The Leftovers – 1×02 Penguin One, Us Zero 7


The Leftovers - 1x02 Penguin One, Us ZeroIl pilot di The Leftovers è stato discusso ed analizzato in tutto il mondo, in una diatriba così accesa e controversa da rappresentare un vero e proprio caso mediatico, dovuto principalmente alla polarizzazione delle opinioni di pubblico e critica.

Dopotutto, con una premessa del genere e i nomi coinvolti nella realizzazione della serie (Damon Lindelof su tutti, ormai catalizzatore di feroci dibattiti a proposito della sua scrittura), tale impatto non costituisce una sorpresa: quando ci si mette in gioco scommettendo in questo modo, ponendo delle altissime aspettative, bisogna anche aspettarsi un’accoglienza mista, dovuta principalmente al contrasto tra lodi sconfinate (come accaduto con la critica statunitense) e vere e proprie stroncature. Il nuovo prodotto HBO, insomma, ha visto solo in pochi casi dei pareri che si ponevano nel mezzo, opinioni che parlavano di un buon episodio pilota (con tutti i suoi difetti) e di grandi potenzialità, i cui sviluppi erano ancora tutti da vedere. Questo Penguin One, Us Zero si pone in tale contesto senza aggiungere troppo alle sensazioni provocate dalla puntata precedente: alcuni personaggi vengono approfonditi e il tema di fondo viene snocciolato maggiormente, ma in sostanza si può dire che le opinioni che si avevano all’inizio (positive o negative che fossero) di certo non cambieranno a causa di questo episodio.

Whatever it is, you might want to keep it to yourself.

The Leftovers - 1x02 Penguin One, Us ZeroLa sanità mentale di Kevin Garvey Jr. costituisce uno dei temi principali della puntata, in un continuo alternarsi di scene che la confermano e altre che, invece, la mettono seriamente in dubbio: l’introduzione di questo “mistero” (che ricorda molto alcune trame di Lost, una su tutte quella a proposito della follia di Hurley) non solo ha la funzione di aumentare l’attenzione dello spettatore, ma serve anche ad approfondire la psicologia del protagonista, il cui conflitto interiore diventa ora più chiaro. Viene, inoltre, sviluppato il tema fondamentale della serie, ovvero quello della reazione all’irrazionalità della vita (parlare di lutto sarebbe riduttivo, anche perché nel caso della famiglia Garvey non ce n’è uno): la scomparsa di 150 milioni di persone non è stato altro che un evento scatenante, un episodio che ha reso chiara una volte per tutte la mancanza di senso di alcune situazioni nell’esistenza umana. Le risposte a tale scoperta ovviamente sono diverse, e nel caso del capo della polizia il ricorso alla violenza (che diventa dominante come forma di reazione, sia nelle aggressioni ai Guilty Remnant che nell’evoluzione delle feste dei giovani) viene visto inconsciamente come una forma di liberazione: tale azione, tuttavia, viene proiettata sull’uomo misterioso, il quale – reale o no – rende più facile l’assimilazione di un gesto del genere, che va a scontrarsi col forte senso di giustizia caratterizzante il personaggio interpretato da Justin Theroux.

You’re the one motherfucker I can’t figure out. You’re all suffering and no salvation.

The Leftovers - 1x02 Penguin One, Us ZeroDalla parte dei figli, invece, le situazioni sono notevolmente differenti. La storyline di Tom (che, nello scorso episodio, risultava forse la meno interessante) mostra un nuovo lato del guru che ha scelto di seguire: una propensione alla violenza e all’eccesso che potrebbe costituire un enorme pericolo con l’avanzare della trama. Il personaggio di Wayne, comunque, risulta certamente uno dei più enigmatici ed interessanti della serie, grazie ad un modo di comportarsi quasi maniacale che ne accentua la particolarità ed il consueto mistero che porta a domande sulle sue reali abilità: proprio per questo, tuttavia, la sua separazione dal figlio di Kevin potrebbe nuocere all’interesse dello spettatore verso il secondo, il cui rapporto con Christine costituisce un cliché piuttosto abusato e potenzialmente noioso. La speranza è che la storyline dei due giovani veda presto nuovi sviluppi, perché per ora le basi non sembrano abbastanza solide per la costruzione di un buon percorso narrativo.

Anche la parte di Jill ed Aimee risulta legata all’approfondimento di un altro personaggio, che in questo caso non è altro che Nora Durst, ovvero la donna che ha perso di più quel 14 ottobre e, paradossalmente, la donna che sembra soffrirne di meno: il suo lavoro, infatti, consiste proprio nello sfruttamento del lutto come fonte di guadagno, in una posizione di intermediaria che la vede come unica scelta possibile. Tuttavia, la sua condizione non sembra essere del tutto chiara, e sembra che gli autori abbiano ancora molto in serbo per il suo personaggio, i cui precedenti forniscono numerosi spunti per lo sviluppo di una storyline densa ed interessante.

I don’t want to feel this way anymore.

The Leftovers - 1x02 Penguin One, Us ZeroParlando di reazioni, comunque, non si può non citare Meg e il suo ingresso nel Guilty Remnant, l’organizzazione che costituisce ancora uno degli aspetti più interessanti della serie. In questo episodio le ragioni che la guidano si fanno più chiare, e lo spettatore, oltre a conoscere meglio la struttura e l’impostazione del gruppo, inizia a comprendere uno dei motivi per cui certi individui hanno deciso di abbandonare la loro vecchia vita: infatti, il distacco dai beni materiali, dalla violenza e dal mondo in generale crea una condizione di benessere, in cui la perdita risulta potenzialmente impossibile, in una visione che deve molto alla filosofia buddhista. La nuova organizzazione può essere vista non solo come una conseguenza dell’evento del 14 ottobre, ma anche come una reazione alla reazione stessa, che è spesso degenerata in atti di violenza ed eccesso, a cui l’alternativa della rinuncia non sembra poi così insensata. Con questo episodio, in ogni caso, i Guilty Remnant non vengono ancora approfonditi del tutto, lasciando alcune questioni (come la loro nascita, le sigarette, l’assenza di parole) ancora aperte, in attesa di essere risolte con l’avanzamento del percorso di Meg.

In definitiva, si può dire che Penguin One, Us Zero costituisce un rafforzamento della struttura presentata nel piloti cui pregi e difetti vengono sostanzialmente confermati. Prima della sua messa in onda, The Leftovers veniva visto come un’enorme scommessa, i cui esiti potevano essere o disastrosi o estremamente soddisfacenti: dare un giudizio in questo senso è ancora impossibile, ma si può dire che le potenzialità per uno sviluppo più che convincente ci sono ancora, e che saranno i prossimi episodi a confermare l’effettiva qualità della nuova serie HBO.

Voto: 7 ½

Note:

– Le recensioni d’oltreoceano parlavano benissimo del terzo episodio, in cui dovrebbe essere approfondito il personaggio interpretato da Christopher Eccleston. Che sia questa la prova del nove che stiamo aspettando?
– “Jesus. I never should have told you to watch the fucking Wire”.

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7 commenti su “The Leftovers – 1×02 Penguin One, Us Zero

  • Namaste

    Gustosissima la citazione di “The Wire”. Quando nei dialoghi viene fuori il lato nerd e potenzialmente brillante di D. Lindelof, una serie per larghi tratti così cupa può solo guadagnarne.

    Egniente, come molti spettatori, ancora non ho deciso da che parte schierarmi. Secondo me, le possibilità di riuscita di una serie come “The Leftovers” sono strettamente legate a quanto Lindelof sarà capace di liberarsi del fantasma “Lost”. Se insisterà troppo con le tematiche, con i misteri e con gli elementi soprannaturali già affrontati nella serie che gli ha dato il successo (che già in questa puntata diventano più che semplici citazioni), il suo pubblico, persino quello che dovrebbe rappresentare il suo zoccolo duro, potrebbe questa volta non essere più disposto a seguirlo con la stessa pazienza e dedizione. A me, per esempio, alcune storylines che nel pilot m’incuriosivano a scimmia, iniziano già ad irritarmi, prima fra tutte quella legata ai GR che niente hanno a che fare con la filosofia buddhista: se scegli di isolarti e di non comunicare col resto del mondo, allora dovresti rifiutare ogni forma di comunicazione, senza fare distinzione tra quella verbale e quella scritta, che tanto uguali sono. Non ha senso, a meno che non mi sia spiegato perchè scrivere va bene e parlare no. Poi, i cani, perchè “non sono più nostri”? Di grazia, che cacchio significa?… Ora ci hanno pure aggiunto “salva la ragazza asiatica, salva il mondo”, e più che infittirsi il mistero inizia a rompere i maroni.

    Spero quindi che dalla prossima ci sia qualche informazione aggiuntiva sui personaggi più invitanti che eppure ci sono (Tom, Nora Durst, Meg, lo stesso sceriffo) e sui motivi che li portano ad elaborare a quella maniera il proprio lutto, perchè sì, una serie si può anche seguire solo per la bellezza disarmante di Liv Tyler, ma a lungo andare di questo passo anche no…

     
    • Pietro Franchi L'autore dell'articolo

      Sul collegamento al buddhismo mi riferivo al distacco dai beni materiali, non al vero e proprio isolamento della società, che infatti non sussiste 🙂 Come ho detto prima, il senso delle azioni dei GR è ancora da vedere, non ci sono abbastanza elementi per giudicare se l’organizzazione ha delle basi e motivi sensati o no; per ora quello che hanno proposto mi è sembrato abbastanza soddisfacente, però è chiaro che potrebbero benissimo vanificare tutto con spiegazioni inconsistenti e soluzioni poco credibili.

       
      • Namaste

        Per capire meglio la filosofia dei GR, sarebbe utile che ci spiegassero prima il perchè dell’ostilità verso di loro da parte di chi sceglie di andare avanti. Per come ce li hanno presentati i GR dovrebbero essere gente innocua, che non danno fastidio a nessuno, se non per la loro muta presenza. Non si capisce quindi il brutale accanimento della comunità, che reagisce con manganellate e gavettoni di sangue. Molto più che i GR, in realtà è proprio l’atteggiamento della gente normale ad essere sendo me ancora più ingiustificato, a meno che il loro non sia appunto, come sembrava suggerire Kevin, un movimento meno pacifista e meno innocuo di quanto ci abbiano fatto finora fatto credere. E propenderei al momento per quest’ipotesi. Ecco perchè ho trovato il collegamento con la filosofia buddhista un po’ vago. Ho capito che era riferito solo ad un aspetto (il distacco dai beni materiali), ma il buddhismo è una fede piuttosto solitaria molto più che isolata, che non richiede di essere esercitata in luoghi di culto o all’interno di una comunità, nè soprattutto senza incoraggiamenti o costrizioni di sorta. Quella dei GR assomiglia per il momento più ad una setta travestita da comunità hippy. Staremo a vedere.

         
        • Pietro Franchi L'autore dell'articolo

          Infatti mi ripeto, ero riferito solo a quell’aspetto, sono completamente d’accordo sul fatto che riguardo all’isolamento il paragone non ha senso di esistere. Comunque, io l’accanimento contro i GR l’ho visto come un atto di violenza come reazione alla non-comprensione di quello che è successo: la gente non ha capito perché tutte quelle persone sono sparite, non lo capirà mai, quindi vedersi ricordare quell’evento in maniera così “tranquilla” può provocare una rabbia istintiva difficile da controllare. La violenza, come ho scritto, è forse il metodo più utilizzato per reagire a quello che è successo e ciò viene testimoniato da diverse azioni, come il massacro dei cani, la maggiore perversione dei giochi dei teenager e, appunto, l’aggressione ai GR. Poi è probabile che ci sia qualcos’altro sotto, ma io l’aggressione durante la manifestazione me la sono spiegata così. Vedremo come gestiranno la cosa!

           
  • winston smith

    Nel mio caso, al contrario di quanto sostiene la recensione, le opinioni sulla serie sono cambiate in positivo. Il pilot era a mio avviso un po’ scialbo nell’andare oltre la mera presentazione del Grande Evento e soffriva la condizione di “silenziosità” eccessiva del protagonista; in questo secondo episodio, invece, il lavoro di introspezione su Kevin Garvey (Junior) ha funzionato a dovere, presentando bene e forse risolvendo definitivamente il suo conflitto interiore in merito alla propria sanità mentale. Gli ingranaggi appaiono sufficientemente oleati anche sul resto della ruota, dalla scena iniziale con l’assalto al rifugio del santone Wayne (molto inquietante l’interpretazione che ne viene fornita dall’attore: non so voi, ma io ho sempre l’impressione che stia per uccidere a pugni qualcuno ogni volta che appare sullo schermo, a dispetto dell’apparente serenità che dovrebbe suscitare nelle persone che abbraccia) al percorso di accettazione del dolore e delle regole della setta pseudo-religiosa da parte del personaggio della bellezza elfica Liv Tyler fino a giungere alla razionalizzazione estrema di Nora Durst, che ha oramai abbondantemente superato la fase del lutto e può permettersi persino di sfruttare a proprio vantaggio la nuova condizione di vittima per eccellenza della “tragedia”. Interessante al punto giusto la figura paterna di Kevin: in apparenza è suonato di brutto, ma in una serie la cui premessa è la sparizione improvvisa del 2% della popolazione mondiale dalla faccia della Terra il suo interlocutore invisibile potrebbe pure esistere davvero. È ancora presto per esprimere un giudizio, ma l’impressione iniziale è che si migliori di settimana in settimana, prendendo per buone anche le critiche molto positive di chi ha già visto il terzo episodio.

     
  • Namaste

    Anche la recensione mi sembra viri al positivo, era all’altro giro che ci erano semmai andati giù pesante 🙂

    Anch’io ho preferito quest’episodio, soprattutto per il maggiore focus su Nora Durst, che per ora è il personaggio che m’incuriosisce di più, forse perchè quello apparentemente più distaccato. E insieme a lei, i personaggi con un buon potenziale da sfruttare, in questa serie ci sono, questo non lo nego e, per inciso, Sam Wayne, inquieta parecchio anche me. Quello che mi fa però in questo momento drizzare le antenne è il pericolo di quell’equazione già esplicitata nel tuo commento, per cui, in uno scenario virtuale in cui spariscono 200 milioni di persone da un momento all’altro, ci può anche stare che accadano cose altrettanto “strane”. Preferirei invece che, almeno questa volta, D. Lindelof tenesse fede alla premessa iniziale, per cui “non c’interessa spiegare come e perchè è successo, ma piuttosto capire come reagiremmo noi al posto dei personaggi se ci capitasse davvero una cosa simile”. E non mi aspetto certo che ognuno sappia reagire all’ipotetica tragedia in maniera razionale, anzi, semmai il contrario, a patto però che tutto quello che mi accingo a seguire sia reale e non che ne so, la rappresentazione onirica di una mente malata, come potrebbe essere quella di Kevin Jr. o di altri personaggi. Se accade una cosa, se un personaggio agisce in una certa maniera, gradirei, certo non subito, ma almeno in tempi brevi, capire il perché, se esiste una spiegazione logica all’imponderabile, perchè se c’è una cosa che la storia televisiva post-Lost ci ha insegnato è che, di serie che partono in questa maniera e poi non approdano da nessuna parte, la gente ne ha un po’ piene le tasche.

     
    • winston smith

      Secondo me il peso dei “misteri” e la loro eventuale risoluzione dipenderà molto più dalla durata della serie stessa che dalle intenzioni iniziali degli autori. Più annate ci saranno, più a mio avviso sarà necessario dare sostanza alla natura fenomenologica della Rapture. Insomma, tre, quatto o cinque stagioni di Justin Theroux che spara ai cani randagi insieme a Michael Gaston potrebbero stancare, a meno che non virino verso la commedia. Sempre che non programmino qualcosa come una seconda Rapture, giusto per rimescolare le carte e dare una prospettiva diversa alle reazioni umane in un contesto totalmente inspiegabile secondo le nostre conoscenze. Anche quello, però, non so quanto piacerebbe al pubblico, sebbene potrebbe essere un cliffhanger pazzesco per chiudere una stagione. Allo stato attuale delle cose è comunque impossibile per noi spettatori fare qualsiasi reale ipotesi sulla direzione futura di The Leftovers. Non resta che continuare a guadare e commentare. Tenendo Wayne a distanza di sicurezza, s’intende. 😀