La tv degli ultimi anni è stata caratterizzata da diversi eventi che ne hanno condizionato logiche e struttura: dalla pandemia del 2020 all’esplosione dello streaming con la moltiplicazione di investimenti e produzioni originali in tutto il mondo. Oggi viviamo un periodo di passaggio caratterizzato da una contrazione dell’offerta – le spese troppo alte stanno portando a una diminuzione delle nuove serie prodotte, con investimenti più mirati – e proprio in questo periodo storico è in atto un nuovo sciopero degli sceneggiatori dopo quello del 2008, le cui conseguenze sul mercato delle serie tv saranno percepibili solo tra un po’ di tempo.
Questo 2023 sarà, tuttavia, ricordato anche per la fine di molte serie importanti che hanno canalizzato l’attenzione di pubblico e critica negli ultimi anni: da Barry a Succession e Ted Lasso – anche se per quest’ultimo non c’è ancora l’ufficialità – fino ad arrivare proprio a The Marvelous Mrs. Maisel. Così come le altre serie citate, anche lo show dei coniugi Palladino ha ricevuto nel corso della sua programmazione tantissimi elogi e riconoscimenti – due Golden Globe, 17 Emmy e 5 Critic’s Choice Awards tra gli altri – il che rende questo commiato ancora più significativo. La serie è stata per Prime Video uno dei primi grandi successi che la piattaforma cercava nell’ottica di fare concorrenza a Netflix e poter dire la propria nel panorama della televisione in streaming, che nel 2017 – quando uscì la prima stagione – era molto diverso da quello di adesso. A sottolineare la crescita dello show e l’importanza simbolica che riveste per la piattaforma basti pensare al metodo di distribuzione: fino alla terza stagione gli episodi di The Marvelous Mrs. Maisel venivano rilasciati tutti insieme, ed è solo a partire dalla quarta stagione che è stato deciso di farli uscire poco alla volta, al fine di dilatare il tempo percepito dagli spettatori in compagnia dei personaggi dello show.
La quinta stagione è partita in modo spiazzante e decisamente coraggioso – come abbiamo sottolineato nel nostro articolo sui primi episodi – e fino alla fine ha mantenuto una struttura narrativa mutevole e ricca di sorprese. La scelta di abbandonare saltuariamente il racconto lineare intervallandolo con flashback e flashforward è stata inaspettata e prevede uno sforzo ulteriore per lo spettatore per collegare tutti i puntini tra la vita di Midge e Susie nel presente e quella delle donne nel futuro, un futuro che come prevedibile le vede all’apice del loro successo. In particolare l’acume e l’esperienza di Daniel e Amy Sherman-Palladino si manifestano nel non lasciare nulla al caso e non abbandonare nessuno dei personaggi principali in quest’ultima stagione: quasi tutti ricevono un adeguato finale e, in particolare, il percorso di tutti trova un senso di chiusura anche e soprattutto in funzione della protagonista interpretata magnificamente da Rachel Brosnahan. Per esempio l’ultimo scambio tra Miriam e suo padre Abe è il coronamento dell’evoluzione del personaggio di Tony Shalhoub che, a partire dalla seconda stagione, è sempre stato quello che ha fatto più fatica ad accettare il nuovo lavoro della figlia.
Nonostante questo focus importante sul rapporto di Midge con gli altri personaggi – dall’amore mai sopito per l’ex marito Joel al distacco poco lodevole che sviluppa nei confronti dei figli -, è giusto che lo show si chiuda su una delle relazioni di amicizia meglio costruite degli ultimi anni: la scelta di mostrare come il rapporto tra Miriam e Susie – recuperato dopo un periodo di rottura – rimanga saldo e intimo anche a distanza di tantissimi anni è azzeccata non solo dal punto di vista emotivo – impossibile non emozionarsi sulla risata che chiude “Four Minutes” – ma anche da quello narrativo. The Marvelous Mrs. Maisel, infatti, è stata sì una serie incentrata sulla sua protagonista e sui suoi tentativi di ricostruire la propria vita alla ricerca della fama e del successo, ma anche e in gran parte la storia di un sodalizio creativo ed emotivo così strano e contro-intuitivo tra due donne che incrociano casualmente le loro strade e scoprono di non poter fare a meno l’una dell’altra. Non per niente uno dei punti più alti di questa quinta stagione è il sesto episodio “The Testi-Roastial” che, attraverso una cena celebrativa nel futuro in onore di Susie, racconta come è iniziata la sua carriera e – con questo pretesto – come si è evoluto il rapporto con Midge. L’episodio è stato scritto e diretto da Daniel Palladino ed è uno dei momenti più intensi della serie, oltre che una delle ore di televisione meglio scritte degli ultimi tempi.
Gli ostacoli con i quali si è dovuta confrontare Miriam nel corso delle stagioni al fine di arrivare al successo trovano in quest’ultima un ulteriore livello di difficoltà. Dal punto di vista del racconto professionale della protagonista al centro della stagione c’è il lavoro da autrice al Gordon Ford Show e i continui muri che il mondo dello spettacolo alza ogni qual volta Midge cerca di uscire dal ruolo che le è stato assegnato. Inutile sottolineare come questo punto racconti di come il patriarcato non permetta alle donne di emergere anche di fronte all’evidenza delle loro capacità: lo abbiamo visto all’audizione per Jack Parr nella quale la protagonista non sarebbe stata assunta in nessun caso, lo si vede chiaramente negli atteggiamenti di Gordon Ford nell’insistere nel non volerla fare esibire nel suo show e quando ne è costretto cerca in tutti i modi di metterla in disparte, di sminuirla – notare come Gordon non dica mai il suo cognome, mentre i colleghi uomini li presenta per intero – e di “fargliela pagare” per aver osato sfidarlo. Ovviamente il ribaltamento della situazione avviene dopo il monologo di quattro minuti di Midge – occasione che ha dovuto prendersi in autonomia, perché nessuno gliel’avrebbe concessa – quando è lo stesso Gordon a invitare la comica a sedersi sul divano riservato agli ospiti, messo alle strette e dichiarando implicitamente la sua sconfitta. Il messaggio è chiaro e volontariamente didascalico: se le donne vogliono qualcosa devono prenderselo in qualunque modo riescano a farlo, perché nessuno concede loro nulla per i loro meriti – è questo il senso del discorso di Miriam a Susie alla fine dell’ottavo episodio “The Princess and the Plea”.
Un ruolo particolarmente importante nel finale di stagione lo ricopre il personaggio di Lenny Bruce, interpretato dall’amatissimo Luke Kirby: non vi era traccia del comico maledetto sin dal finale della scorsa annata, nel quale si separava da Miriam dandole un consiglio che adesso assume tutto un altro significato. Parlando di relazioni ben scritte tra i personaggi della serie, quella tra Midge e Lenny è certamente tra queste: tra alti e bassi fin dalla prima stagione la donna ha visto nell’uomo un modello da seguire ma, allo stesso tempo, da cui guardarsi. Lenny è stato una specie di grillo parlante che suggeriva a Miriam il percorso giusto da seguire nella sua nascente carriera ma, come tutti i maestri, ha sempre portato con sé un lato oscuro. L’incipit di “Four Minutes” ci trascina nel 1965, all’inizio della fase discendente di Lenny – personaggio realmente esistito – che lo porterà al suicidio per overdose all’età di soli quarant’anni; i Palladino ci risparmiano il dolore di quell’evento e scelgono di fermarsi al racconto di un tentativo di Midge di salvarlo dal suo inferno, quello che si configura come un modo di “ricambiare” l’aiuto da lui ricevuto nel corso degli anni.
È davvero difficile trovare qualcosa da imputare alla quinta stagione di The Marvelous Mrs. Maisel, un’annata conclusiva che stupisce ad ogni episodio, soprattutto perché arrivava dopo una stagione che – pur mantenendo la solita brillantezza di scrittura che caratterizza lo show – era unanimemente considerata di passaggio. I coniugi Palladino salutano la loro creatura con un capitolo finale degno della storia della serie e che – molto probabilmente – la porterà a vincere altri premi. Quello di cui possiamo essere certi è che, in ogni caso, The Marvelous Mrs. Maisel sarà ricordata a lungo come una delle migliori serie tv degli ultimi anni.
Voto Stagione: 9
Voto Serie: 8 ½
Vista tutta d’un fiato dalla prima all’ultima stagione: fantastica, anzi marvelous! Amo particolarmente quel periodo storico, più o meno lo stesso dei favolosi Mad Men, qui assai ben rappresentato anche dallo stile che tanto mi ha ricordato i film della fidanzatina d’America Doris Day. Ma oltre a tutto quel che è stato detto da queste pagine, vorrei osare e aggiungere qualcosa perché questo show mi è sembrato anche e soprattutto un raffinato tributo all’estro, all’ironia, alla genialità, all’intelligenza delle donne e degli uomini ebrei statunitensi che a Hollywood e Broadway hanno dato e continuano a dare moltissimo. Che cinema sarebbe se non ci fossero autori come Spielberg, Allen, i Cohen o Brooks solo per citare i contemporanei?