African Queens: Njinga – La regina guerriera che tutti dovrebbero conoscere


African Queens: Njinga - La regina guerriera che tutti dovrebbero conoscereUscita il 15 febbraio su Netflix con una stagione da quattro episodi, African Queens è finalmente approdata sulla piattaforma con la prima protagonista di questa docu-serie antologica dedicata a importantissime figure storiche di donne regnanti in Africa. Prodotto da Jada Pinkett Smith e scritto da NneNne Iwuji e Peres Owino, lo show sin dai suoi presupposti si impone come innovativo, offrendo un punto di vista necessario su una narrazione che per troppo tempo si è mossa su un binarismo intollerabile: appropriazione delle storie da parte di quegli stessi paesi che hanno sfruttato l’Africa per secoli (pensiamo a quanti film su Cleopatra sono stati prodotti nel corso del Novecento), o rimozione sistematica dalla narrazione di figure storiche che avrebbero portato a un inevitabile approfondimento collettivo sul colonialismo, lo schiavismo e le responsabilità europee dello sfruttamento dell’Africa. 

La potenza di questo progetto si evidenzia da subito con la scelta della prima regina africana protagonista: non Cleopatra, che sarà invece al centro della seconda stagione, bensì Njinga, regina di Ndongo e Matamba (attuale Angola) durante il 17° secolo. Scegliere quest’ultima rispetto alla prima è un chiaro segnale di quello che questa docu-serie si prefigge di fare, ossia mostrare come l’antico adagio per cui la Storia viene raccontata dai vincitori abbia ingiustamente rimosso dalla memoria collettiva figure fondamentali, che nulla hanno da invidiare ad altre regnanti (europee) su cui si sprecano film, serie TV e adattamenti di ogni genere. Njinga è stata l’unica leader africana ad essere riconosciuta dai governanti europei come “woman king”; si è opposta ai paesi che arrivavano a invadere il suo regno con determinazione, intelligenza, diplomazia e scaltrezza, costruendo una storia – per sé e per il suo paese – che è davvero un crimine non conoscere.

African Queens: Njinga - La regina guerriera che tutti dovrebbero conoscereQuesto è forse il primo, grande successo di African Queens: portare gli spettatori a chiedersi come sia possibile – anche se in realtà lo sappiamo benissimo – non essere a conoscenza di questa figura storica, non averla studiata a scuola, non averla, in molti casi, nemmeno sentita nominare. È questo quello che succede quando si allarga lo sguardo, “si passa il microfono” e si dà alle persone il diritto di raccontare la propria storia, personale e collettiva: ci si rende conto di quanto la narrazione da un solo punto di vista – generalmente occidentale, bianco, maschile, storicamente colonialista ed eurocentrico – abbia danneggiato tutti, in primis chi è stato privato (perché schiacciato dalla narrazione comune) del diritto di poter narrare la propria storia. Non solo: questa mono-prospettiva ha danneggiato anche chi ha il diritto e il dovere di conoscere la Storia senza paraocchi, senza punti di vista parziali e predigeriti, che hanno come unico obiettivo quello di far emergere ciò che si desidera e nascondere accuratamente quello con cui non si vuole fare i conti.

E dunque, cosa ci raccontano queste prime quattro puntate di African Queens: Njinga?
Siamo nel 17° secolo in Africa Occidentale, in particolare nel regno di Ndongo, dove conosciamo la principessa Njinga (Adesuwa Oni, The Witcher), figlia del re in carica, di cui è consigliera grazie alle sue già note doti strategiche e diplomatiche. Nel corso dei quattro episodi, assisteremo all’evoluzione della figura di Njinga, che la porterà direttamente sul trono nel 1624, su cui rimarrà fino alla morte nel 1663 dopo essere diventata anche regina di Matamba. La sua vita sarà interamente dedicata alla protezione del suo popolo e del regno, ma soprattutto alla strenua opposizione ai portoghesi, minaccia costante per i territori di Ndongo e all’epoca principali fautori della tratta degli schiavi. Il Portogallo, infatti, in questo periodo è un impero in piena espansione, che schiavizza senza tregua persone portate dall’Africa occidentale fino alle colonie in Brasile. Nel corso della sua vita, da principessa prima e da regnante poi, Njinga elaborerà piani e strategie, stringerà alleanze e siglerà accordi, cercando di volta in volta la soluzione migliore – quindi non sempre quella ideale – per proteggere il suo popolo, la cultura, la sua stessa famiglia.

African Queens: Njinga - La regina guerriera che tutti dovrebbero conoscereLa fedeltà al regno e alla popolazione sono fondamentali per comprendere anche le scelte più difficili tra quelle che compie Njinga, che la porteranno persino ad affiancare con lealtà suo fratello Mbande (Philips Nortey, Soulmates) – che la precederà sul trono a causa di un atto di violenza inaudita – fino a compiere lei stessa azioni deprecabili, ma viste sempre come sacrifici necessari per garantire l’indipendenza del suo regno durante l’imperialismo.
Non tutto è chiaro nella storia di Njinga, complice sia la distanza temporale, sia la volontaria cancellazione della sua memoria da parte della narrazione storica diffusa – è solo negli anni ’60 del secolo scorso che una nuova generazione angolana ha rivendicato la necessità di raccontare la vera storia di questa Regina Africana, ritenendola giustamente una figura capitale che merita di essere conosciuta.
E dunque, qual è il modo migliore per introdurre un personaggio storico così importante e così sconosciuto al di fuori dell’Africa? La produzione, guidata da Jada Pinkett Smith – voce narrante in ogni episodio –, opta intelligentemente per la docu-serie ma con una marcia in più, che rende African Queens uno show ancor più calibrato tra documentario e serie TV.

Se in generale le docu-serie a cui siamo abituati hanno la parte documentaristica supportata da delle ricostruzioni che hanno un ruolo funzionale e pragmatico più che velleità artistiche, qui emerge un lavoro che è quasi l’opposto: assistiamo infatti a una serie TV intervallata da degli approfondimenti documentaristici che permettono al pubblico di comprendere meglio la storia di Njinga, di contestualizzarla in maniera corretta grazie alle indicazioni di persone che conoscono o hanno studiato molto bene questa figura, di interpretare al meglio le parti più ambigue o meno certe (a livello storico) delle varie vicende.
African Queens: Njinga - La regina guerriera che tutti dovrebbero conoscereNon è quindi la parte “docu” a prevalere: siamo in presenza di una forma davvero ibrida tra il documentario e la serie, dove la prima parte rimane di altissimo livello (soprattutto per la caratura delle persone che hanno lavorato al progetto, da storici specializzati fino all’attuale leader del popolo Bakwa Luntu, la regina Diambi Kabatusuila) ma mai a discapito della parte seriale, che è invece molto ben curata, con un buon cast e ottimi protagonisti, eccellenti ambientazioni e un’altissima attenzione al dettaglio.
La messinscena di un prodotto di tale fattura ha quindi una vocazione da vera e propria serie TV, ma non può che risentire – in positivo e in negativo – del fatto di essere ibridata con una parte più informativa che ne interrompe di volta in volta il flusso narrativo. Questo comporta, ad esempio, un’evidente volontà di aumentare l’engagement con lo spettatore attraverso alcune scene a grande impatto, o ad alto coinvolgimento emotivo: un escamotage comprensibile che regge quasi sempre bene, ma che in alcuni casi porta a percepire qualche eccesso di pathos.

D’altro canto, invece, il mix tra le due parti funziona in maniera ottimale in tutte quelle occasioni in cui si hanno delle perplessità storiche su come siano andate davvero le vicende o su quali fossero le reali motivazioni di un personaggio: invece di incorrere in monologhi interiori o spiegoni irrealistici, la serie opta per una sola messinscena, affidando poi alle spiegazioni degli storici le varie teorie su cosa possa essere accaduto. Esempi ne sono le possibili responsabilità di Njinga dietro a una morte risultata per lei strategica, ma anche la distinzione tra ciò che lei riteneva fosse la schiavitù da combattere – quella della tratta degli schiavi effettuata dai portoghesi e da altri popoli verso il Sud America – e quella che invece era osservata nel suo stesso regno, che non viene affatto nascosta bensì contestualizzata, evidenziandone similitudini ma anche le grosse differenze. In questo modo la parte seriale risulta avere personaggi forse meno approfonditi da un punto di vista psicologico, ma è proprio così che le due parti del prodotto, seriale e documentaristica, possono arrivare a un risultato omogeneo insieme, offrendo forse per la prima volta una docu-serie in cui il rapporto tra le due parti sia pressoché paritario.

African Queens: Njinga - La regina guerriera che tutti dovrebbero conoscereSiamo dunque di fronte a un prodotto di grande rilevanza, non solo per una tipologia narrativa che potrebbe dare una svolta interessante alla modalità docu-seriale, ma soprattutto per l’intento che sottostà all’intero progetto. Se siamo disposti a vedere l’ennesima serie TV su una qualunque donna regnante in Europa, al punto da conoscere le loro vite meglio di quanto avessimo studiato a scuola, perché non allargare il nostro sguardo a figure storiche altrettanto fondamentali, le cui vicende vengono colpevolmente ignorate a ogni livello di istruzione? E, per quanto riguarda quelle che invece sono conosciute, come sarà per Cleopatra nella seconda stagione: perché non ripartire dal principio, ascoltare e osservare una storia che crediamo di sapere e che invece, con ogni probabilità, ci racconterà qualcosa di inatteso proprio perché narrato da un punto di vista interno, ben lontano dalla narrativa eurocentrica che ha dominato per secoli?
Sono queste le domande alla base di African Queens, la cui prima stagione dedicata a Njinga vi lascerà durante ogni puntata con un solo interrogativo in mente: perché di questa incredibile regina, donna e guerriera non ne ho mai saputo nulla fino ad oggi?

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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