Quando una serie come House si accinge alla conclusione è inevitabile osservare ogni puntata con un occhio diverso, quello di chi cerca dietro ogni singola storyline il filo teso verso la fine. La lunga pausa ha amplificato questo aspetto, facendomi quasi dimenticare che Blowing the Whistle si inserisce all’interno di una stagione che soffre della “sindrome del già visto”.
E’ necessario fare una piccola premessa: sono convinta che l’ultima puntata della scorsa stagione sarebbe stata la degna conclusione dell’intera serie, non solo per la bellezza dell’episodio, per l’intensità della serie stessa e per l’approfondimento che gli autori sono stati capaci di dare al personaggio di House, ma soprattutto per il finale aperto. Non sento la necessità di mettere un punto alla fine di questo libro, di conseguenza non sono alla ricerca di uno schianto. La storia di House potrebbe continuare oltre il tempo della narrazione, ma occorre comunque un finale. Quello che cerco è una svolta, una prospettiva inaspettata, un cambiamento in grado di sostenere la fine e, di conseguenza, l’intera stagione. Sin dal primo episodio dell’ottava ho avuto la sensazione che non avremmo potuto vedere niente di veramente nuovo, sensazione poi confermata episodio dopo episodio.
Questa premessa serve per giustificare il resto della recensione: ho guardato la puntata con la prospettiva di chi cerca qualcosa, e non posso far altro che riportare qui le mie considerazioni.
L’episodio è convincente nel caso della settimana, che ho trovato molto intrigante (forse per la prima volta in questa stagione): un soldato di ritorno dalla guerra, il giovane Brant Macklin, scende dall’aereo in manette, accusato di aver reso pubblico un video su una strage di civili che potrebbe mettere a repentaglio la vita di altri soldati e compromettere alcune operazioni; in poche parole è accusato di tradimento. Ad aspettarlo c’è il fratello Hayes, anch’egli soldato; il rapporto tra i due fratelli si pone da subito al centro della storia, in particolare la loro opposta considerazione della figura paterna: l’idealizzazione di Brant si scopre essere basata su una bugia architettata dal fratello. Le intenzioni di quest’ultimo erano senz’altro nobili, ma, a dispetto di quanto abbiamo sempre appreso da House, mentire ha conseguenze spesso spiacevoli. Brant ha agito convinto di osservare la volontà del padre, animato dall’intenzione di rispettarne la memoria: la pubblicazione del video per far trapelare la verità era una questione d’onore. Questo concetto ha ormai perso d’importanza nelle società occidentali, rimanendo però legato all’ambiente militare. People define honor as whatever makes them feel honorable, dice House, rendendo il concetto stesso totalmente autoreferenziale. Rimane da chiederci se l’onore sia nell’intenzione dell’azione o nell’azione stessa. Questo ci porta dritti da Chase.
La finta malattia di House è stata oggetto di un’altra puntata (Half Wit, stagione 3). Il parallelismo è palese e la scelta degli sceneggiatori di proporlo a 7 episodi dal finale suggerisce qualcosa. In Half Wit House finge il cancro per ottenere un vantaggio personale, qui invece appare semplicemente come un test alla squadra. Nulla di nuovo, sembrerebbe. Ma cosa ha dimostrato Chase facendo la spia a Foreman? Il biondino è l’unico della squadra a conoscere realmente House, la sua incredulità alla malattia è una normale reazione ad anni di giochetti, bugie e dimostrazioni. Non è casuale che sia proprio lui la spia: Chase ha agito per fare la cosa giusta, sapendo che se c’è anche una sola, piccola probabilità che House sia davvero malato, qualcuno deve poterlo accertare. Meglio un House al 60% che un qualsiasi altro medico al 100%, dice Chase. Assumendo di credergli, dire la verità a Foreman ha il solo scopo di aiutare House. In altre parole si comporta in maniera onorevole nelle intenzioni. Quello che House punisce è l’azione, non l’intenzione: che House abbia voluto identificare l’unica persona realmente capace di fare la cosa giusta? Non ci vuole un genio per capire che c’è un solo candidato: Adams (che è semplicemente la versione presuntuosa di Cameron: comincia a pensare che House sia malato perché non si accorge della camicetta, dando per scontato che la sua vita privata sia di notevole interesse per Greg) agirebbe alle spalle di House solo con il supporto di tutto il team, esattamente come Park e Taub. Chase è l’unico pronto a prendersi la responsabilità di agire da solo.
Wilson dice che uno degli effetti collaterali di lavorare con House è di vedere zebre dietro ogni angolo; quindi, per lo stesso motivo, nessuno potrebbe accorgersi dell’elefante in mezzo alla stanza, nessuno tranne Chase. Guarda caso è stato il primo a prendere in considerazione il tifo, diagnosi poi rivelatasi esatta. House in fin dei conti è un drogato, con elevate probabilità di ammalarsi e perdere le sue abilità: se questo accadesse, qualcuno dovrebbe essere capace di agire.
Non credo che questo episodio si possa archiviare come riempitivo, sono convinta invece che Chase sia l’unico vero filo teso verso la fine. La questione “padre di House” resta comunque sul piatto. Anche in questo episodio ci sono riferimenti alla figura paterna: You’re doing this to please your father. And the pathetic thing is that the man you’re trying to please never existed.
Il cerchio potrebbe chiudersi unendo gli estremi, completando il quadro lì dove le pennellate non sono ancora arrivate: le origini (il padre) da un lato, la successione (Chase) dall’altro.
Voto: 8
Bellissima puntata, quoto ogni singola parola; credo però che Chase non abbia fatto la spia come iniziativa personale per accertarsi della eventuale malattia di House; credo invece che cominci a conoscere House così bene da sapere che quel passaggio era fondamentale ed inevitabile per far evolvere la situazione (sia dal punto di vista del caso medico sia dal punto di vista del giochino mentale di House). Ha dimostrato (ed in questa stagione l’ha fatto più volte in maniera sorprendente per chi segue House dall’inizio) di essere L’UNICO a tener testa a Gregory e che si merita “l’eredità”.
Altro spunto interessante sarebbe vedere la reazione di Foreman a questo fatto, ma credo e spero fin da adesso in un lieto fine,per quanto sia il risvolto meno probabile per un telefilm del genere.