppi interessanti nel prosieguo del racconto. Forse già con la prossima puntata saremo in grado di capire se i limiti di “The Apostate” sono solo un’eccezione o se gli errori di The Book of Boba Fett sono destinati a ripetersi anche nella serie punta di diamante di Disney+ e senza dubbio del nuovo universo televisivo di Star Wars.
Voto: 7
Mi aggancio all’ultima riflessione, perché anche io mi sono accorto di non essere uscito dalla modalità Andor, e questo purtroppo, non mi ha permesso di apprezzare appieno questo nuovo inizio. Ma Star Wars non è solo Andor, anzi è ormai un genere nel genere e, in quanto tale, si presta a stili, linguaggi ed interpretazioni diverse. Per quel che mi riguarda, questo episodio ha il grosso difetto di concentrare troppo di tutto in poco tempo (meno di 40 minuti!), con il risultato di abbandonare, spero solo momentaneamente, il consueto, avvolgente ritmo “western” della serie. Ma forse abbiamo visto solo un lungo trailer della serie che verrà.
Ho vissuto un momento di straniamento col recap…domanda: devo recuperare quei due episodi di Book of Boba Fett per capire meglio?
Ti direi di vederli perché sono davvero due ottimi episodi
Mi permetto di aggiungere che sono i Capitoli (episodi) 5 e 6, però darei un’occhiata anche al 7 per comprendere meglio la reunion con Grogu.