American Horror Story: 1984 – 9×01 Camp Redwood


American Horror Story: 1984 – 9×01 Camp RedwoodIf it feels good, go with it.
Sono passati nove anni da quando Ryan Murphy ha portato per la prima volta la sua idea di horror in televisione, e per quasi un decennio siamo stati testimoni di come la cinematografia di genere abbia influenzato l’autore e quindi la sua opera, da sempre un mix di citazionismo e rielaborazione dei grandi classici dell’orrore che hanno fatto urlare milioni di persone sedute nelle poltrone di altrettanti cinema.

Rosemary’s Baby (1968), Gacy (2003), Paranormal Activity (2007), ma anche figure come Charles Manson e il Killer dello Zodiaco sono stati il materiale da cui Murphy sembra aver attinto per partorire la sua American Horror Story, con il grande pregio di aver colto il seme del male in queste opere o personaggi, per poi ripiantarlo in un terreno diverso, adatto al mezzo televisivo, per un pubblico che molto probabilmente conosceva già quei prodotti e non si sarebbe accontentato di copie peggiori. Per questo motivo 1984 – la nuova stagione di questo drama antologico – è un’idea perfetta sulla carta, perché implicitamente ci promette di dare lo stesso trattamento ad un franchise che ha fatto la storia del cinema e che tutt’oggi rimane impresso nella mente del pubblico come l’horror slasher per eccellenza: Friday the 13th.

American Horror Story: 1984 – 9×01 Camp RedwoodQueste sono le premesse con cui ci avviciniamo alla premiere della nona stagione di American Horror Story – che non sarà l’ultima, la serie è già stata rinnovata per una decima annata in onda nel 2020 –, curiosi di scoprire come un serial killer, un campeggio americano, gli anni ’80 e tanto sangue versato possano essere mixati in modo nuovo e moderno, rimanendo fedeli non tanto ad un genere, quanto ad un modo di mostrare la paura, fatta di suspance e urla – due elementi che troviamo sin dai primi minuti dell’episodio.

Parte così questa premiere, con il massacro che fa da prologo a tutta la storia, ambientata a Camp Redwood, campeggio estivo per ragazzi, riaperto nell’84 dopo i fatti sanguinosi che lo hanno fatto chiudere più di dieci anni prima; la sequenza iniziale setta il mood dell’intero episodio e mostra come verrà messa in scena la componente horror della storia: le atmosfere di questo inizio non si discostano quasi per nulla da quello che ci si poteva aspettare conoscendo la saga di Venerdì 13, e si vede appena la mano di Murphy, che però è riuscito a giocare con l’ansia dello spettatore, alimentandola con piccoli espedienti ogni volta che stava scemando. Gli incontri con il Night Stalker, il benzinaio e il ragazzo ferito in mezzo al bosco funzionano perché danno movimento ad un racconto piuttosto monocorde, che si divide su due binari – momento di suspense e momento di non suspense – sempre uguali a se stessi.

American Horror Story: 1984 – 9×01 Camp RedwoodI momenti di non suspense servono per creare un universo che dia credibilità ai momenti di suspense, e il primo ha il compito di presentare i protagonisti di questa annata, che non vedrà la partecipazione di Evan Peters: vengono introdotti nei primi minuti della premiere tutti i cinque ragazzi protagonisti, che rispecchiano la classica costruzione usata in Venerdì 13 e in tutti gli shasher fino agli anni ’80; Brooke (Emma Roberts), Montana (Billie Lourd), Xavier (Cody Fern), Chet (Gus Kenworthy) e Ray (DeRon Horton) sono dei tipi e hanno il solo scopo di essere perseguitati e uccisi. Anche gli altri personaggi regolari – Trevor (Matthew Morrison), Margaret (Leslie Grossman) e Rita (interpretata da Angelica Ross, prima attrice trans ad aver ottenuto due ruoli da series-regular nella storia delle televisione, quest’ultimo annunciato subito dopo Pose) – seguono la stessa costruzione: ci troviamo di fronte solo a delle scream queens che nascono per urlare e morire per mano del serial killer, figura che ci viene presentata in modo dettagliato già in questo episodio. Se da un lato troviamo dei protagonisti trascurabili, dall’altro abbiamo un antagonista che merita più attenzione.

American Horror Story: 1984 – 9×01 Camp RedwoodBenjamin “Mr. Jingles” Richter – interpretato da John Carroll Lynch, prima Twisty the Clown in Freak Show – è l’ex custode di Camp Redwood e l’uomo che si è macchiato degli omicidi che fanno da prologo a 1984: dopo anni di galera, decide di portare a termine quello che aveva lasciato in sospeso e per questo è possibile considerarlo il main villain della stagione, anche se è difficile dirlo con sicurezza dopo solo un episodio; il fatto che l’uomo venga già raccontato in modo così approfondito – vediamo il suo modus operandi al campeggio, ma anche in carcere; assistiamo alla paura nel volto di chi lo conosce mentre racconta la sua storia; lo vediamo persino in viso –  toglie potenza al racconto e alleggerisce la suspense che una figura più indefinita avrebbe alimentato e su cui tutto l’arco narrativo si deve basare. Gli autori dovranno mettere in scena altri espedienti per mantenere alta l’attenzione del pubblico, compito che i personaggi e la trama di 1984  non sembra riusciranno facilmente ad adempiere, almeno per quanto visto fino ad ora.

È chiaro che la premiere di 1984 risulti troppo classica per gli standard a cui sono abituati gli spettatori di American Horror Story, ma allo stesso tempo segua in modo efficace tutte le regole degli horror slasher del passato a cui si ispira: per questo non possiamo dirci entusiasti di questo primo episodio, ma non possiamo neanche bocciarlo tout court. “Camp Redwood” ci ha incuriositi abbastanza per dare una chance al secondo episodio perché, in fin dei conti, la visione è piacevole e, come ci viene suggerito ad inizio episodio, “If it feels good, go with it”.

Voto: 6

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Informazioni su Davide Canti

Noioso provinciale, mi interesso di storytelling sia per la TV che per la pubblicità (in fondo che differenza c'è?!). Criticante per vocazione e criticato per aspirazione, mi avvicino alla serialità a fine anni '90 con i vampiri e qualche anno dopo con delle signore disperate. Cosa voglio fare da grande? L'obiettivo è quello di raccontare storie nuove in modo nuovo. "I critici e i recensori contano davvero un casino sul fatto che alla fine l'inferno non esista." (Chuck Palahniuk)

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