La vendetta: ecco qual è il filo conduttore di questa quarta puntata di Game of Thrones. Tutti i personaggi si ritrovano di fronte a delle situazioni che li spingono a rivangare vecchi rancori e a farsi un esame di coscienza su quello che sono e che sono stati per tutta la vita. Nonostante questo lato introspettivo, non mancano di certo sequenze che ci ricordano qual è la vera trama della serie: la guerra per il Trono di Spade.
Un piatto da servire freddo
Quando siamo a King’s Landing sappiamo sempre che il livello di coinvolgimento si alza con il nano Tyrion, soprattutto se fa coppia con il ragno Varys, sempre prodigo di consigli mai banali e mai disinteressati.
Questa volta è proprio Varys a tenere le redini della scena con la storia di come è diventato un eunuco: fa effetto vedere come racconta di qualcosa che gli ha evidentemente segnato la vita con una freddezza glaciale, mentre armeggia con una cassa, tentando di distrarci da quanto sta dicendo. È proprio questa una delle forze dello show: tutti i personaggi non sono mai banali o caricaturali; nonostante facciano parte di un mondo fantastico e mai esistito, riescono a coinvolgere nella narrazione come se fosse del tutto normale che un organo riproduttivo maschile bruci in fiamme blu grazie ad un mago.
E qui c’è il primo accenno al sentimento molto umano della vendetta, sia da parte di Varys che da parte di Tyrion: come al solito la lezione della spia è molto illuminante e ci sorprende constatare che dentro quella cassa, dopo trent’anni, c’è prigioniero proprio quel mago che ha reso la vita di Varys monca per sempre. Con questo ci viene detto che è la pazienza l’arma più affilata per ottenere la propria vendetta, calmando forse per un po’ i bollenti spiriti di rivalsa del nano, che non vede l’ora di far pagare a sua sorella quel prezzo pieno che su di lui ha lasciato solo una brutta cicatrice sul volto.
Sempre riguardo alla famiglia reale vorrei fare un applauso al bravissimo Jack Gleeson per rendere irritante Joffrey anche quando fa da guida turistica alla bellissima Margaery.
A proposito della Tyrell, è evidente che sta plagiando il povero Re bambino, e l’unica che se ne accorge è Cersei, che tenta di avvertire suo padre invano. I Tyrell sanno benissimo come giocare al gioco dei troni e lo stanno dimostrando senza eserciti e senza armi: sarà forse questa l’arma vincente?
Never be a Stark
Dalle grandi luci di King’s Landing al buio dove si trova segregato Theon Greyjoy: il gioco macabro e malsano in cui lo trascinano i suoi aguzzini ricorda molto lo stile di Black Mirror.
Di tutta la sequenza prima speranzosa e poi penosa e inquietante, va sottolineato il discorso che Theon fa al suo “salvatore” in uno dei cunicoli in cui si trovano a “fuggire”. Tutta l’amarezza del Greyjoy viene vomitata in un monologo illuminante e al tempo stesso malinconico e triste: la sua vita è stata praticamente buttata via per orgoglio, nel tentativo di dimostrare ad un padre che non lo ha mai amato quanto in realtà valesse. Ed è qui che esce tutto il suo rammarico per non essere stato e per non riuscire ad essere uno degli Stark, regali nella loro semplicità e uomini tutti d’un pezzo. Theon ha quindi peggiorato ancora di più la sua situazione cercando quella vendetta verso Winterfell che in realtà nient’altro era che una dimostrazione a suo padre che anche lui, pur essendo cresciuto lontano dalle Isole di Ferro, è un uomo di ferro.
Allora la presa di coscienza che il suo vero padre è quello a cui hanno tagliato la testa a King’s Landing ci dice che è arrivato troppo tardi a capire che gli Stark potevano essere la sua ancora di salvezza, quando invece lui li ha sempre considerati erroneamente come persone che lo tenevano prigioniero lontano dalle sue amate (?) isole.
I don’t care about revenge
La situazione di Jaime è forse paragonabile a quella di Varys: l’amputazione subita dal Lannister è praticamente un’evirazione, come dicevamo nella scorsa recensione.
Allora Jaime si lascia andare, non mangia e non parla più, ha un moto di ribellione solo quando gli danno da bere piscio di cavallo al posto dell’acqua, ma è ben poca cosa rispetto all’uomo che era prima.
Quindi è Brienne che prende in mano la situazione, lei sempre abituata a fare l’uomo: anche qui il concetto di vendetta passa attraverso quello di pazienza; mangiare e riprendere piano piano le forze e poi colpire chi ti ha colpito per primo. Pensare alla vendetta è naturale, anche se Jaime sembra non avere più le forze per farlo, salvo solo ripensarci (forse) quando viene punto nell’orgoglio da Brienne.
Al di là della Barriera
Come se non bastassero le beghe nel continente, anche i Corvi al di là della Barriera decidono che è arrivato il momento di vendicarsi di una vita difficile e di scelte sbagliate. La rivolta che colpisce i Night’s Watch è cruda e violenta, arrivando addirittura ad uccidere Mormont e a mettere a ferro e fuoco la residenza di Craster che, seppur trattandoli alla stregua di animali, li stava ospitando.
Samwell è tra quelli che non sono d’accordo con la rivolta e scappa portando con sè una delle figlie del capo villaggio, sfuggendo alla rivolta sanguinaria dei suoi compagni. Ecco quindi la grande differenza tra chi ha comunque un’intelligenza degna di nota (Tyrion, Varys, Brienne) e chi invece non ne ha: la vendetta ragionata contro la vendetta impulsiva. Quale delle due porterà a qualcosa di buono?
…Dracarys!
E poi c’è lei, la figlia della Tempesta, colei che era una disarmata fanciulla in balia del fratello ed ora è a capo di un esercito a prima vista imbattibile.
La scelta di Daenerys riguardo al drago da regalare al padrone degli Immacolati era a dir poco discutibile, e infatti sapevamo già tutti che quel drago non sarebbe rimasto lontano da lei per molto. Un conto è immaginarselo e un conto è vederlo: la Targaryen non solo si riprende il drago, infrangendo il patto, ma fa uccidere anche tutti gli schiavisti con una freddezza micidiale. Questo è forse il personaggio che è cresciuto maggiormente nelle tre stagioni e che può davvero regalarci molte sorprese da qui alla fine.
È lei la prima che ha parlato apertamente di vendetta, dopo quello che hanno fatto alla sua famiglia: vederla adesso con ottomila uomini pronti a tutto e tre draghi al loro seguito mette in serio pericolo tutta Westeros.
C’è anche Arya in tutto questo, ma la sua storia resta per il momento in secondo piano: il resto invece è costruito magistralmente e ci regala momenti di grandi cinema, soprattutto a livello recitativo e di scrittura.
Si sta andando verso una guerra totale, con ognuno dei protagonisti determinato a trovare la propria vendetta: chi sarà il prossimo a lasciarci sulla via insanguinata che porta alla Sala del Trono? Ai posteri l’ardua sentenza.
VOTO: 7/8