La nuova serie targata Apple TV+The Crowded Roomha debuttato il 9 giugno con i primi 3 dei 10 episodi previsti. Lo show è tratto da “Una stanza piena di gente” di Daniel Keyes; il romanzo – che ha ispirato anche il film Split – narra la vera storia di Billy Milligan, criminale che nel 1977 violentò e derubò tre studentesse universitarie. Il caso è rilevante nella storia giudiziaria statunitense in quanto per la prima volta un giudicato colpevole fu assolto poichè affetto da patologia mentale che lo rendeva non responsabile delle sue azioni. A Billy venne infatti diagnosticato un disturbo di personalità multipla: in lui convivevano ben 24 personalità.
I primi tre episodi di The Crowded Room si presentano come tre atti funzionali – seppur in diversa misura – a porre le basi della storia di Daniel Sullivan (Tom Holland), il protagonista. Il primo assolve il compito di introdurre la vicenda corale e i personaggi: viene mostrato come punto di partenza della narrazione un tentativo di omicidio compiuto da Danny insieme all’amica Ariana (Sasha Lane). Da subito è evidente come il protagonista sia un ragazzo molto diverso dagli altri, problematico e dalla mente labile, tuttavia appare – almeno all’inizio – intrinsecamente buono: quando Ariana gli chiede di sparare a un misterioso individuo, infatti, lui si tira indietro. Nonostante ciò, è lui ad essere sospettato di aver compiuto la sparatoria, perciò lo ritroviamo alle prese con gli interrogatori della detective Rya Goodwin (Amanda Seyfried).
Proprio i dialoghi tra il ragazzo e la detective rivestono da subito un ruolo fondamentale nella costruzione della narrazione, che viene portata avanti attraverso domande e risposte che presentano pian piano i dettagli della storia e dei personaggi. Così dal quadro inizialmente frammentato, si passa a un’immagine sempre più chiara, scena dopo scena, alternando presente e passato. Un elemento fondamentale di The Crowded Room è rappresentato proprio dal passato, ricorrente attraverso l’utilizzo di flashback che mostrano la crescita di Danny e la formazione dei suoi legami.
Tutto ha inizio alle scuole superiori, quando giovanissimo e già problematico, alle prese con una gestione di sé non proprio lineare, il ragazzo conosce Yitzhak e Ariana: ben presto i due diventano i suoi coinquilini e confidenti, e vanno a sostituirsi alla sua dimensione familiare instabile. I due personaggi hanno tratti definiti e distinti a caratterizzarli, anche se assolvono entrambi alla funzione di figure guida per il protagonista. I due affiancano Danny in un momento di grande difficoltà, in cui affronta le classiche sfide adolescenziali contornate dal bullismo scolastico, finendo emarginato sotto diversi fronti. Il ragazzo è incompreso anche a casa, e si trova solo per gran parte del tempo. Nella prima puntata emergono così temi come solitudine ed emarginazione, che mostrano una forte componente di disagio psicologico nel protagonista, che cerca senza successo di gestire i suoi complessi stati d’animo.
Nonostante le premesse di un primo atto dal ritmo leggermente più incalzante, il secondo si presenta come monotono e molto lento: questo è più incentrato sulla figura di Ariana, anche lei tormentata da traumi interiori importanti. Questa puntata è più focalizzata sulla dimensione psicologica, e si accompagna a tematiche come l’uso e abuso di alcool e droghe per combattere le ferite interiori. Emerge però anche il ruolo dei due conviventi per Danny: Yitzhak è un padre mancato, che dà sicurezze e stabilità anche se in modo rude, e si afferma come guida con funzione risolutrice, che supporta e sprona; Ariana è invece una pari, criptica e forte solo in apparenza, con lei sviluppa un rapporto tra alti e bassi che oscilla tra comprensione e manipolazione. Lei di fatto lo vuole utilizzare per i suoi fini, di questo sembra convinta soprattutto Rya, che insiste su questo aspetto cercando di farlo emergere durante i colloqui.
Passando alla terza puntata, è questa a dare il definitivo slancio verso il carattere spiccatamente thriller della serie, oltre che a dare il vero avvio alla vicenda stessa; è infatti la più dinamica, e approfondisce alcuni aspetti, nonostante lasci numerosi interrogativi aperti. Anche in questo episodio vi è una fetta di tempo dedicata al rapporto Danny – Ariana, che svolta sull’empatia e su una reciproca confidenza dei traumi passati. Si scoprono diverse cose sul passato di entrambi e la loro relazione diventa sempre più intima.
Si crea così, tra i coinquilini, un legame che diventa così profondo da spingere Danny a voler aiutare Ariana: questo meccanismo ha una duplice funzione, quella di sentirsi meglio con se stesso e dunque “salvarsi” – facendo qualcosa di buono per qualcun altro – ma anche la possibilità di dare una seconda occasione alla ragazza. Di fatto nel terzo episodio è evidente un rapporto anche di manipolazione tra i due, che dunque non si caratterizza come una relazione alla pari.
I temi di questa terza puntata sono in ogni caso i più profondi e interessanti, legati a traumi irrisolti che i protagonisti sentono di dover affrontare. Le vicende, e i sempre più intensi interrogatori, portano di fatto a una sensazione scostante verso il protagonista: da un lato c’è un sentimento di vicinanza e solidarietà verso il ragazzo che appare impaurito, ansioso e vittima della società; dall’altro emerge un carattere sinistro, un lato oscuro non ancora ben identificato ma presente, che lascia gli spettatori scettici su di lui. Creare un legame empatico con il personaggio di Danny è difficile, e ancor più difficile è immedesimarsi perché qualcosa non va e si sente, anche se non è ben chiaro cosa. Non si capisce se è un “buono” apparente che finisce per essere vittima di tutto e tutti, ma si ha una sensazione di dubbio costante nei suoi confronti e verso quello che dice, che sembra sempre un mix tra il reale e l’immaginario.
Il punto di vista del pubblico, in questo senso, viene incarnato dalla detective Rya, che cerca costantemente di approfondire non solo l’accaduto ma anche la dimensione interiore di Danny, non credendo alle troppe coincidenze presentate dai suoi racconti e diventando sempre più sospettosa. Così indaga, chiede dettagli e cerca di aprire spiragli in quello che sembra un contenitore ermetico.
In tutto ciò si inserisce la misteriosa figura di Adam, fratello di Danny, più volte citato e probabilmente morto in circostanze per il momento non svelate; forse nelle prossime puntate, grazie a questo personaggio, ci sarà modo di approfondire anche il passato del protagonista.
Focalizzandosi su quest’ultimo si possono individuare tre sfere per “analizzarlo”: il rapporto con i pari, quello con la famiglia e con se stesso.
Sin dalle superiori il ragazzo viene mostrato nella serie come strano, bullizzato e emarginato. È sicuramente sinistro e solitario: è evidente come non solo non sia molto socievole ma sia anche del tutto incapace di relazionarsi in modo normale e di come probabilmente preferisca una solitudine che lo protegge da tutto. A questo si aggiunge la famiglia che non lo fa di certo sentire a suo agio, tra un patrigno poco comprensivo, e una madre dal carattere debole. Lo pervade uno stato d’ansia perenne, e si trova così a lottare anche contro se stesso, soggiogato dalle decisioni degli altri, e alla ricerca di un equilibrio precario all’interno del suo labirinto di traumi. Danny è atipico – nello show si sottolinea il tema della paura del diverso e dell’emarginazione – ed una personalità tanto debole quando facile da plasmare. Inspiegabilmente si trova di continuo in situazioni da cui deve fuggire o difendersi: nonostante ciò accada di frequente, la sua convinzione è che la colpa non sia sua e che si ritrovi in queste circostanze in modo casuale.
Dando uno sguardo generale ai primi episodi si può considerare come questi diano nel complesso un lento ma buon avvio a The Crowded Room, e in particolare il terzo getta le premesse per il carattere thriller dello show. L’alone di mistero è presente grazie a diversi elementi, tra cui il quaderno da disegno che accompagna Danny, ricorrente e dal ruolo probabilmente importante, anche se al momento non ben definito. Le atmosfere cupe, i tempi lenti, e il cast fanno un lavoro di rinforzo alla scelta di trattare lo show come un thriller psicologico; in particolare si evidenzia il ruolo di Tom Holland che lascia sicuramente il segno con questa interpretazione, in cui riesce a restituire un ritratto angosciante e criptico del suo personaggio.
Sebbene l’inizio sia un po’ lento e faticoso, quindi, i primi tre episodi lasciano ben sperare per il proseguimento di questa serie ideata da Akiva Goldsman, che speriamo possa – con i mancanti episodi – colmare quei buchi di trama lasciati forse intenzionalmente come elementi in sospeso, con l’intento di rinforzare la dimensione di mistero di questo prodotto.
Voto 1×01: 6 ½
Voto 1×02: 6-
Voto 1×03: 7 ½