Dopo il grande successo di The Mandalorian, la Lucasfilm e la Disney continuano a puntare sull’espansione narrativa del periodo che copre gli anni tra Il Ritorno dello Jedi e Il Risveglio della Forza: a pochi mesi dalla conclusione della terza stagione delle avventure di Din Djarin e Din Grogu, arriva su Disney+ l’attesissima Ahsoka, serie che vede al timone il pupillo di George Lucas, Dave Filoni.
Dopo un inizio in cui il fandom – come spesso accade – le ha rivolto molte critiche in seguito alla sua prima apparizione in The Clone Wars, a poco a poco Ahsoka Tano si è fatta strada nel cuore degli appassionati, diventando negli anni uno dei personaggi più amati. Il suo approdo in live-action interpretata da Rosario Dawson nell’episodio “The Jedi” di The Mandalorian, scritto e diretto proprio da Dave Filoni che più di tutti ha contribuito al successo del personaggio, era stato visto come uno dei momenti più memorabili della splendida seconda stagione, tant’è che da lì a poco è arrivato l’annuncio della serie dedicata a lei. Dalla fine del 2020 le cose sono però cambiate parecchio per quanto riguarda Star Wars: se all’epoca The Mandalorian aveva messo tutti d’accordo, le serie che l’hanno seguita e su cui c’erano grandi aspettative – The Book of Boba Fett e Obi-Wan Kenobi – hanno lasciato parecchio a desiderare (con l’eccezione dello splendido Andor), portando inevitabilmente buona parte della critica e del pubblico a mettere in dubbio tutto il progetto seriale legato alla galassia lontana, lontana.
Se a questo aggiungiamo il periodo di spending review imposto in casa Disney dal CEO Bob Iger – cosa che peraltro gli sembra riuscire benissimo dato che è uno dei grandi colpevoli che hanno portato agli scioperi di sceneggiatori e attori e al blocco totale di Hollywood -, è chiaro che Ahsoka arrivi in un momento storico non semplice, in cui, oltre a fare i conti con un pubblico che sembra perdere sempre più interesse in Star Wars, si ritrova sulle spalle il peso di dover rassicurare tutti sulla qualità effettiva di questo grande racconto condiviso e sulla sua effettiva sostenibilità economica. Le prime due puntate ovviamente non bastano per capire se Ahsoka sarà in grado di ristabilire l’equilibrio nella Forza, ma con un po’ di cauto ottimismo si può dire che ci sono tutti i presupposti per offrire ai fan qualcosa in grado di dimostrare che, se nelle mani giuste, Star Wars ha ancora la possibilità di stupire ed emozionare il pubblico senza ripercorrere sentieri già battuti e ribattuti. Certo, il suo essere così legata agli eventi di Rebels potrebbe essere un grosso ostacolo per molti e, nonostante un ottimo lavoro nel rendere chiari i rapporti tra i personaggi, l’impatto emotivo sarà inevitabilmente ridotto per i nuovi arrivati.
La storia di Ahsoka si ricollega dalle prime battute all’episodio “The Jedi” citato precedentemente; la protagonista è ancora alla ricerca di indizi per trovare il grande ammiraglio imperiale Thrawn, un compito che richiederà l’aiuto di vecchie conoscenze. È qui che entrano in gioco i personaggi di Rebels. Sotto molti punti di vista, Ahsoka è una chiara continuazione del cliffhanger del finale della serie animata, tant’è che la figura a emergere di più è Sabine Wren (interpretata da Natasha Liu Bordizzo). Come visto in alcuni trailer, in un momento non preciso tra Una Nuova Speranza e gli eventi della serie, Ahsoka ha deciso di insegnare le vie Jedi a Sabine, un percorso interrotto per motivi non specificati e che probabilmente emergeranno più avanti, soprattutto vista l’importanza che la tematica del maestro/apprendista sembra avere nella serie. La dinamica è infatti oggetto di studio anche grazie ai due antagonisti e new entry Baylen e Shin, personaggi che lasciano subito nel segno, merito di un’ottima scrittura, dell’alone di mistero che li circonda e delle interpretazioni di Ray Stevenson (che in The Clone Wars aveva prestato la voce a Gar Saxon) e Ivanna Sakhno.
Dave Filoni, autore di tutti gli episodi della stagione ma anche regista della prima puntata – la seconda invece è di Seth Green, che aveva già lavorato all’episodio di The Book of Boba Fett “The Tribes of Tatooine” -, si prende tutto il tempo necessario per permettere alle scene di respirare, senza quella frenesia spesso controproducente che ha caratterizzato la terza stagione di The Mandalorian. È un ottimo modo non solo per permettere ai personaggi di svilupparsi e gettare le basi per i loro percorsi, ma anche per aumentare il pathos nei duelli, che in questa doppia premiere sembrano usciti da un film di Kurosawa sui samurai. È una scelta che però non gioca sempre a favore della serie, e questo ritmo più pacato toglie un po’ di necessario dinamismo da alcune scene di dialogo, un problema che emerge di più nella prima puntata, visto il bisogno di fare un po’ di esposizione. Si tratta di una caratteristica che si era già vista, con risultati leggermenti diversi, anche nelle ultime due puntate scritte e dirette da Filoni nelle serie live action – “The Jedi” e “From the Desert Comes a Stranger”. Nulla però di così grave da rovinare la visione.
Visivamente siamo di fronte a un altro passo in avanti rispetto ad alcune delle serie citate prima, e i problemi che avevano per esempio Obi-Wan Kenobi e alcune parti più recenti di The Mandalorian sembrano per ora un lontano ricordo. C’è solo un leggero senso di déjà vu negativo in una sequenza girata in esterni, dove anche i costumi non proprio perfetti ricordano le scene su Alderaan della serie su Kenobi. Per quanto riguarda le ambientazioni, Filoni ci porta in giro per la galassia bilanciando molto bene location già conosciute con alcune new entry visivamente molto evocative e lontane dal non proprio bellissimo pianeta dove si nascondevano i Mandaloriani nella terza stagione di The Mandalorian. Sul fronte dei personaggi, il passaggio dall’animazione al live-action funziona molto bene grazie alle ottime interpretazioni, anche se il trucco di Hera (Mary Elizabeth Winstead) lascia un po’ a desiderare. È però forse un problema che potrebbe interessare chi ha conosciuto la Twi’lek attraverso Rebels; inevitabilmente il legame creato nell’arco di molte stagione con le controparti animate rende più difficile abituarsi alle versioni in carne ed ossa, ma il cast non sembra sentire eccessivamente il peso di questa eredità e facilita sicuramente il passaggio.
Uno degli elementi di spicco di queste due puntate è la colonna sonora di Kevin Kiner, un nome che a molti dirà poco, ma si tratta da ben quindici anni di una delle figure più importanti dell’animazione di Star Wars. Sono infatti sue le musiche di The Clone Wars, Rebels, The Bad Batch e Tales of the Jedi. L’approdo nel mondo live-action è un grande riconoscimento per un compositore che ha all’attivo decine e decine di ore di colonne sonore per oltre duecento episodi d’animazione di Star Wars. Kiner però sembra non sentire il peso di questa nuova responsabilità, e, così come prima di lui avevano fatto Ludwig Göransson e Nicholas Britell, già dalle prime note lascia il segno.
La doppia premiere di Ahsoka è dunque un ottimo biglietto da visita per la serie, che getta le basi per un racconto dal grande potenziale in grado di esplorare nuovi territori narrativi e mitologici in Star Wars. Oltre al ritmo non sempre ottimale, però, manca forse un momento clou di grande impatto come era stata l’apparizione di Grogu, qualcosa in grado di lasciare una forte impressione nei fan e di elevare le solide basi del progetto. Detto questo, siamo comunque di fronte a un ottimo inizio, e il fatto che il progetto sia nelle mani Dave Filoni ci lascia con la sicurezza che, anche se forse non soddisferà tutti, il futuro di Ahsoka porterà qualcosa di nuovo.
Voto 1×01: 7 ½
Voto 1×02: 7 ½
Direi “buone le prime!” Il racconto sembra intrigante e ovviamente anche qui il lato oscuro della Forza vince a mani basse anche grazie al povero Ray Stevenson, la cui improvvisa scomparsa qualche mese fa probabilmente costringerà Filoni ad un finale diverso. Ottimi gli effetti speciali, bellissime e dettagliate le navi e, finalmente, ci regalano anche dei droidi deliziosi.
Colgo l’occasione per ringraziare te, Ivan, per il consiglio che mi avevi dato tempo fa: ho divorato e amato le serie animate e in particolare proprio Rebels!
Ciao Boba Fett. 🙂 Mi fa molto piacere che ti sia piaciuto Rebels. Per quanto riguarda la scomparsa di Ray Stevenson, non penso che questo porterà a un cambiamento del finale, così come era stato The Last Jedi.
Devo dire che per me questi due episodi non hanno proprio cliccato, per un motivo principalmente: perché i personaggi che vedevo a schermo somigliavano fisicamente a quelli che ho amato in Clone Wars e Rebels, ma si comportavano in maniera completamente diversa. Ahsoka era testarda, divertente, spumeggiante, qua è diventata l’ennesima Jedi (che poi non lo sarebbe neanche) calma, saggia e noiosa. Giusto Sabine all’inizio mostra un po’ di quella mentalità ribelle che la caratterizzava… Ma finisce tutto lì. Non so, Rebels era divertente, questo l’ho trovato semplicemente noioso.
Angolo nerd: in The last jedi uno dei plot point importanti non era che i Ribelli non potevano tracciare le navu attraverso l’iperspazio? E qua invece viene fatto come se nulla fosse… Insomma, mi aspettavo di più da Filoni guardiano della continuity di Star Wars…
Ciao Terst. 🙂 Considera che l’Ahsoka che vediamo qui è in linea con quella che Filoni ci ha presentato nella puntata di The Mandalorian. Sono d’accordissimo che risulti diversa da quella di Clone Wars e Rebels, però non sappiamo quale evoluzione abbia avuto dopo essere stata salvata da Ezra. Spero vivamente che affrontino la cosa, per contestualizzare meglio il cambiamento.
Sul fronte tracciare le navi nell’iperspazio, in verità quello che vediamo qui è simile a quanto già visto in altri casi proprio in Rebels, perché avviene attraverso un dispositivo di localizzazione. In The Last Jedi la cosa sorprendeva Leia perché il Primo Ordine riusciva a farlo senza, per cui da un punto di vista della continuità tutto torna. 🙂