Nonostante tante identità svelate, nonostante l’emersione di parte del passato dei protagonisti, tale da far diminuire drasticamente l’ansia di conoscenza dei loro background, nonostante la partnership con alcuni membri della polizia che un tempo davano la caccia ai suoi eroi, Person of Interest non perde un colpo e trova sempre il modo di sorprendere.
La CBS negli ultimi tempi ci ha abituato a format particolari e innovativi, in grado di sganciarsi dalle consuete modalità di narrazione seriale. Ormai, soprattutto sui canali cable, le serie vanno avanti sempre più spesso come dei grandi serial, assomigliando sempre più a dei film stirati, allungati e tagliati a fette. La CBS tenta di percorrere altre strade e i casi di Person of Interest e The Good Wife sono paradigmatici: stagioni di ventitré episodi che lasciano tanto spazio sia alla doppia articolazione tra caso del giorno e trama orizzontale, che ad una lunga serie di possibili varianti.
The Guest
La guest star è una di queste: i due show si sono distinti nelle loro prime stagioni per la capacità di ospitare attori di livello internazionale, o particolarmente rappresentativi di un tema o, ancora, di un contesto. Quest’episodio non fa eccezione e, anzi, si pone come esempio emblematico di tale connotazione, tanto da concentrare la maggior parte dell’attenzione sugli “ospiti” di turno. In particolare vi è un triangolo formato da tre nuovi personaggi (due dei quali probabilmente rivedremo ancora): Maxine, Quinn e Zambrano, interpretati tutti da guest star d’eccezione. La donna, impersonata da Gloria Votsis (già volto di C.S.I., White Collar e Hawai Five-0), ha in quanto giornalista un ruolo chiave all’interno di un episodio come questo, impostato sul rapporto tra media e potere. Ancora più acute sono le scelte degli altri due attori, John Ventimiglia e Clarke Peters.
Il primo è noto al mondo televisivo soprattutto per il personaggio di Arturo “Artie” Bucco, proprietario del ristorante nei Soprano e amico di famiglia di Tony. Proprio su di lui, gli autori giocano operando una sorta di contrappasso dantesco, trasformandolo (almeno apparentemente) da vittima di mafiosi usurai in boss di primo livello, salvo poi smascherarlo e rigettarlo nell’oceano purgatoriale degli uomini senza qualità, a far compagnia al personaggio che interpretava nella serie di David Chase.
Clarke Peters, invece, porta con sé un quoziente attoriale decisamente più importante, tanto da invitare gli autori a sacrificarlo parzialmente per quest’episodio, per poi riproporlo alla fine come personaggio centrale della trama orizzontale della stagione. Chi lo ha scelto dimostra di conoscere perfettamente alcuni dei personaggi da lui interpretati in passato: il volto dell’HBO, in questo periodo protagonista sugli schermi con la sua commovente interpretazione in Treme, rappresenta una partecipazione ancora più ficcante per gli spettatori che hanno nella propria memoria le immagini di The Wire. Peters, infatti, si rivelerà il capo segreto dell’HR, maestro nell’occultare la propria identità, così come nella serie creata da David Simon era ineguagliabile nello svelare quelle altrui.
What a filler should be
Bury the Lade, a differenza della prima parte di questa seconda stagione, rallenta la velocità di esposizione del running plot per costruire uno dei casi più interessanti visti fino a questo momento. Le tre special guest nel loro spessore qualitativo/quantitativo stanno a dimostrare l’impegno degli autori per un episodio che eleva al grado di nobiltà ciò che spesso viene spregiativamente chiamato filler. Al centro di questo episodio c’è l’identità del capo dell’HR, sezione segreta della polizia con non poche opacità, tra cui la collaborazione con la criminalità organizzata. Il vero soggetto, però, sono i nuovi media e il rapporto con le istituzioni, tanto che la puntata si conclude con l’arresto di un rappresentante politico grazie all’aiuto di intercettazioni e canali extra-istituzionali, con diversi riferimenti al fenomeno Wikileaks. Più in generale, l’episodio racconta il contesto e il punto di vista che dominano lo show, ovvero uno sguardo verso la società tutt’altro che distopico, che con coraggio sostiene come la tecnologia, anche nei casi in cui è estremamente pervasiva, sia solo un mezzo neutro, sempre racchetta e mai braccio. L’approccio è talmente libero da lasciarsi andare in più casi all’ironia, con la consapevolezza di avere in mano un discorso forte, sistemico, da poter manipolare con sguardo postmoderno e autoreferenziale.
Esilarante a questo proposito la scena dell’incontro al ristorante che Finch combina attraverso un social network e grazie alla creazione virtuale dell’identità di John. L’atteggiamento degli autori si riflette anche nell’acuta battuta che mettono in bocca a Finch quando, vedendo sui giornali un mare di invenzioni, afferma che la creatività dei giornalisti è l’unico modo di tenere il passo dei nuovi media.
What is Person of Interest?
In generale, tutto l’episodio si alimenta della sua natura autoreferenziale, dell’intenzione (messa sottotraccia, ma assolutamente consapevole) di offrire in pillole una sintesi del proprio format, un autoritratto a grandi ed efficaci pennellate.
Non soltanto per quanto riguarda la presenza della tecnologia, ma soprattutto per la definizione del protagonista principale (dalla gestione della violenza, all’uso del sangue, alla costruzione dell’identità), John è un personaggio che ha radici nel mondo dei fumetti, da cui sembra mutuare una lunga serie di atteggiamenti. Anche il “vestito” – che in questo caso sta ad indicare sia il costume supereroistico in genere, sia il modello specifico di indumento – è di quelli classici, privo di calzamaglia o maschera, ma risalente a quella branca di supereroi che si confondono nella folla e che hanno come carattere distintivo un capo d’abbigliamento unico, ma al contempo indecifrabile, proprio come il trench di John Constantine.
A richiamare ancora una volta il rapporto tra la serie e il fumetto vi è la scena in cui John, ad un appuntamento galante con Maxine (che sta indagando proprio su “l’uomo col vestito“), per non farsi riconoscere indossa semplicemente degli occhiali, proprio come faceva Superman. Si assiste ad un’altra citazione esplicita quando John, prima di scoprire il cadavere di Zambrano, si rivolge con fare minaccioso ad uno scagnozzo dell’HR chiedendo “Where is Zambrano?” con la stessa voce cavernosa del Batman di Christopher Nolan.
Se non fosse stato ancora recepito il messaggio, gli autori nel finale fanno dire alla donna che l’uomo col vestito è solo una “urban legend”, richiamando sinteticamente tanti appellativi dati a Batman dalle istituzioni di Gotham City.
Voto: 8