Mad Men – 7×12 Lost Horizon 6


Mad Men – 7x12 Lost HorizonUn orizzonte perduto in un cumulo di corridoi che si intersecano tra di loro, creando quella confusione spaziale che pare indurre il senso del vuoto: l’ordinaria grandezza della McCann-Erickson si erge sulle macerie della SC&P mostrandoci uno spazio che si contorce su se stesso, come un luogo anonimo capace di risucchiare anche l’identità di chi lo occupa.

L’episodio si apre con una pacatezza ordinaria a cui fa eco l’affettata riverenza a cui sono sottoposti i nuovi arrivati, Don in particolare, balena bianca di un congegno articolato alla perfezione da regole fisse e immobili, tese alla ripetizione lineare di una metodologia già appurata come vincente. L’occhio attento della macchina da presa enfatizza questo senso di immutabilità anche attraverso la rappresentazione dello spazio, che ci viene mostrato solo attraverso la prospettiva di chi lo osserva vedendovi una gabbia: Don in primis, ma anche Joan e Roger, o la stessa Peggy, esclusa temporaneamente dall’avervi una collocazione. Il passaggio alla McCann è di fatto il primo atto della fine di un’era, un evento che riesce a condensare su se stesso, tematizzandolo, il particolare confronto con il tempo su cui si articola questa seconda parte di stagione. Il sipario che cala sulla gloria della SC&P è la rappresentazione più iconica per completare e ampliare l’analisi di quella crisi temporale che influenza i vari protagonisti: presente, passato e futuro si incrociano nella visione di uno spazio che si distrugge, per lasciar posto a un presente destabilizzante e dal colore anonimo, da cui la prospettiva del futuro non può che sembrare opaca e incolore. Parallelamente al discorso sulla temporalità sospesa nell’analisi delle sue diverse dimensioni, qui si amplifica anche una riflessione sul concetto di spazio: il luogo che cambia, che non si riconosce, che imprigiona, che si abbandona. L’episodio costruisce la sua spinta disgregante all’interno di un moto uniforme: dalla distruzione di uno spazio passato, ci si volge verso quello futuro che si staglia davanti ai nostri occhi come la negazione di quello Shangri-La evocato dal titolo.

Mad Men – 7x12 Lost HorizonLost Horizon” è infatti il titolo di un romanzo del 1933 scritto da James Hilton (da cui nel 1937 venne tratto il celebre film di Frank Capra) che narra di un luogo immaginarioShangri-La – in cui il tempo sembra quasi essersi fermato e la vita scorre al riparo dalle debolezze terrene, in una prospettiva di pace e tranquillità. Il grande successo popolare del romanzo contribuì a connotare il termine di implicazioni filosofiche, da cui parte una sorta di idealizzazione del concetto di “mondo perduto”, ertosi a metafora di quel personale paradiso da ritrovare. Le suggestioni evocate da quest’impianto intertestuale amplificano la percezione del disorientamento spaziale che permea l’intero episodio, spostando l’attenzione sulle sue più dirette conseguenze, ovvero verso quella fuga, metaforica reazione alla ricerca di una dimensione perduta di cui riappropriarsi: Roger fugge incatenandosi al viale dei ricordi, Joan scappa da un futuro incerto e opprimente, Don coglie il richiamo della strada; solo Peggy rimane sospesa in un limbo tra i due spazi, in attesa di ricongiungersi con il valore del suo passato per poter affrontare spavaldamente le incertezze del futuro.

We can’t lose those accounts. What would you do around here?

Mad Men – 7x12 Lost HorizonGià nel corso dello scorso episodio era chiaro che Joan avrebbe subìto più degli altri il passaggio alla McCann. La parabola discendente a cui va incontro il personaggio nel corso di questo “Lost Horizon” è di una potenza disarmante: la gabbia del suo passato la stringe in una morsa così soffocante da precluderle ogni possibilità di futuro. Questa seconda parte di stagione ci aveva presentato Joan come investita di una nuova forza, perfettamente integrata nella gestione di una autorità ormai consolidata e proiettata verso la stabilizzazione di quel futuro che aveva sempre sognato. L’incontro con Richard aveva creato l’apice di una condizione che mirava ad avere tutto: la famiglia, la carriera, l’amore. Un brusco cambio di fronte, la distruzione di quello spazio in cui tutto ciò poteva aver luogo, e la donna si ritrova di nuovo imprigionata nell’eco di un passato che ritorna opprimente protagonista: il suo essere donna, il suo essere bellissima, si ergono ancora una volta come un muro insormontabile su cui si infrange quell’autodeterminazione di sé finora posta a punto cardine dell’evoluzione del personaggio. Prigioniera della bigotta mitologia che si porta dietro il suo stesso corpo, prova a fronteggiare a testa alta l’atteggiamento di disappunto con cui gli uomini della McCann tendono a gettarla in un angolo, ma l’esito dello scontro la inabissa ancora di più: il viaggio di Joan all’interno del nuovo spazio la conduce verso un baratro, dove l’eco del suo passato acquista le sembianze di una mantide religiosa pronta a risucchiare quell’identità conquistata a fatica; preservare la sicurezza economica è l’unica soluzione per dare ancora un briciolo di senso a tutto.

This business doesn’t have feelings.

Mad Men – 7x12 Lost HorizonL’infinitezza del mondo era il “limite” che indusse Novecento, il leggendario pianista del film di Tornatore, a rimanere attaccato per tutta la vita a quella nave considerata unico spazio vitale possibile. Allo stesso modo Roger àncora il suo corpo all’interno di quell’unico luogo capace di restituire un significato ad una vita coperta di macerie. Quel nome che campeggiava trionfante sulla porta era il punto fermo di una serie infinita di errori, che sommandosi l’uno sull’altro l’hanno lasciato privo di ormeggi a cui appigliarsi. La prospettiva di un ripetersi ciclico di eventi su cui non poter esercitare un pieno controllo si gonfia del risentimento di aver distrutto e sperperato l’unica eredità che avrebbe potuto consentirgli di vivere del riflesso di un’immagine già indebolita. Come nell’estate del 1944, fermo sul bordo di una nave stanziato nel Pacifico, cerca una spinta per buttarsi oltre un limite che gli sembra insormontabile: rifugiarsi sul viale dei ricordi è il primo passo per avere piena consapevolezza di essere appena entrato nel viale del tramonto. Ma la vera spinta arriva in maniera indiretta, in un luogo non ricercato, in quel futuro e in quell’eredità che suo malgrado è riuscito a costruire: Peggy.

Mad Men – 7x12 Lost HorizonLa ragazza è per antonomasia la “figlia” della Sterling&Cooper, è il varco attraverso cui il duro lavoro del passato può ancora trovare una fuga verso il futuro. L’incontro tra i due, tra le macerie di quel simbolico spazio distrutto, si muove con le caratteristiche di uno scontro tra due visioni diametralmente opposte: il rifugio nel passato e la fiducia nel futuro. Mettere a confronto questi due personaggi, raramente posti l’uno davanti all’altro, è un ottimo spunto per riconsiderare l’entità della strada percorsa: la sicurezza di Peggy si proietta sulla malinconia di Roger mostrandoci come il cammino di entrambi sia giunto assai lontano dal punto di partenza. La splendida scena finale in cui Roger suona l’organo e Peggy balla sui pattini a rotelle è come la materiale rappresentazione dell’armonizzazione di due mondi, di due modi diversi di vivere il tempo. Sullo scorrere di un fiume di vermouth rosso lo scontro si trasforma in incontro, in una sorta di passaggio di testimone, da cui entrambi usciranno rafforzati con una rinnovata consapevolezza di sé.

I’m riding the rails.

Mad Men – 7x12 Lost HorizonL’estrema reazione ad uno spazio, percepito per l’intero episodio come claustrofobico e limitante, non poteva che essere quella di Don che, come guidato da un ipnotico canto delle sirene, cede al richiamo della strada, lasciandosi guidare verso un “altrove” indefinito. Le insidie spaziali che opprimono Don all’interno della McCann acquistano una potenza maggiore nella misura in cui diventano la rappresentazione fisica del suo trambusto interiore. Agli inizi di questa stagione, Don aveva cominciato un doloroso percorso di rinascita con l’intento di ricostruire, mattone dopo mattone, un’esistenza completamente alla deriva. L’intento era quello di uscire da quell’inferno in cui pareva vagare durante la fine della sesta annata, per edificare le basi di un paradiso – uno Shangri-Lamai davvero posseduto. Nel corso dei primi episodi di questa settima annata abbiamo assistito a un importante tentativo di armonizzare quelle pulsioni contrastanti su cui si innestava una forte inquietudine: un lento e pericoloso viaggio verso il recupero della pienezza del passato su cui poggiare un futuro che sia davvero autentico. Ma alla fine tutto si è ricomposto con lo stesso falso rigore in cui era prima, e quella che doveva essere una rinascita si è rivelata come una sbiadita replica di una condizione angosciante, con in più una scia di rottami ancora più folta: Megan, Sally, Joan, la stessa Betty sono ormai fuori dal suo raggio di influenza. Don è solo, completamente solo. Tutto ciò riceve una spinta amplificante con il passaggio alla McCann: seduto in quel lussuoso ufficio, colmo di direttori creativi, Don non può far a meno di notare di essere finito all’interno di un contesto in cui dovrà omologarsi di nuovo, e più di prima. Nonostante tutte le lodi e le riverenze, la balena bianca di Jim Hobart sa già che non sarà altro che una piccola parte di un ingranaggio più grande, in cui il suo “io”, ancora in cerca di definizione, rischia di essere annullato del tutto.

You like to play “the stranger”.

Mad Men – 7x12 Lost HorizonLa citazione di On the road messa in bocca al fantasma di Cooper – «Whither goest thou, America, in thy shiny car in the night?» – ha spesso assunto nell’immaginario collettivo americano una sorta di appello di salvezza e giustificazione; inoltre la simbologia del viaggio in macchina e della strada è da sempre ricca di derivazioni legate ai concetti di redenzione e dannazione. Seguendo quest’ulteriore prospettiva intertestuale, il viaggio verso lo Shangri-La di Donald Draper potrebbe essere visto come una ricerca di espiazione. A questo punto, anche la simbologia del personaggio di Diane si gonfia di ulteriori rimandi: la donna è il pretesto, la molla che dà inizio al viaggio.
Sin dalla sua apparizione, Diane ci è apparsa come un enigma, una sorta di spettro che travalica l’orizzonte dello spazio, così come del tempo. Al di là delle varie derive che potrebbero ancora esserci riservate, l’apparizione di Diane sembra qualificarsi come un meme teso a rammentare al nostro protagonista di aver ancora una volta imboccato la strada sbagliata. Riconoscersi nei suoi occhi ha innestato un processo introspettivo che ha riportato Don a riflettere su quel turbamento, su quell’inquietudine che gli sembra di condividere con la donna: lo sguardo perso di Diane diventerebbe così espressione del passato e promemoria per il futuro. Difficilmente potrà salvarla, ma Donald Draper può ancora salvare se stesso; può ancora trovare il suo Shangri-La, il suo orizzonte perduto.

Mad Men – 7x12 Lost HorizonNonostante la sensazione di crescente devastazione che percorre l’episodio, si ha l’ambigua percezione che la rarefatta atmosfera con cui tutto si conclude nasconda tra le sue pieghe qualcosa di positivo: un accenno di consapevolezza, di accettazione, di rinascita, nel bene e nel male. Inoltre, il finale tra le note di Space Oddity – in italiano Stranezza Spaziale – ha la potenza disarmante di creare la sensazione di un nastro che si riavvolge su se stesso, aprendo un varco che si pone a separazione tra la certezza del punto di partenza e l’incognita dell’arrivo.
La potenza di una chiusa del genere crea un crescendo emotivo che riesce a riqualificare il tono degli eventi come se fossero stati vissuti direttamente sulla nostra pelle.
Lungo il cammino che ci condurrà alla fine, “Lost Horizon” è un altro bellissimo e dolorosissimo episodio, che apre nuovi varchi di possibilità senza esplicitare nessuna certezza: tutto può ancora accadere, nessuno è veramente al sicuro.

Voto: 9½

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6 commenti su “Mad Men – 7×12 Lost Horizon

  • Pietro Franchi

    Capolavoro.
    Niente da aggiungere alla splendida recensione, se non che questa seconda metà di stagione mi sta lacerando il cuore (questo episodio e lo scorso in particolare); non che ci fossero dubbi, ma essere pronti alla perfezione di Weiner è sempre un’impresa impossibile.

     
  • Genio in bottiglia

    La scena finale con Peggy che entra in ufficio con sigaretta, occhiali da sole, stampa erotica (e hangover) a me fa sperare che lei possa uscirne vincente da questa partita.

     
  • Teresa

    Che episodio meraviglioso. Forse il mio preferito di questa mezza stagione conclusiva. Raramente mi è capitato di vedere tante scene così belle e significative in uno stesso episodio. Betty e Don in cucina, tutte le scene di Joan, Roger che suona e Peggy che pattina, il fantasma di Bert nella macchina di Don, Peggy che arriva in ufficio ubriaca, con la sigaretta in bocca e la stampa erotica di Bert sottobraccio, Don che guida con dei fari nello specchietto che lo inseguono sempre, e la scena finale con Space oddity in sottofondo. Io ero già provata dalla visione di questo episodio, se poi mi mettono quel pezzo crollo proprio.
    Quanto mi mancherà questa serie.

     
  • Anna

    Ho superato la fine di Sex and The city, di Lost, di How I met your mother, ma non so se ce la farò a superare la fine di Mad Men. Però di una cosa sono certa, ricomincerò, una volta terminato, a riverderlo dalla prima stagione, per riassaporarlo con occhi nuovi.
    Questo episodio poi, con il finale sulle note di Space Oddity, è TUTTO.
    Ground Controlo to Major DON

     
  • DRAPERIST

    Sono queste LE RECENSIONI di MAD MEN che mi piacciono, che mi ispirano.
    Complimenti per l’analisi “Peggy-Roger”,hai visto dove io non sono riuscito a vedere..e su Don..non era per niente facile.
    L’altro giorno ho rivisto “La spada e il crisantemo”, quella puntata trasmetteva l’essenza della Sterling-Cooper; i ruoli, i modi e i raggiri per accaparrarsi un cliente, dove ogni conquista era una vittoria personale per ognuno.Bene, con questo episodio si è arrivati all’estremo opposto per i nostri, diventati parte di uno sbiadito meccanismo, ingoiati dallo stesso “gigante capitalismo”per cui loro hanno sempre lavorato..
    Che beffa!…Capolavoro.

     
  • Max

    Cosa posso dire…è una recensione anomala soprattutto per la lunghezza. Per la necessità di voler scolpire sulla pietra la lettura dell’episodio che così bene ha rappresentato la cifra di questa incredibile serie. Cosa posso dire se non che ho appena visto la tredicesima puntata e sono qui a chiedermi se ho partecipato ad un evento. Una forma letteraria nuova mediata dall’immagine. Troppo banale ogni mio commento. Il Sig. Weiner attraverso la vita di Don ha rappresentato qua e là anche la nostra. Attraverso il viaggio di Draper e dei suoi compagni, Weiner ha rappresentato la vita stessa per quella che è. Fantastica, struggente. Come questa serie. Dovremmo organizzare un party celebrativo, vestirci come loro, essere loro per una notte. Da domenica prossima…