Le Serie TV 2023 da non perdere – Prima Parte


Le Serie TV 2023 da non perdere - Prima PartePer tanti anni (dodici!) all’arrivo di ogni festività natalizia abbiamo pubblicato le classifiche con le nostre serie TV preferite; abbiamo cercato di seguire l’evoluzione della serialità (all’inizio parlavamo di drama e comedy, poi anche di dramedy, per arrivare alla fine a delle classifiche senza distinzione di genere), abbiamo aggiustato il tiro (i Flop sono durati cinque anni) e anche adesso ci è sembrato giusto rivedere un po’ la situazione e trarne qualche conclusione. Ha ancora senso parlare di classifiche, quando là fuori ci sono così tante serie che nessuno di noi è in grado di vederle tutte? Di certo è molto divertente dibattere sui reciproci podi, anche se poi la conclusione è sempre la solita: tolte alcune caratteristiche tecniche, tutto il resto si basa su una soggettività che non può essere messa in discussione – né la nostra, né la vostra. Quindi abbiamo pensato: e se fosse questa la chiave di tutto?

 

Se fosse davvero la soggettività, ciò che piace a ciascuno di noi, il criterio con cui parlare delle serie TV di questo 2023? Non le serie migliori, le nostre posizioni d’oro, d’argento e di bronzo, ma quegli show che vorremmo consigliare, quelli che secondo noi sono validi e che non vorremmo che vi perdeste: dei consigli, quindi, da questa serialità 2023, senza primi o ultimi posti. Abbiamo optato per questa soluzione, che speriamo apprezzerete: in base ai consigli dei nostri redattori e delle nostre redattrici, quest’anno vi suggeriamo la visione di 24 serie, che saranno divise in due articoli da 12. Nessuna prima posizione, ma anche nessun ultimo posto e soprattutto nessuno show fuori dalla classifica: non è forse questa la più bella favola di Natale?

Ecco qui, con un ordine assolutamente casuale, le prime 12 serie consigliate dalla Redazione di Seriangolo!
Nei commenti potete farci sapere se avete visto questi show, se vi sono piaciuti e se li consigliereste anche voi!

  • Poker Face – Peacock

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Poker Face, show di Peacock creato da Rian Johnson e con Natasha Lyonne protagonista (ma anche sceneggiatrice e produttrice esecutiva), è arrivato all’inizio di questo 2023 con un obiettivo per nulla semplice: portare una ventata d’aria fresca al genere murder mystery prendendo ispirazione da quegli show che si guardano con ammirazione ma che si vogliono superare. “Innovare un genere dall’interno” è un fenomeno noto in questi ultimi anni, ma non sempre i risultati riescono a raggiungere le intenzioni: in questo caso le avventure di Charlie Cale – una donna dalle straordinarie abilità deduttive, nonché rilevatrice umana di bugie – colpiscono nel segno contro ogni previsione. La serie segue infatti una struttura procedurale, in cui ogni puntata mostra un caso diverso, con una importante ma sottile linea orizzontale; in ogni episodio Charlie si trova volente o nolente al centro di un crimine e incapace di ignorare le bugie che incontra strada facendo durante la sua fuga attraverso gli Stati Uniti – svelare gli inganni delle persone sbagliate comporta inevitabili conseguenze. Seguendo una struttura che, a partire dalla sigla, richiama volutamente Columbo (il noto show con protagonista Peter Falk), la serie non si configura come un classico “whodunit”, in cui bisogna capire chi è il colpevole, ma come un “howcatchthem”: all’inizio di ogni puntata assistiamo al crimine e solo dopo scopriamo la presenza di Charlie in quel contesto. Il fulcro del racconto si trova proprio nel modo in cui la protagonista, aiutata di volta in volta da persone diverse, riuscirà a risolvere il caso. Grazie a una scrittura impeccabile, che riesce a non annoiare nonostante lo schema ripetuto, a una protagonista magnetica come Natasha Lyonne, a tantissime guest star e alla fusione del mystery con il road trip, Poker Face ha aperto l’anno nel migliore dei modi possibili, conquistandosi il rinnovo per una seconda attesissima stagione.

Federica Barbera

  • Yellowjackets – Showtime

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Si torna tra i ghiacci del Canada a metà degli anni ’90 e nel freddo dell’anima delle protagoniste oggi sopravvissute: anche quest’anno, Yellowjackets si è dimostrata una delle serie di spicco, giunta alla sua seconda stagione. La serie passa a pieni voti l’esame della seconda annata, continuando l’ottimo lavoro svolto con la prima. Anche se l’effetto sorpresa (sia di meraviglia che di vero e proprio disgusto per alcune scene) non è per forza di cose forte come nella prima stagione, Yellowjackets si dimostra ancora un prodotto valido e molto intrigante da seguire, merito anche delle ottime protagoniste, specialmente quelle in età adulta. Se vi piacciono le storie mystery che sfociano nel thriller e finanche nell’horror, questa potrebbe essere la vostra serie manifesto: non solo è interessante cercare di capire come le ragazze siano sopravvissute davvero, ma anche vedere gli effetti di un evento di trent’anni prima continuare a propagarsi come uno tsunami sul mondo di oggi. Se vi siete persi la prima stagione recuperatela subito: avrete così a disposizione 19 episodi per passare le buie e fredde serata di fine e inizio anno immersi nel mistero, in compagnia di una squadra di calcio femminile che dovrà far fronte al disastro di un incidente aereo, alle foreste del Canada e forse anche a qualche presenza mistica non meglio identificata. Già vi vediamo, sotto la copertina, con una mano impegnata a reggere una fetta di panettone e l’altra pronta a coprirvi gli occhi nelle scene più paurose, o a coprirvi la bocca nelle scene più WTF. Perchè Yellowjackets è così: preparatevi anche a degli estremi che non vi aspettate.

Stefano Porta

  • The Marvelous Mrs. Maisel – Amazon Prime Video

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La quinta stagione è l’ultima annata di The Marvelous Mrs. Maisel, quella che si concentra su come finalmente Midge trova il successo e a che costo riesce ad ottenerlo. La stagione è costruita su due livelli narrativi che si muovono paralleli: si parte dal dopo, cioè dalla rappresentazione di dov’è arrivata la comica americana, per poi mostrare i passi che hanno condotto la donna a quel punto. La scrittura dei coniugi Palladino si mantiene di altissimo livello e, nonostante qualche scelta forse discutibile, ci permette di vedere l’evoluzione di una protagonista tutt’altro che stereotipata o perfetta nei suoi comportamenti: anzi, Midge ottiene quello che vuole attraverso atti di puro egoismo ed egocentrismo. Accanto a Midge c’è poi un vasto universo di personaggi secondari (spesso veri e propri co-protagonisti), tutti con le loro vicende sempre al limite dell’assurdo e del paradossale. Questa ultima annata non può che lasciarci con l’idea di aver seguito una delle serie più divertenti degli ultimi anni, che ha saputo rappresentare un’epoca a partire dalla sua atipica protagonista, ma che al contempo ci ha mostrato la durezza e le sfide di chi vuole andare oltre ai ruoli prestabiliti dalla società e che cosa dev’essere disposta ad affrontare per farcela.  Questa quinta e ultima stagione è quindi immancabile per chi ha seguito le avventure di Midge fino a questo momento, ma è un’ottima occasione per chi non ha mai seguito la serie per recuperare questo piccolo gioiellino di Prime, che ha confermato l’elegante scrittura dei Palladino e il talento unico della protagonista Rachel Brosnahan.

Mario Sassi

  • The Great – Hulu

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Ormai nota per il suo inconfondibile mix di satira, black humor e strizzate d’occhio al presente, The Great – la dramedy ispirata alla vita di Caterina la Grande creata da Tony McNamara – si conferma come un’efficace operazione di attualizzazione del materiale storico, che investe dialoghi, musiche e tematiche trattate senza però edulcorare gli aspetti più crudi e disgustosi del tempo.  I punti di forza dello show continuano a essere sia il tono irriverente e tragicomico con cui viene descritta la vita di corte, sia la costruzione dei personaggi, i quali, seppur delineati con tratti quasi caricaturali, conservano una profonda umanità. L’ottimo lavoro fatto in questo senso emerge soprattutto nella seconda metà della stagione, in cui i protagonisti – Catherine in primis – si trovano a fare i conti con un tragico evento che sconvolge gli equilibri politici e personali della corte. Catherine prosegue il suo accidentato percorso di modernizzazione della Russia, comprendendo sempre più a fondo che gli alti ideali a cui si ispira spesso non sono immediatamente applicabili al contesto in cui si trova, schiacciata com’è tra il conservatorismo dell’aristocrazia e la disperazione del popolo, che fatica a comprendere e ad abbracciare la sua filosofia. McNamara dipinge così abilmente le contraddizioni della protagonista e dell’assolutismo illuminato a cui aspira, evitando soluzioni di comodo e anzi, andando a sviscerarle in maniera spietata e al tempo stesso esilarante. Nonostante il progetto dell’autore prevedesse la realizzazione di ben sei stagioni, questa tornata di episodi ha purtroppo rappresentato la conclusione definitiva dello show. Malgrado lasci un po’ di amaro in bocca per il mancato prosieguo della serie, il finale immaginato da McNamara riesce comunque a rendere giustizia al percorso di Catherine, celebrando l’inizio di una nuova fase della sua vita di donna e di Imperatrice di Russia.

Simona Maniello

  • Succession – HBO

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In un’epoca storica per il piccolo schermo in cui, grazie soprattutto all’arrivo delle piattaforme di streaming, si è visto un incremento nella qualità (e quantità) delle produzioni televisive, è curioso come, nonostante la grande varietà di offerta, alla fine dei conti a uscirne vincitrice è sempre HBO. Con la sua quarta (e ultima) stagione, Succession ha confermato di essere la miglior serie degli ultimi anni, una vera e propria pietra miliare della televisione, che più di ogni altro prodotto visto nel 2023 (e dal 2018 a questa parte) ha saputo raccontare la schizofrenia dell’uno percento e degli Stati Uniti attraverso la ricca e problematica famiglia Roy. Forte di un cast di altissimo livello che annovera, tra gli altri, Brian Cox, Jeremy Strong e Alexander Skarsgård, di una writers’ room sempre in gran forma guidata da Jesse Armstrong e di una squadra di registi a cui non può mancare l’ormai fedelissimo Mark Mylod, la serie riesce nell’arduo compito di bilanciare momenti di altissima commedia ad altri di puro dramma familiare, in cui spesso e volentieri il cringe la fa da padrone. Con uno stile di regia più simile alle workplace comedy come The Office, Succession ci porta dritti nel cuore delle lotte di potere dei Roy, in cui i papabili eredi al trono prima si odiano, poi si allenano, poi si odiano di nuovo, incapaci di uscire dall’ombra del padre Logan, in giochi di potere che ricordano un altro pezzo da novanta di HBO, Game of Thrones. Inutile dirlo, Succession mancherà tantissimo, e ora che la Peak TV sembra arrivata all’inevitabile fase di declino dopo anni e anni di crescita, diventa ancora più difficile immaginare qualcuno che sarà in grado di prendere il posto, nel cuore degli spettatori, del capolavoro di Jesse Armstrong.

Ivan Pavlović

  • Mrs. Davis – Peacock

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Fede e tecnologia: è su questo binomio che si sviluppa la miniserie di Damon Lindelof e Tara Hernandez andata in onda su Peacock e purtroppo ancora inedita in Italia. Più nello specifico, cosa accomuna il credere nell’esistenza di un’entità invisibile capace di intervenire attivamente nella propria vita e l’interfacciarsi con un’intelligenza artificiale super sviluppata e pervasiva in ogni ambito del mondo? Il confronto è audace ma i due autori – già insieme nell’adattamento televisivo di Watchmen – non si tirano indietro e costruiscono una storia assurda che ruota intorno al personaggio di suora Simone – una straordinaria Betty Gilpin (GLOW, Gaslit) – e la sua quest per trovare il sacro Graal, tra complotti all’interno delle gerarchie Vaticane, strani spot che pubblicizzano sneakers e uno scienziato di nome Schroedinger con il suo gatto domestico. Il villain della storia è proprio un’intelligenza artificiale – la Mrs. Davis del titolo, ma fuori dagli Stati Uniti assume nomi diversi – che è ormai parte integrante della vita dell’umanità, talmente assuefatta al suo comodo dominio (che garantisce pace e prosperità) da “prestarsi” per lei come proxy affinché possa manifestarsi nel mondo fisico. Nel variegato cast della serie tra gli altri si segnalano Jake McDorman (Limitless), Andy McQueen (Station Eleven) e Elizabeth Marvel (House of Cards, Homeland). Mrs. Davis è tanto folle e divertente quanto stratificata e profonda nel trattare i suoi temi: in un’annata decisamente povera di novità e serie originali come il 2023 non c’è stato un altro show così coraggioso e riuscito. Ancora una volta Damon Lindelof dimostra di essere un autore pieno di idee e i suoi lavori, che possono piacere o meno, hanno sempre qualcosa di interessante da dire.

Davide Tuccella

  • A Murder at The End of The World – FX Hulu

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Fra i prodotti più affascinanti di questo anno seriale è impossibile non nominare A Murder at the End of The World, la miniserie ideata da Brit Marling e Zal Batmanglij, tornati in gioco dopo diversi anni dalla fine di The OA. Disponibile su FX e Disney+, la miniserie inizia il suo percorso nelle vesti di un classico murder mystery ma, nell’immergersi nell’intricato mosaico della sua trama, diventa presto chiaro che c’è molto di più oltre lo svelamento dei segreti che si nascondono dietro un misterioso omicidioA Murder at the End of the World colpisce, infatti, per la peculiarità della sua scrittura che, attraverso la messa in scena di questi misteri, si spinge verso temi che trascendono l’elemento crime esplorando argomenti incredibilmente affascinanti come l’intelligenza artificiale e il cambiamento climatico, entrambi analizzati tenendo conto del loro inarrestabile impatto sull’umanità. Ma non solo: A Murder at the End of the World presenta uno stile narrativo assolutamente peculiare capace di farci stare con gli occhi incollati allo schermo per il magnetismo e la complessità dei suoi personaggi principali (rappresentati dalla coppia interpretata da Emma Corrin e Harris Dickinson) ma anche per un’estetica irresistibile, che sfrutta i paesaggi splendidi e sconfinati dell’Islanda per donarci un’atmosfera capace di sottolineare la solitudine e i tormenti della sua protagonista e, al tempo stesso, la fredda alienazione e la paura provate dai personaggi una volta posti di fronte all’ineluttabilità della morte. Insomma, quello di Brit Marling e Zal Batmanglij è un progetto indubbiamente ambizioso che però è riuscito a vincere la sua scommessa, mettendo in scena un prodotto davvero unico nel suo genere e che vale assolutamente la pena di guardare.

Denise Ursita

  • Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo – Netflix

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Cosa può fare il mondo per incattivirci? Quanto può deluderci la società che ci circonda, prima di spezzarci? E quando siamo certi della nostra integrità, cosa fare quando saranno gli altri a rivelarci che forse non eravamo così infallibili, e che il mondo fuori si muove a nostra insaputa? Dopo il successo di Strappare Lungo i Bordi, la seconda fatica seriale di Michele Rech è un racconto di più ampio respiro, ma non abbandona l’introspezione del suo protagonista e creatore, che si mette a nudo non più solo di fronte a se stesso ma anche al mondo esterno, immerso in una realtà con cui è sempre più difficile fare i conti. L’apertura di un Centro di Accoglienza per migranti nel quartiere di Tor Sta Ceppa (simbolo per tutte le “Tor” di Roma che sin dal 2014 sono stati teatro di scontri) diventa un motivo di conflitto con il piccolo mondo di una periferia dal nome fittizio, ma reale per moltissimi aspetti. Gli eventi travolgono Zerocalcare, Secco e Sarah (i protagonisti già della prima serie) fra un passato irriconoscibile e un destino oramai incerto; ognuno di loro affronterà le incertezze esistenziali in maniera diversa e sfaccettata. Uno dei più celebri fumettisti contemporanei italiani si conferma capace di essere il protagonista del suo racconto senza monopolizzarlo; Zero tenta di aiutare gli altri e i suoi sforzi sono genuini, ma uno degli ostacoli proposti dalla serie è il non essere abbastanza per essere come si vorrebbe. Questa è una vicenda profondamente umana, raccontata con tutta la delicata veracità di cui Michele Reich è capace.

Massimiliano Barberio

  • Gen V – Amazon Prime Video

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L’ennesimo racconto di supereroi che salvano il mondo? Non proprio quello che propone Gen V, spin-off del celebre The Boys collocato in quell’universo in cui i supereroi non lo sono nel senso comune del termine; con Gen V assistiamo al racconto di giovani super alle prese con i propri poteri ma soprattutto con se stessi. Attraverso un ottimo lavoro di scrittura dei personaggi e allo spostamento di focus tra essi, abbiamo modo di esplorare il mondo di Eric Kripke sotto una luce nuova: troviamo così una varietà di tematiche che spaziano dall’autolesionismo al rapporto conflittuale genitori-figli, fino alla fluidità di genere. Ampio spazio viene dato ai caratteri e ai traumi personali dei protagonisti, approfondendone la sfera interiore fino a porre i giovani super su un piano più umano; infatti, oltre al percorso di comprensione dei poteri e alla responsabilità che ne deriva, viene mostrata la fragilità dei protagonisti e il relativo sviluppo, sia come super che come umani. I ragazzi si trovano in più situazioni a dover scegliere la cosa giusta da fare per il bene proprio e altrui, facendo i conti con il desiderio di affermazione e rivalsa che li accomuna. L’universo della serie originale non viene snaturato ma anzi arricchito da questo spin-off, che mantiene lo standard irriverente che ci è molto caro e che ha contribuito al successo di The Boys, senza però copiarlo. Vengono conservati egoismo e ipocrisia, gusto splatter e colpi di scena, ma troviamo un carattere unico in Gen V, che sta in piedi con appoggi solo funzionali alla serie madre e offre una visione scorrevole e godibile, con la promessa di un futuro dall’altrettanto alto potenziale.

Alice Tagini

  • Shrinking – AppleTv+

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Harrison Ford (Paul) e Jason Segel (Jimmy) guidano Shrinking, la nuova dramedy di casa AppleTv, e lo fanno con uno sguardo fresco ed accattivante sulla realtà e sulla gestione del lutto. La storia principale segue il cammino di Jimmy, terapeuta alle prese con l’incapacità di gestire le sue stesse emozioni, e nello specifico il lutto della perdita della moglie. Dopo aver cercato per un anno di non considerare quanto accaduto, Jimmy si rende conto che è arrivato il momento di cambiare rotta: nel farlo, parte con il cambiare approccio con i suoi pazienti e inizia a essere un terapista molto più diretto e senza peli sulla lingua. Nonostante le premesse piuttosto semplici, la storia risulta solida e il cast di comprimari contribuisce a rendere il racconto credibile e fluido; nota all’occhiello è la performance di Harrison Ford e il tenero rapporto che lega il suo personaggio alla figlia di Jimmy, Alice. Shrinking ha il merito di raccontare una storia semplice attribuendole una ventata d’aria fresca: pur trattandosi di una serie di situazioni piuttosto prevedibili, la sensazione prevalente è quella di aver assistito a una rappresentazione piena di cuore e rispettosa degli argomenti trattati. Basti pensare al rapporto tra Jimmy e Sean, il veterano che deve seguire delle sessioni obbligatorie e che trova in Jimmy una persona di cui fidarsi e che si fida di lui. Shrinking oscilla sul filo della “legalità” nel suo racconto della terapia, ma nel farlo offre sempre un’ottima rappresentazione del lato umano dei sentimenti, riuscendo a convincere lo spettatore di quanto viene rappresentato.

Annalisa Mellino

  • Liebes Kind – Netflix

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Miniserie tedesca, tratta dall’omonimo romanzo di Romy Hausmann, Liebes Kind (in Italia tradotto con La mia prediletta) è un thriller psicologico targato Netflix che affronta la devastante violenza di un lungo sequestro a partire dalle sue conseguenze.
Il racconto è sapientemente costruito sfruttando l’efficacia di tecniche crime da manuale: indizi continui, disseminati sapientemente tramite racconti che mostrano incoerenze, legami con una donna scomparsa tredici anni prima, un detective annientato da un caso irrisolto, una famiglia distrutta dalla perdita della figlia. Questi elementi, mescolandosi e soprapponendosi tra loro, tessono una tela che, mentre si complica, comincia a svelarsi con naturalezza, accompagnando lo spettatore nella risoluzione del mistero dosando i colpi di scena. Il punto di forza della miniserie, infatti, non sta tanto nella conclusione del caso, ma piuttosto nell’affrescare gli esiti devastanti che il crimine ha provocato nei protagonisti, dilatando la narrazione verso molteplici campi d’azione. La manipolazione, la costrizione, la violenza si mostrano così radicati nelle viscere delle vittime da creare un sottotesto che amplia il racconto mostrando la caducità di una libertà quasi impossibile da ritrovare. Le motivazioni del carnefice perdono importanza a favore dell’analisi delle vite totalmente incrinate delle vittime – tutte, non solo chi è stato protagonista diretto della violenza. L’azione criminale, la sconvolgente opera di segregazione e gli stupri non vengono mostrati direttamente, ma se ne sente il peso, se ne percepiscono gli effetti. Molto buono il cast, in particolare la piccola Naila Schuberth che domina la scena con uno sguardo tanto fiero quanto inquietante, capace di restituire il peso di una vita posticcia, ma percepita come autentica, perché è l’unica che si conosce.

Francesca Gennuso

  • Good Omens – Amazon Prime Video

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Dopo un’attesa di quattro anni, Neil Gaiman torna con la seconda stagione di Good Omens, serie fantasy comedy uscita per la prima volta sulla piattaforma di streaming Amazon Prime Video nel 2019. Come annunciato dallo stesso Gaiman, e come si evince già dai primi episodi, la seconda annata rappresenta un ponte fra la prima stagione – adattamento dell’omonimo romanzo co-scritto con Terry Pratchett – e la terza – che riprende le idee dei due autori per un eventuale sequel al loro romanzo, mai divenute realtà a causa della morte di Pratchett. La storia viaggia su due filoni paralleli: la trama pseudo-crime dove Aziraphale e Crowley cercano di scoprire cosa ha portato l’Arcangelo Gabriel sulla soglia della libreria di Aziraphale, nudo e senza memoria, e l’introduzione di due nuovi personaggi: Maggie e Nina. Si scoprirà presto, però, che lo scopo ultimo delle due trame è quello di fornire allo spettatore un approfondimento sul passato di Aziraphale e Crowley e uno studio su come il loro rapporto si è sviluppato ed evoluto nel corso dei millenni, nonostante il peso che l’appartenenza a due fazioni costantemente in guerra fra loro ha sul loro modo di pensare e vivere. Nonostante si senta l’assenza di quell’umorismo tipicamente British che ha caratterizzato la prima stagione, Neil Gaiman regala allo spettatore un’analisi sull’animo umano – e celeste – delicata e divertente che colpisce nella sua complessità solo al termine della stagione. Un piacevole ponte che colma la voglia di vedere più momenti di vita condivisi fra l’angelo e il demone e che lascia ancora più aspettative e desiderio sulla terza stagione. Una chicca leggera che saprà scaldare il cuore ed emozionare come solo le opere di Neil Gaiman sanno fare.

Rossella Mastellone

Cliccate qui per leggere la seconda parte!

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