Che la prima stagione di Heartstopper sia stata una boccata d’aria fresca nel panorama seriale e rispetto al genere dei teen drama in toto è sicuramente indubbio. La prima tranche dello show – prodotto Netflix che adatta la serie di fumetti di Alice Oseman – presentava al pubblico personaggi coerenti e imperfetti, situazioni più che comuni in un’età complessa come quella adolescenziale, e lo faceva con un cuore pulsante che trainava lo spettatore episodio dopo episodio.
Come conseguenza, la seconda annata portava su di sé un carico enorme: risultare all’altezza della precedente, cementificare lo status del prodotto e continuare a raccontare le vicende dei personaggi in maniera coerente e interessante. Ben consci delle premesse, il prodotto di casa Netflix sarà riuscito a uscire indenne dal banco di prova della seconda stagione?
Elle & Tao
Uno degli elementi più interessanti della prima annata – nonché una delle storyline effettivamente ancora aperte – era costituito dal rapporto dolcissimo tra Elle e Tao, i due amici di infanzia che si ritrovavano ad essere sempre più vicini – e forse un po’ più consapevoli dei loro corpi e dei loro spazi – rispetto al quartetto di amici originario. La seconda stagione fa un ottimo lavoro nel creare la tensione necessaria al disvelamento dei loro sentimenti – riecheggiando, anche nella struttura degli episodi, la stessa tensione provata dallo spettatore per Nick e Charlie e il loro bellissimo primo bacio. Uno degli elementi più convincenti della costruzione del loro nuovo rapporto sta proprio nella riflessione sulla difficoltà nel fare un passaggio così importante (da amici ad amanti) e nel doverlo fare in un’età così densa di cambiamenti come quella adolescenziale.
La serie risulta particolarmente convincente proprio perché non evita di descrivere le paure tipiche di un salto nel vuoto così grande, e il primo appuntamento tra i due è ancora più denso di significati proprio perché realistico e difficile da vivere. Non si può dire lo stesso della parte finale della stagione, che anche nei loro confronti – e rispetto alla scelta di Elle di cambiare scuola – pecca di approssimazione e forse di un’eccessiva semplificazione degli avvenimenti. Nel contesto della stagione, il loro percorso ha comunque goduto di un’attenzione che ha portato ai risultati auspicati, rendendoli forse l’elemento più riuscito tra quelli presi in considerazione.
Charlie & Nick
Il cuore pulsante di una serie tanto intimista come Heartstopper sono i loro carinissimi protagonisti, Nick e Charlie, questa volta alle prese con una fase ben diversa della loro relazione: il momento in cui possono godersi la presenza l’uno dell’altro, senza particolari restrizioni. Il modo in cui la serie sceglie di raccontare l’ossessione di Charlie verso un coming out perfetto, la crescita di Nick, sia personale che nei confronti del suo ragazzo, sono temi affrontati con grande intelligenza. Tuttavia, proprio nei confronti dei suoi due protagonisti principali, le falle che hanno caratterizzato grossomodo l’intera seconda stagione si fanno ben più evidenti, soprattutto se paragonate al rollercoaster emotivo della prima.
Nel tentativo di raccontare l’evoluzione di un rapporto che è a tutti gli effetti alle prime battute, la narrazione sembra perdere un po’ di mordente: tanto nel modo in cui gli eventi vengono raccontati, che nelle vicende non sempre capaci di far presa sul pubblico, la sensazione generale è quella di non riuscire a creare situazioni effettivamente aderenti alla realtà. Il materiale per raccontare l’adolescenza queer attraverso i due personaggi è sempre valido, ma il risultato finale non risulta convincente come quello della prima annata, quasi si trattasse di una versione più edulcorata e idealizzata della realtà e che finisce per annullare molte delle complessità che potrebbero emergere dal rapporto tra i due ragazzi. Su tutti, l’episodio interamente dedicato al succhiotto e alle conseguenze tragiche che ne derivano – e l’aggettivo non è usato a sproposito – fanno emergere tutti i limiti che un contenitore del genere presenta rispetto alla trama che vorrebbe raccontare. Se risulta convincente e naturale l’espediente, lo è un po’ meno il fatto che nessun compagno di classe avesse del fondotinta da prestare per coprire il “danno”.
La relazione di Nick e Charlie procede nel corso della stagione con tanti scossoni che però sembrano tutti destinati ad appiattirsi, pur essendo affrontati e spiegati con un acume sicuramente notevole. A mancare è quel mordente e quel po’ di irrazionalità tipica degli adolescenti che renderebbero la serie più scorrevole, più avvincente e meno prevedibile. Proprio con la loro storyline Heartstopper inizia a mostrare i limiti intrinseci del suo tipo di contenitore, che sono strettamente legati alla storia e a come si decide di raccontarla.
Ma non ci sono solo occasioni perse, e uno degli elementi più convincenti della stagione è il discorso attorno al disturbo alimentare di Charlie, già preannunciato da alcune scene della scorsa annata. Si tratta a tutti gli effetti di un piccolo pezzo di trama che viene coltivato fin dai primi episodi e che assume sempre più preponderanza nel proseguio del racconto: il modo in cui Charlie riesce a parlare apertamente di questa situazione è uno dei momenti più toccanti della stagione, nonché dei più realistici. Lo stesso monologo finale strappa un po’ la patina fatata che ha caratterizzato tutti gli eventi, e rende particolarmente importante la descrizione del bullismo subito dal ragazzo. Entrambi gli attori riescono a far emergere le emozioni di un momento così sentito, e, anche se il finale non può ritenersi all’altezza degli ultimi dieci minuti della prima stagione, è veramente rinfrescante ottenere una prospettiva così veritiera dei loro rapporti e delle loro vite, ben lontane dall’essere idilliache.
Tara & Darcy
Un punto positivo di questa stagione è sicuramente caratterizzato dalla maggior attenzione rivolta alla coppia caposaldo della prima annata, Tara e Darcy. L’esplorazione del loro rapporto, e la crescita delle due nel corso dell’annata, aiuta a farle sentire parte integrante della narrazione e non una semplice aggiunta volta a creare più dinamiche negli episodi e nel gruppo. Nonostante nella prima parte di stagione non sembrino particolarmente allineate, l’evolversi del loro rapporto getta luce sulle loro personalità e contribuisce a renderle qualcosa in più che delle mere figuranti, bensì personaggi da cui possiamo aspettarci storie interessanti anche nel corso delle prossime stagioni. Anche nel loro caso permane una sensazione di poca aderenza alla realtà di alcune delle vicende narrate, ma il contrasto del racconto (il viola delle animazioni che raggiunge la casa di Darcy in seguito a una lite furiosa con la madre) rispetto ai toni e alle tinte pastello della stragrande maggioranza dei montaggi degli episodi crea un effetto più realistico che fa ben sperare per il futuro.
Isaac
La vera occasione mancata di Heartstopper, per diventare non solo una serie piacevole da guardare, ma un prodotto che ha qualcosa da dire e ha la giusta voce per farlo, è stato proprio il percorso affrontato da Isaac nel corso della stagione. L’occasione persa è purtroppo duplice e fa emergere appieno quanto Heartstopper abbia la capacità di ricercare la complessità dei rapporti sulla carta, ma anche quanto non abbia – e forse non avrà mai – la maturità stilistica e narrativa per fare un passo in una direzione diversa. L’argomento della solitudine nei teen drama è forse uno degli elementi più caratterizzanti questo genere così multiforme: è quasi impossibile trovare un esempio di un teen drama in cui tutti i personaggi non finiscano in una coppia di fatto o quasi, come se il binomio felicità-relazione fosse l’unica possibile chiave di volta per interpretare la realtà, inducendo all’idea che, qualora un adolescente non sia ancora riuscito a trovare quel “qualcuno di speciale”, abbia qualcosa che non va. Si tratta sicuramente di un tipo di narrazione che è anche consequenziale al medium televisivo, ma che trova corrispettivi anche negli young adults, nella letteratura; Heartstopper fallisce nell’essere rivoluzionario proprio perché non coglie la possibilità di fare una valutazione più approfondita e onesta di cosa voglia dire sentirsi altro rispetto ad un gruppo, di cosa voglia veramente dire non sentire la necessità di avere qualcuno al proprio fianco, o l’inadeguatezza (nel caso di Imogen) nel non avere una persona speciale, quando il tuo intero gruppo di amici è formato da coppie.
Nel caso specifico di Isaac, la questione si intreccia strettamente a quella della scoperta dell’asessualità, ed è proprio per questo che si tratta di un’occasione mancata in modo duplice. Sarebbe stato molto interessante sentire in modo approfondito quanto Isaac percepisce di sé, ma il modo in cui la serie racconta la sua rivelazione appare troppo calato dall’alto, e sembra quasi relegato in secondo piano rispetto alle esigenze di avere determinati montaggi in cui tutti sono felici di stare al ballo e di condividere esperienze con le proprie metà. La decisione di trasformare il ballo di fine anno in una serata a casa di Nick è indice di quanto la serie sia consapevole di poter affrontare queste tematiche in modo nuovo e diverso rispetto al tracciato finora solcato dai teen drama, ma sembra evidente che sia mancata la maturità stilistica necessaria per dedicarvi un episodio scritto con la volontà di raccontare unicamente Isaac, in coppia con se stesso e i suoi libri.
Nel complesso, la seconda stagione di Heartstopper si riconferma un prodotto carino e bello da guardare, un contenitore che funziona – in base a quanto lo spettatore si aspetta di vedere in un racconto del genere – e che dimostra quanto i teen drama abbiano in sé un potenziale narrativo immenso per poter raccontare una realtà multisfaccettata. Tuttavia, è evidente che la complessità sulla carta non si riesca a tradurre in un’ottima resa narrativa, mettendo un po’ il freno alle potenzialità che questa storia porta con sé. Una prova superata solo per metà, che conferma quanto di buono c’era nella prima stagione e quanto di più si potrebe fare per analizzare le complessità della realtà odierna.
Voto: 7-
Il problema di questa serie è che, a prescindere dal forte elemento LGBT, è per nulla dirompente e anticonvenzionale. Ricalca tutti gli stereotipi dell’amore adolescenziale immaginato nelle serie yaoi/het scritte per le ragazzine, le pulsioni sessuali sono azzerate (e non c’entra la censura), la scrittura man mano che si procede diventa sempre più piatta e da PSA americano, pur essendo in Inghilterra. Non sarebbe stato difficilissimo lasciare i messaggi positivi pur alzando l’asticella, ma evidentemente è più rassicurante descrivere un mondo inesistente con personaggi che parlano come se da un momento all’altro potessero guardare in camera e dire “ragazzi, cercate l’amore, rifiutate la droga”. E c’è infine la più grande problematica di tutte: la recitazione. Se riuscissero a vendermi i dialoghi da film Hallmark potrei trovare carino anche ciò che è stucchevole, ma, purtroppo, “the bar is in hell”. Non si contano le volte in cui i dialoghi sono interpretati con esaltazione o tristezza poco credibile, sgranando gli occhioni e rispondendosi a mitraglia prima ancora di aver assimilato ciò che l’altro attore ha detto. Non c’è un regista a dare indicazioni? Per me Heartstopper non aggiunge nulla che non sia già stato detto e fatto, spesso meglio, in mille altri show adolescenziali, ed è solo un rassicurante prodottino che poggia le sue basi sui reblog su tumblr e Twitter di persone tra i 13 e 20 anni. Vedere Olivia Colman farne parte mi deprime. Il 7- non è generoso, è un regalo meraviglioso per un’operazione che non ha nulla di genuino in sé.
Ciao Lana, innanzitutto grazie per aver letto la recensione e per aver lasciato il tuo commento. In linea di massima mi trovi concorde sulla derivazione spiccatamente stereotipata da tutta una serie di prodotti che si trovano online, anche se per me Heartstopper assomiglia molto di più a una fanfiction che ad uno yaoi (ricordo di aver pensato che alcune delle scelte stilistiche della prima stagione mi facevano pensare a Sasaki to Miyano, un BL uscito l’anno scorso!). Per il resto delle considerazioni, ti direi che trovo la recitazione normale, e che Olivia Colman ne faccia parte non mi deprime per nulla, ti dirò (grazie a lei abbiamo avuto la bellissima scena del coming out che chiudeva la scorsa stagione). A mio parere c’è bisogno di prodotti come Heartstopper, anche solo per scacciare la maledizione di bury your gays (lo scrissi anche nel pezzo consiglio dell’anno scorso). Questo non vuol dire che non mi aspettassi qualcosa di diverso e in più da questa stagione, e nonostante il quadro generale per me abbia una sua funzione e risponda ad un’esigenza specifica, è stata una “delusione” rispetto alla prima stagione. Concordo sulla prospettiva espressa sulle pulsioni sessuali, per me in quell’ambito c’è da fare un grande lavoro!
Alla prossima!