Dopo mesi di aspettative portate alle stelle, un pilot seguito da 8 milioni di spettatori e una sequela di episodi di discutibile qualità, la prima stagione di Gotham si trascina stancamente alla sua conclusione e le ultime puntate andate in onda incarnano la bipolarità dello show di Heller: un potenziale esplosivo fortemente ridimensionato da una trasposizione banale e ripetitiva.
Il problema principale della serie è facilmente riscontrabile nelle sue fondamenta, ossia la struttura dei singoli episodi: se le intenzioni iniziali degli autori erano quelle di presentare Gotham City come la Babilonia del crimine, un inferno in terra le cui ceneri avrebbero per sempre plasmato il Cavaliere Oscuro, il risultato finale è una sequenza disomogenea di puntate che paiono uscite da un qualunque serial poliziesco, con il caso della settimana da risolvere e nessuno sviluppo della storyline principale o dei protagonisti. Ne è un esempio chiave “Welcome back, Jim Gordon”, in cui la lotta del protagonista contro la corruzione del suo dipartimento segue le dinamiche già usate negli episodi precedenti e si rivela priva di alcun fascino o importanza nell’economia della storia.
Un altro tallone d’Achille d’importanza considerevole è il rapporto con la mitologia di base, croce e delizia dei fan della serie. Senza usare mezzi termini, il motivo principale per seguire lo show è vedere la nascita di Batman e dei suoi avversari più celebri, una promessa in grado di attrarre tanto i lettori di fumetti più accaniti quanto i profani affascinati dall’iconografia dell’Uomo Pipistrello, ma ciò che Heller e soci hanno consegnato al pubblico è puro fan service fine a se stesso. Quanto questa scelta sia stata presa dagli autori con cognizione di causa non ci è dato sapere, ma ciò che salta agli occhi è come l’inserimento di nuovi personaggi e la loro funzione all’interno della storia siano totalmente circoscritti al singolo episodio di riferimento, come se si cercasse di soddisfare le ambizioni del pubblico con comparse “usa e getta” dei nemici di Batman senza dubbio soddisfacenti, ma dal valore effimero. Il caso più emblematico è certamente l’ingresso del Joker in “The Blind Fortune Teller”: dopo aver alimentato l’hype sul personaggio fino allo sfinimento, la sua apparizione non ha portato a nessuno stravolgimento significativo della storia se non alla mera comparsa della nemesi di Batman da giovane, efficacemente portato in scena da Cameron Monaghan.
Nel folto gruppo dei villains l’unico che sembra ancora in grado di mantenere una certa autonomia e un proprio percorso evolutivo è il Pinguino di Robin Lord Taylor: di puntata in puntata, nonostante il ripetersi di determinate situazioni, la figura di Oswald Cobblepot come futuro signore del crimine di Gotham continua lentamente a delinearsi, mostrando apertamente, come in “Everyone has a Cobblepot”, la sua natura di stratega manipolatore e l’importanza del suo ruolo nel fragile equilibrio tra la polizia e le famiglie mafiose.
Nonostante le problematiche di cui si è detto sopra, questi episodi non si sono rivelati del tutto privi di pregi. Oltre al proseguimento della trama orizzontale, un sottile fil rouge tiene collegate le sei puntate in questione e fa emergere una tematica chiave dell’intera serie innescata con la morte dei genitori di Bruce Wayne e mai resa così evidente prima d’ora: la violazione totale del concetto di “famiglia”. Le pulsioni più cupe e violente degli abitanti di Gotham City trovano definitivamente sfogo dopo la morte dei coniugi Wayne, ed è proprio il nucleo familiare tradizionale la prima vittima di questa follia divagante. Nel caso di “The Fearsome Dr. Crane” e “The Scarecrow” l’aggressione avviene in maniera diretta e brutale: il dr. Crane, nel suo disperato tentativo di sfuggire al rimorso per la morte della moglie, instilla la paura e la follia nella mente del suo unico figlio Jonathan, destinato a diventare il terrificante Spaventapasseri di Gotham City; ma ancor più tremenda perché priva di senso è la morte della madre di Joker in “The Blind Fortune Teller”, uccisa dal suo stesso figlio senza alcun motivo apparente. Il messaggio di fondo appare tanto terribile quanto chiaro: i mostri non si trovano negli angoli più bui della città ma sotto il nostro stesso tetto, quindi l’unica soluzione è nasconderli agli occhi degli altri, come la figlia matricida del commissario Loeb in “Everyone Has a Cobblepot”.
Gli unici baluardi a difesa della giustizia, seppur in maniera trasversale, sono per l’appunto Bruce Wayne e Jim Gordon, i quali mostrano finalmente i primi segni di un’evoluzione che li porterà a diventare i simboli della lotta al crimine di Gotham City. Nonostante la consapevolezza di non riuscire mai a superare completamente la morte dei genitori, il giovane Bruce comincia lentamente ad accettare il proprio destino, trasformando la sua sete di vendetta in ricerca della giustizia ad ogni costo, al punto da inimicarsi i corrotti amministratori della Wayne Enterprises. Un ruolo chiave nella nuova presa di coscienza del ragazzo è certamente quello di Alfred, qui rappresentato in maniera molto più caustica e sfaccettata rispetto alla sua controparte a fumetti, e la lucidità con cui Bruce affronta il tentato omicidio dell’amato maggiordomo non può che rimandare alla mente dello spettatore l’autorità quasi soprannaturale del Cavaliere Oscuro che verrà.
Dal canto suo, Jim Gordon impara una lezione di vita che segnerà la sua carriera di poliziotto da qui in avanti: è necessario applicare il male per poter esercitare il bene. Questa nuova consapevolezza, dopo aver combattuto strenuamente contro i mulini a vento pur di eliminare la corruzione, lo porta a ricattare il commissario Loeb per scagionare il suo compagno e garantirsi un ruolo di rilievo all’interno della polizia. Questo è forse il primo grande plot twist all’interno della serie da diverso tempo: l’irreprensibile tenente Gordon si ritrova costretto a venir meno ai propri princìpi pur di riuscire a mantenervi fede. Sarà dunque interessante scoprire se riuscirà a convivere con il peso delle proprie azioni e se potrà realmente trarne qualcosa di buono.
Come nel caso di serie analoghe come Agents of Shield, dunque, Gotham continua a camminare sul filo di lana, portandosi appresso i pregi e i difetti che l’hanno contraddistinta fin dall’esordio e reggendosi saldamente al macrocosmo a fumetti da cui è stato generato: d’altronde, stiamo pur sempre parlando di Batman e questa è una motivazione sufficiente per rimanare incollati allo schermo e sperare che, almeno alla fine, lo show manterrà le promesse che ha finora in parte disatteso.
Voto complessivo: 6 ½
Mi intriga ma son fermo da 2 mesi nella visione perchè proprio non riesce ad attirarmi. Peccato.
Idem. Ha avuto il suo exploit con il settimo episodio che ha rivelato le potenzialità del Pinguino, ma poi l’entusiasmo è scemato nuovamente. Leggendo la recensione mi sembra che la solfa non sia cambiata. Non credo che riprenderò più la serie. Peccato.