Gotham procede nel suo percorso piazzando qualche buon episodio qua e là, ma portandosi dietro difetti ben radicati nell’anima della serie. Lo show targato FOX era partito con grandissime attese; queste tuttavia sono state deluse da un approccio quasi procedurale e da uno stile forse troppo lontano da quello del Cavaliere Oscuro che siamo stati abituati a vedere nelle sale cinematografiche.
In molti si aspettavano da questo prequel un’atmosfera cupa e tenebrosa che mostrasse una città corrotta e marcia, una città che un giorno avrebbe avuto bisogno di un eroe; la corruzione in Gotham, invece, ci viene quasi solamente raccontata e solo sporadicamente mostrata. La città è anonima quasi quanto i suoi protagonisti, che vengono stereotipati e incastrati in ruoli scritti male e gestiti anche peggio.
La prima parte della stagione ha visto diversi alti e bassi. La trama orizzontale non è sempre stata gestita al meglio e i casi della settimana, se non in qualche rara occasione, non sono mai stati originali o interessanti, in alcuni casi addirittura ridicoli (qualcuno ha detto Balloonman?). Il problema principale della serie è che deve sempre fare i conti con le conoscenze pregresse e le aspettative dello spettatore-tipo di questo genere televisivo. Quasi tutti i personaggi principali sono conosciuti ai più come character di un grande universo mediatico (tra fumetto, cinema e tv) quale è Batman.
Gli spettatori conoscono già il punto di arrivo di tali personaggi: sanno che il Pinguino diventerà il boss della malavita di Gotham, che Selina Kyle diventerà la ladra nota come Catwoman e che Bruce Wayne un giorno indosserà il mantello nero e sfreccerà sulla Batmobile per le vie della città. Quello che ci si aspettava da Gotham era che creasse, per questi personaggi, degli archi narrativi coerenti con ciò che sarebbero diventati, ma allo stesso tempo originali e divertenti nella loro evoluzione. Questo è quello che non è stato e non è Gotham: non è una storia di origini.
Nonostante questo grande difetto che permea ogni angolo della serie di Bruno Heller, Gotham è riuscita comunque a sfornare qualche buon episodio in questa prima dozzina, e “What The Little Bird Told Him” è uno di questi. Due delle grandi sottotrame aperte negli scorsi episodi arrivano ad una conclusione, una in modo abbastanza prevedibile, l’altra con qualche sorpresa.
Probabilmente sarebbe stato interessante vedere qualche altro episodio ambientato ad Arkham, ma gli sceneggiatori decidono di riportare immediatamente il protagonista tra le forze dell’ordine della città con un pretesto narrativo troppo forzato per risultare credibile, soprattutto dopo tutti i problemi che l’officer aveva causato al sindaco con la sua intraprendenza. Jim, infatti, viene reintegrato nel GCPD dopo essere riuscito a catturare Jack Gruber, “the Electrocutioner”, e il suo scagnozzo Aaron Helzinger, (conosciuto nei fumetti come Amygdala).
Lo scioglimento dell’intreccio e l’arresto della coppia criminale viene liquidato con il più semplice dei cliché: distruggendo il dispositivo elettronico di Jack con un bicchiere d’acqua. Non si può dire altro se non che questa è la storyline più debole e prevedibile dell’episodio, nonostante Christopher Heyerdahl sia molto bravo a portare in scena nella sua teatralità un villain che, si spera, rivedremo presto.
Curioso notare come il rapporto tra Jim e Harvey sia notevolmente cambiato nel corso degli episodi: è forse l’evoluzione narrativa più convincente di questa prima parte di stagione di Gotham. Se prima Jim era il “novellino”, quello che subiva l’esperienza e l’autorità di Bullock quando lo rimproverava ogniqualvolta tentava una delle sue azioni sconsiderate e istintive, adesso è Harvey a trovarsi nella posizione inferiore; il detective scorbutico prende coscienza della personalità forte del suo collega, rivede in lui se stesso da giovane e comprende il suo senso di giustizia utopico. In questo episodio il ruolo di Harvey diventa semplicemente quello di spalla comica di Gordon, e infatti non è più lui a prendere le decisioni durante le indagini.
La storyline più accattivante, però, è sicuramente quella legata a Don Carmine Falcone. Al capo della malavita di Gotham non è mai stato concesso molto tempo sullo schermo, infatti l’abbiamo sempre visto solo in fugaci apparizioni relegate ai margini degli episodi. Questa volta lo vediamo alle prese con il piano, finalmente svelato, di Fish Mooney per spodestarlo; un piano che non può non deludere le aspettative, dato che si rivela essere un mero finto rapimento con ricatto telefonico che ha come unico scopo quello di farlo allontanare dalla città. Ci si sarebbe aspettati qualcosa di più da un personaggio intelligente come Fish, soprattutto per la lunga fase di preparazione del piano che ha occupato il filone narrativo a lei dedicato.
Quando Falcone, grazie all’avvertimento del Pinguino, scopre di essere stato raggirato fin dall’inizio, avviene il crollo psicologico del boss, in cui è insita una stanchezza dovuta non solo all’età, ma anche al peso del potere che ha sopportato per tanti anni; Liza non diviene solo una donna di cui si innamora perché somiglia a sua madre, ma anche l’unica possibilità di fuga dalla faticosa vita di Gotham. La scoperta dell’inganno della donna rappresenta, per lui, lo svanire del sogno idilliaco di concludere la sua vita in modo diverso, lontano dal crimine e lontano da Gotham. Risulta perfettamente naturale la reazione crudele e violenta che ha nei confronti di Liza: la donna che, sì, lo ha ingannato ma che lui ha amato.
A metà della stagione, Gotham si presenta a due facce come la moneta di Harvey Dent (a proposito, che fine ha fatto Dent?). È una serie che ha enormi potenzialità, in quanto può attingere linfa da un universo solido e vastissimo, e in alcuni casi riesce ad amalgamare bene i personaggi fornendo loro un certo spessore e delle storyline interessanti. Dall’altro lato questa “universalità” di Gotham diventa la sua condanna: troppo spesso i personaggi sono ingabbiati in una struttura narrativa che li trasforma in stereotipi del genere, se non addirittura in macchiette inutili; la scrittura non aiuta in tal senso, non essendo quasi mai omogenea e non riuscendo a costruire una trama orizzontale che possa suscitare qualche tipo di interesse nello spettatore.
Voto prima metà di stagione: 5,5
Voto episodio: 6
Note:
– Barbara… perché sei tu, Barbara? No, davvero, perché?
– L’indovinello di Ed della settimana vale la pena essere citato: un cupcake con un proiettile all’interno.
Soluzione: a beautiful woman can be a dangerous thing.
Concordo su tutto. Troppe, troppe lacune con ogni tanto uno sprazzo di luce (che mi aveva fatto ben sperare). Troppo poco.
O la serie si dà una svegliata o finirà nel dimenticatoio.
A me pare che alla serie manchi proprio un respiro d’insieme: qual è l’obiettivo finale, dove vogliono portarci con questa stagione? Perché lo scontro tra bande (insensato che Fish avesse messo in conto una resa totale di Falcone, ma che è?) è una storyline quasi del tutto separata da Gordon e soprattutto da Bruce Wayne. Da amante del Cavaliere Oscuro questa serie è una profondissima delusione.