C’è sempre un limite al livello di pressione che si può sopportare prima di lasciarsi andare all’ansia e alla reazione istintiva di mollare tutto e scappare. Si può stare intorno a quel limite per molto tempo, vivendo momenti di paura alternati a istanti in cui il controllo sembra riuscire a prendere il sopravvento; ma è quando si supera quel livello che le cose si fanno più complicate.
Mai come in questa puntata abbiamo assistito ad un vero e proprio attacco su tre fronti rivolto a Nicholas Brody, ex soldato, ex quasi-terrorista, ex di così tante cose che comprenderne la vera identità diventa difficile persino per lui. Ciò che è successo a Dana pare essere servito solo a gettare ulteriore benzina sul fuoco, innescando quel processo di “rifiuto della bugia” (e dunque rifiuto di tutta la sua vita per come è ora) che lo porta a voler scappare via: “I’ll fly away”, dice il titolo, che per quasi tutta la puntata sembra riferirsi alla necessità di Brody di staccare da tutto e tutti, e che invece si scopre solo alla fine ironicamente e realmente vero. Nick è volato via sull’elicottero che lo ha portato da Abu Nazir, l’uomo che insieme a Carrie si contende il titolo di “manipolatore delle volontà di Brody”.
Is that somebody turning something around, or is that a stage-five delusional getting laid?!
Il dubbio e l’ambiguità sulle vere intenzioni sia di Brody che di Carrie continuano inesorabili dall’inizio della stagione: mentre per quanto riguarda il primo possiamo affermare con quasi totale certezza che prevalga più la confusione e la perdita di se stesso che non la sua natura doppiogiochista, per quanto concerne il comportamento di Carrie le cose si fanno sempre più complesse.
Quella domanda posta da Peter a Saul è quella che di fatto continuiamo a porci tutti noi: ogni volta che la Mathison sembra avvicinarsi di più a Brody, scopriamo che ha un’intenzione nascosta; ma tutte le volte che sembra stia tradendo i suoi sentimenti per l’uomo, ecco che fa qualcosa di assolutamente folle, in grado di farci riconsiderare nuovamente il suo coinvolgimento emotivo.
Ha senso continuare a giocare su questo comportamento duplice? Sicuramente la scelta è sensata per quanto riguarda il personaggio (chi meglio di una bipolare può rappresentare una duplice intenzione in cui ragione e sentimento lottano in ogni istante?), ma chi ci assicura che questo continuo altalenare tra uno stato e l’altro possa in effetti risolversi, o comunque sopravvivere senza stancare?
Per ora, la visione del pubblico coincide con quella di Saul e questo viene sottolineato durante la scena dell’intercettazione: l’imbarazzo provato dall’uomo nel sentire quello che sta accadendo è lo stesso che si cerca di far provare a noi spettatori, sottoponendoci ad un dialogo tra lui e Peter che continua ad avere in sottofondo i gemiti provenienti dal motel. Saul si fida di lei, ma teme per la sua incolumità e per la sua sanità mentale; esattamente come lui potrebbe alla lunga smettere di fidarsi di Carrie (e viste le risposte di quest’ultima, come “I’m not your daughter!”, potrebbe non mancare molto), così il pubblico potrebbe stancarsi di questa continua doppia lettura che bisogna dare ad ogni scena.
E’ un sistema che funziona, intendiamoci, ma non bisogna abusarne: il trattamento della figura di Brody ci spiega benissimo come.
I can’t, I can’t, I can’t!
Tre chiari “Non posso” urlati a Jessica, tre come le situazioni che Nick continua a sopportare e che lo stanno lentamente consumando, intaccando la sua stabilità mentale ed emotiva.
Da una parte c’è Roya, che sembra ormai aver fiutato qualcosa sul coinvolgimento di Brody con Carrie: forse è proprio per questo che torna Abu Nazir, perché Nick – a differenza di quanto pensi – non è affatto sostituibile e anzi, è in questo momento “la loro unica risorsa”, esattamente come lo è per la CIA. La sua posizione vicinissima ad Abu Nazir da un lato e a Walden dall’altro lo rende indispensabile per entrambe le fazioni, che cercano di tirarlo ciascuna a sé con i metodi più subdoli e manipolatori di sempre.
Staremo a vedere se Nazir avrà ancora un ascendente su Brody, ma è chiaro che la figura da lui rappresentata è in grado di rendere Nick estremamente vulnerabile.
Dall’altra parte c’è Carrie, che nel suo discorso al motel gioca tutto sul senso di colpa, punto debolissimo per il marine. Sentirsi dire quanto un’ottima azione, come quella di impedire un attacco all’America, possa davvero cancellare tutta la strada compiuta per arrivare fino a lì, quasi-atti terroristici compresi, sembra un prezzo sufficiente per andare avanti a collaborare con la CIA; e se persino Carrie – dopo quello che ha subito per causa sua, dal discredito all’elettroshock – è disposta a dimenticare tutto e persino a fare di nuovo l’amore con lui, allora forse è possibile che il mondo lo perdoni.
Forse un giorno – e sembra quasi di leggere questo pensiero negli occhi di Brody – tutte le persone e persino la sua famiglia lo perdoneranno, esattamente come ha fatto Carrie: per il “greater good”, il bene più grande di tutti gli altri, quello davanti al quale il condono delle colpe e la fine di tutte le bugie sembrano la naturale conclusione.
Sempre per il discorso che non si sa quanto di vero ci sia nelle parole di Carrie, bisogna ammettere che la sua opera di conversione è assolutamente impeccabile e di una precisione quasi chirurgica.
Infine c’è la famiglia. C’è Jessica, che non capisce la disperazione negli occhi del marito – e va bene che non ne sa nulla, ma se sa che sta collaborando con la CIA mi sembra evidente che non si possa trattare di una questione leggera – e che crede che il problema sia davvero nel chiamare e dire “scusate, non se ne fa più niente” (personalmente ho trovato la frase “Give me their number, I’ll do it” la quintessenza dell’idiozia). C’è Dana, che trova consolazione solo in un’altra figura genitoriale, quel Mike che per otto anni è stato il sostituto del padre e che sembra in grado di fare sempre la cosa giusta.
A loro due e al figlio, Nick mente ormai da mesi, e se prima era per Nazir e ora per la CIA davvero poco importa: sono tre vite diverse, sono tre Brody che devono entrare in scena a seconda di chi è presente, e, se questo è difficile per un agente infiltrato, diventa quasi impossibile per un uomo come lui, ormai sempre più vicino a quel limite e a quell’esplosione di cui questa puntata sembra solo un assaggio.
La puntata è dunque molto buona, e soprattutto rimette in gioco tutte le carte sulla talpa all’interno della CIA: perché diavolo Peter non ha bloccato l’operazione, davanti a quella che era a tutti gli effetti una critical mass?
L’elaborazione della figura di Brody sta toccando vette altissime da un punto di vista psicologico e per questo bisogna ringraziare anche un sempre ottimo Damien Lewis, perfetto nel trasmettere ogni sfumatura dello stato che sta vivendo; ora che anche Abu Nazir è rientrato attivamente nella trama, spingendo l’acceleratore sulle decisioni che Nick deve compiere, può davvero succedere di tutto.
Voto: 8 –
Ottima, lucida e precisa ( come sempre del resto) la tua recensione.
Mi piace una volta di più sottolineare come questa serie tv riesca a farti vivere le stesse emozioni dei personaggi, anche a me durante la visione sembrava scoppiare la testa nel vedere Brody.
Se l’episodio ti coinvolge cosi tanto da farti chiedere tu come avresti reagito vuol dire che hanno fatto centro.
Mancano 4 episodi alla fine di questa 2° stagione e credo che nessun spettatore abbia la più pallida idea di cosa succederà. Può succedere di tutto ma anche il suo contrario per cui ritengo che 160 minuti non saranno sufficienti per l’enorme contenuto narrativo che c’è da dipanare.
Immagino quindi che molte tematiche saranno la base per la terza stagione
voto altissimo anche per questo ottavo episodio
grazie =)
è vero, coinvolge moltissimo e soprattutto è in grado di far sentire distintamente ciò che provano in quei momenti i personaggi. Puoi non essere d’accordo con quello che provano, ma lo senti comunque, e questo vale davvero moltissimo.
Durante la scena di sesso non sapevo se ridere o sentirmi male…questa seria é così, è un alimentatore perpetuo di emozioni contrastanti, come i caratteri dei suoi protagonisti.
Gran bella recensione…