Mad Men – 5×10 Christmas Waltz 2


Mad Men - 5x10 Christmas WaltzUn episodio di Natale a maggio può avere un sapore inaspettato. Può mostrare l’altro lato delle cose, la metà non illuminata, la sabbia sotto il tappeto. Mad Men mette da parte l’aspetto celebrativo della festa per mostrarne il suo rovescio, il simulacro deforme di una ricorrenza tanto identitaria quanto straniante.

The Christmas Waltz è una canzone scritta da Sammy Cahn e Julie Styne, resa celebre da Frank Sinatra nel 1957 e cantata da Doris Day in una delle scene più emozionanti del film – non si poteva pretendere che dopo aver speso 250.000 dollari per comprare Tomorrow Never Knows l’AMC comprasse i diritti della versione del cantante italo-americano. Il brano dà il titolo a un episodio che porta con sé un notevole quantitativo di novità, sia per ciò che riguarda il registro stilistico, sia per le storyline che costruisce, foriere di depressione ed emblematiche di una condizione, esistenziale e sociale al contempo, tutt’altro che vivace. Si assiste al ritorno di Lane al centro dello schermo (e dell’episodio) che va a colmare un’assenza diventata ormai troppo pesante; ad uno spaccato storico mostrato tramite l’approfondimento di un personaggio minore; e infine allo svisceramento di due tra le personalità più complesse e affascinanti della serie, quella di Don e quella di Joan.

  • These numbers are very positive!”

  • They are projections. They derive from reality, but they are hopes and dreams”

Mad Men - 5x10 Christmas WaltzLa premiere della quarta stagione di Mad Men iniziava con una domanda: “Who is Don Draper”? Dopo quest’episodio ogni spettatore è spinto a chiedersi: “Who is Lane Pryce”? Il personaggio più enigmatico della serie subisce in quest’occasione un profondo scavo all’interno della propria vita privata, della propria condizione lavorativa, nonché del proprio essere inglese in terra statunitense. Ebbene, fino a questo momento ciò che lo ha sempre caratterizzato, sin dalla sua comparsa, è stata l’integrità tipicamente british, l’etica di un uomo per cui l’apporto valoriale ha sempre fatto da pedana alla vita da professionista newyorkese. Naturalmente a questo frangente si sono, volta dopo volta, affiancati altri tasselli pronti a comporre come un mosaico il ritratto caratteriale del personaggio (cubista come i suoi lineamenti), ma senza mai oscurare la profonda abnegazione ad uno stile di vita ostinatamente retto. Sorprendentemente troviamo il contabile della SCDP sommerso dai debiti, e alle prese con le imminenti festività natalizie, le cui spese appaiono come un incubo ineludibile.

Disperato, Lane perde la bussola, mostra chiaramente una contaminazione in stato avanzato che lo sta trasformando in un uomo diverso. Vivere a Manhattan nel 1966 è sicuramente il sogno nel cassetto di molti, ma è anche la strada verso un universo in cui l’ideologia del consumo può trasformarti, risucchiarti in un vortice di cui si è sempre più assuefatti. Per questo motivo cerca e trova (ma a quale prezzo?) prestiti last minute, falsifica assegni con la firma di Don, fa il doppio gioco con i suoi colleghi, così come con sua moglie, offrendosi all’occhio spettatoriale spogliato di ogni virtù. Per il momento sembra essere riuscito a coprire le tracce delle proprie azioni, ma la sensazione è che in agenzia la situazione possa esplodere da un momento all’altro.

  • I’m trading the only thing I have”

Mad Men - 5x10 Christmas WaltzIl 1966 è per New York ancora un anno di profonda confusione. Non siamo a Berkeley, le orde di studenti in protesta si vedono più nei telegiornali che nelle strade, il libretto rosso di Mao è assente dagli orizzonti assiologici della maggior parte dei cittadini. Il contesto in cui Mad Men è ambientato poi non incentiva il cambiamento, non ne alimenta la diffusione, ma anzi si pone come una sacca di resistenza. Lo spaccato storico questa volta riguarda nuovamente il rapporto tra presente e futuro, ma è declinato attraverso una delle più radicali tendenze apparse, soprattutto negli ambienti più estremi della Grande Mela, in quel periodo: il mito dell’India e degli Hare Krishna.

A differenza delle altre occasioni, in cui l’analisi del quadro storico era effettuata attraverso la parabola di uno dei personaggi principali che, incrociando la sua sfaccettata personalità con l’esistente, fungeva da vettore di conoscenza storica, in “Christmas Waltz” il personaggio deputato a questo compito è Henry Crane, tutt’altro che principale e di cui si conosce ben poco. Non solo, egli è stato trattato fino a questo momento principalmente attraverso un registro ironico, assumendo volta dopo volta toni sarcastici e più spesso ridicoli o patetici.

Con lui ricompare (sembra solo occasionalmente) una vecchia conoscenza di Mad Men, Paul Kinsey, ex copywriter della Sterling/Cooper dalle tendenze spiccatamente liberal e fuoriuscito dall’agenzia al termine della terza stagione. Dopo una telefonata Henry raggiunge Paul per un incontro e stenta a riconoscerlo: l’ex collega è fisicamente trasformato dalla scelta di diventare un discepolo del Hare Krishna movement (di cui segue tutti i precetti), che proprio in quell’anno si afferma grazie al maestro Srila Prabhupada. Henry partecipa ad una seduta collettiva dove conosce Mother Lakshmi, avvenente donna che userà il suo corpo per convincerlo a far parte del movimento.

Questa storyline è la più debole dell’episodio, perché se da un lato offre molti spunti sulla figura di Henry Crane, dall’altro sconta la poca credibilità del medesimo nell’essere, in questo caso, testimone della Storia.

  • “I can drive, you can stay”

Don e Joan sono due tra i personaggi generativi della serie, sicuramente quelli che, per motivi diversi, si sono conquistati più attenzione mediatica. Le loro traiettorie in quest’episodio partono parallele per poi collidere, proseguendo a braccetto sull’onda dell’affinità, accompagnati da un’intesa che tutti sapevamo essere possibile, ma che fino ad ora raramente aveva dimostrato le sue potenzialità.

Mad Men - 5x10 Christmas WaltzJoan è una donna forte, capace di emanciparsi in un mondo maschilista e sessista, una donna non più giovanissima e incapace di salire quell’ultimo gradino verso l’autodeterminazione: la paura di invecchiare sola l’ha spinta a sposare un uomo che non ha mai amato. Quest’uomo dopo vari litigi ha chiesto il divorzio e Joan si sente mancare il terreno sotto i piedi, cade in un abisso di sfiducia e tristezza rispetto a un presente in cui si vede forte come sempre, ma forse non abbastanza per ripartire da zero con un figlio a carico. Di lei ci viene detto anche, questa volta esplicitamente, che il vero padre del bambino è Roger, tutt’altro che un genitore ideale, intento a sbronzarsi per festeggiare l’anniversario di Pearl Harbor.

Don è in una fase estremamente complessa della propria vita, sentimentale e lavorativa. E’ immerso in una nebulosa all’interno della quale si alternano senza un ordine coerente momenti di soddisfazione a momenti di frustrazione per via di un rapporto, quello con Megan, di sempre più difficile interpretazione. Lei lo porta a teatro a vedere America Hurrah, satira in tre atti sul consumismo e sulla borghesia americana visti dal punto di vista della controcultura. Dopo vari attacchi al mondo della pubblicità Don sembra sempre più provato e, arrivati a casa, il litigio tra i due sposi è inevitabile. Le frecciatine che si rivolgono offrono il grado di tensione di una relazione che, nonostante momenti di intensa gioia, è pronta ad esplodere in qualsiasi momento. La verità è che Don è più fragile: il discredito della pubblicità – che parta da un attore teatrale o dalle labbra di sua moglie – lo ferisce perché il lavoro per lui non è più taumaturgico come un tempo, perché Megan gli ha contagiato un’insofferenza verso un ambiente che un tempo dominava.

Sembra scritto nel destino che Don e Joan debbano incrociarsi, debbano passare un pomeriggio insieme fatto di evasione e di vizi, carico di quel consumismo tanto ostile a Megan e al suo ambiente, ma tanto efficace a lenire le pene di due individui carismatici eppure alla deriva. Il loro incontro al bar sembra fuori dal tempo e dallo spazio, intriso di romanticismo, di un amore platonico che non può non rimanere tale tra due personaggi troppo simili per poter incastrarsi. Ma è proprio la loro somiglianza, la loro enorme aura che dà luogo ad un’atmosfera crepuscolare al limite tra sogno e realtà, un sogno d’amore impossibile e proprio per questo meraviglioso.

Un episodio strano, sbilanciato, che ha nella storyline di Crane l’unica scelta infelice di questa quinta stagione, ma che nei passaggi che vedono protagonisti Don e Joan incanta ad ogni inquadratura.

Voto: 8,5

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


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2 commenti su “Mad Men – 5×10 Christmas Waltz

  • xfaith84

    io ho trovato la puntata un po’ male orchestrata. cioè, non saprei nemmeno che voto dare, perché tutta la parte con don e joan vale il prezzo del biglietto, quella di lane getta le basi per sviluppi futuri niente male, ma tutto il resto non mi ha fatto proprio impazzire. Poi va beh, rimane il fatto che sia Mad Men e che questa sia una stagione strepitosa, quindi il mio “non mi ha fatto impazzire” vuol dire che comunque rimane un puntatone rispetto al resto delle serie XD però forse è la prima puntata che non mi lascia completamente soddisfatta.

     
  • Attilio Palmieri L'autore dell'articolo

    Sono d’accordo. Forse più che mal orchestrata, risente della poco felice scelta della vicenda Hare Krishna. Ce n’era proprio bisogno di rivedere Paul Kinsey? In quelle condizioni poi… Sono convinto però che tutto risenta della scelta seguire Henry. In questo modo anche il contesto assume le sembianze macchiettistiche del personaggi. Forse però è una scelta consapevole: visti la disaffezione con cui gli autori di Mad Men trattano certe forme radicali politiche e sociali (è capitato con gli hippie ma non solo), può essere che la scelta di Henry sia funzionale al trattamento che si vuole dare al contesto.
    Rispetto al voto da dare anche io ero in difficoltà. Se ci fossero state solo la parte di Lane e quella con Joan e Don sarebbe stato un indiscutibile 10. Lane porta con sé una complessità ricca di spunti e Don e Joan, beh, credo che non servano parole… quei due bucano lo schermo.
    Ho cercato di fare un media ragionata.