La seconda edizione della rubrica SerialFight, che torna sulle pagine di Seriangolo e ci accompagnerà per tutta l’estate, non poteva non iniziare con un confronto che prima di tutto ha lo scopo di far conoscere e consigliare due serie perfette per i tradizionali recuperi seriali estivi.
The Jinx: The Life and Deaths of Robert Durst (HBO) e Making a Murderer (Netflix) sono le due protagoniste di questo appuntamento, due show che hanno lasciato un importante segno in America, ma che in Italia non hanno avuto lo stesso impatto sul grande pubblico. Entrambe sono miniserie autoconclusive che vanno oltre la comune concezione degli show televisivi: se il termine più facile per descriverle è documentario, è altrettanto vero che una categorizzazione così netta non renda giustizia a due prodotti che potremmo definire ibridi. La finzione e la realtà si mescolano, dando modo ai creatori-registi di queste due serie di sperimentare con i generi e con le tecniche narrative, arrivando ad un risultato al di là di ogni più rosea aspettativa.
Per capire meglio l’importanza di questi due show e il terreno di scontro su cui si confronteranno, è importante soffermarsi su una delle caratteristiche principali che condividono: lo stretto rapporto con la realtà. Entrambi gli show raccontano storie legate alla (in)giustizia americana, e lo fanno scegliendo due casi molto diversi, quasi opposti, come opposti sono i due protagonisti coinvolti nelle vicende. Da una parte abbiamo Robert Durst (The Jinx), multimilionario e immobiliarista americano accusato di diversi omicidi e mai condannato, e dall’altra Steven Avery (Making a Murderer), umile campagnolo del Wisconsin, condannato e assolto per l’omicidio di una giovane donna e accusato di averne uccisa una seconda.
Il racconto dei processi che li vedono protagonisti si snoda per tutta la stagione, seguendo passo passo ogni evoluzione processuale, che si trasforma in un colpo di scena facendoci dimenticare a tratti che siamo di fronte a due storie vere. La messa in scena di due esempi eclatanti di mala giustizia americana sotto forma di serie televisiva ha ovviamente il compito di intrattenere una certa fascia di pubblico, ma è innegabile che questi due show abbiano anche una funzione pubblica, di denuncia e invito alla riflessione verso un fenomeno che influenza in modo diretto la vita delle persone.
La rappresentazione della giustizia americana sarà quindi il terreno di scontro di The Jinx e Making a Murderer e le categorie saranno altrettanto particolari, proprio a causa della natura di questi due show, massimi esempi di un genere che potremmo definire real crime drama.
Rapporto con la realtà
Parlando di rapporto con la realtà per due serie che prima di tutto sono dei documentari, ci troviamo davanti ad una delle questioni principali, uno dei punti cardini che decretano, prima di tutto, la buona riuscita del prodotto stesso. The Jinx e Making a Murderer si rapportano alla realtà in modo molto diverso, utilizzando due diverse messe in scena che si adattano in modo ottimo alla storia che stanno raccontando. La serie di HBO è quella che senza dubbio spende più energie – economiche e creative – per la messa in scena: il creatore e regista Andrew Jarecki (Love & Secrets) ha unito immagini di cronaca, tratte da diversi notiziari e show americani, ricostruzioni con attori e interviste ai veri protagonisti delle vicende.
Questo trittico di tecniche narrative rende The Jinx la serie più elaborata e complessa delle due sotto questo punto di vista. Tutta la parte di ricostruzione di quelli che, in modo verosimile, sono stati i fatti realmente accaduti ha portato ad una dilatazione dei tempi di produzione, che è durata più di due anni; la messa in scena degli omicidi di Kathie Durst, Susan Berman e Morris Black sono, in particolare, gli elementi che permettono allo show di avvicinarsi al genere drama, dando comunque l’impressione di non tradire mai lo spirito documentaristico della serie. Queste parti sono stare scritte in base a documenti ufficiali, ricostruzioni della polizia e testimonianze di parenti e amici delle vittime, grazie al grande lavoro di Jarecki, che ha composto un puzzle frutto di un’indagine che al tempo dei delitti non era stata fatta.
Questa messa in scena non ci mostra quello che è successo, ma ci invita a pensare ad alcune domande inerenti ai fatti, facendo fare al pubblico la parte dell’investigatore. Le interviste classiche ai veri protagonisti della storia (non solo persone vicine alle vittime, ma anche detective, avvocati e poliziotti che hanno lavorato ai casi) servono a questo, a collezionare informazioni da far combaciare, per riuscire a ricostruire quanto più fedelmente il ruolo di Robert Durst nelle vicende. La parte senza dubbio più importante è l’intervista al protagonista assoluto dello show, Durst, che si offrì di rilasciare un’intervista a Jarecki per questo progetto. Le parole che escono dalla sua bocca sono fortissime, così come la sua mimica facciale e i suoi tic, che raccontano di per sé una storia vera e che lo metteranno nei guai.
Making a Murderer segue una costruzione documentaristica più classica, senza la drammatizzazione degli eventi presente in The Jinx, ma con una forte impronta processuale; mentre The Jinx tenta di scoprire la verità, intervenendo in modo diretto, MaM la riporta e basta, lasciando le creatrici Laura Ricciardi e Moira Demos (coppia anche nella vita) dietro la telecamera. Le due donne hanno dedicato dieci anni a questo progetto, girando e editando le immagini a loro disposizione, mai con l’idea di fare del giornalismo investigativo. Questo progetto, nato dopo aver letto la storia di Avery sul New York Times, ha messo in moto la loro curiosità, spingendole a occuparsi di un caso così strano per portare alla luce del sole alcuni aspetti critici della giustizia americana.
Per questi motivi, se giudicassimo queste due serie solamente dal lato documentaristico, il punto andrebbe a Making a Murderer, che resta più fedele al genere, intrattenendo come una serie drama – e forse anche di più; tenendo conto, però, che non ci troviamo davanti a due show classici, il punto è conquistato da The Jinx, che con un mosaico di tecniche diverse affronta la realtà e la mette in scena in modo più creativo, originale ed efficace.
Impatto sulla società
L’aspetto più peculiare – e impossibile da prevedere – di questi due show televisivi è proprio l’impatto che hanno avuto sul pubblico USA, ma non solo. Che la giustizia americana non fosse un organo infallibile era chiaro a tutti, ma quando ci si trova davanti a dei casi reali, non frutto della fantasia di qualche autore televisivo, la consapevolezza del problema aumenta in modo sensibile. Possono due serie televisive cambiare la percezione che la gente ha della giustizia e delle figure che dovrebbero servirla – partendo dalla polizia fino ai giudici? La risposta è sì. The Jinx e Making a Murderer non sono i primi però a influenzare in modo netto il pubblico: già dal 2000, il crime drama C.S.I. aveva sensibilizzato e informato il pubblico americano – e di conseguenza i giurati che sarebbero stati coinvolti in processi penali – circa alcune tecniche scientifiche utilizzate dalla polizia, facendo aumentare la rilevanza, anche processuale, di alcuni test, come quello del DNA.
In questo caso, le due serie che si scontrano ora hanno avuto un impatto diverso, facendo interrogare il pubblico soprattutto su questioni morali più che scientifiche. Entrambe le serie sottolineano che le indagini, il ruolo di detective e polizia nelle prime fasi investigative, le prove raccolte, il ruolo della difesa e dell’accusa e infine la giuria siano estremamente importanti e che la ricerca della verità non sia sempre l’obiettivo finale della macchina della giustizia. Uno dei due, però, ha avuto un impatto decisamente maggiore dell’altro: se The Jinx ha suscitato sgomento e confermato che spesso la giustizia non è uguale per tutti – soprattutto per i ricchi –, Making a Murderer ha mobilitato 128 mila persone, che hanno firmato una petizione per chiedere al Presidente degli Stati Uniti la grazia per Steven Avery e suo nipote Brendan Dassey (che non è stata concessa).
Inoltre, alcuni consulenti processuali specializzati nella formazione delle giurie per casi di rilevanza penale hanno ipotizzato che la familiarità di un candidato con la serie potrebbe essere una caratteristica discriminante per la sua inclusione nella rosa finale dei giurati; questo vuol dire che un fan di questo show potrebbe non essere scelto per diventare giurato proprio perché è venuto in contatto con questa serie. Per questi motivo, seppur entrambi i prodotti abbiano fatto riflettere gli spettatori come raramente era successo prima, Making a Murderer ha avuto un impatto maggiore sul pubblico e si aggiudica il punto.
Conseguenze sulla vita dei protagonisti
Come l’impatto che avrebbero avuto sul pubblico, anche quello sulla vita vera dei protagonisti era qualcosa che né Jarecki, né la coppia Ricciardi-Demos avrebbero potuto prevedere. Che una serie televisiva possa avere delle conseguenze è di per sé raro, ma che ne possa avere tanto grandi da occupare le cronache di mezzo mondo è ancora più unico. Stiamo parlando di The Jinx, che tramite il lavoro investigativo del suo ideatore è riuscito a portare dei risultati tutt’altro che scontati: l’arresto di Robert Durst è la conseguenza diretta del lavoro del film maker, evento che gli ha portato non poche critiche. La polizia, che seguiva da tempo ogni spostamento di Durst, lo ha preso in custodia qualche giorno prima della messa in onda del series finale di The Jinx, facendo scoppiare un vero e proprio caso.
La notizia dell’arresto ha portato tanta pubblicità allo show, che ha registrato un raddoppio di ascolti per l’ultimo episodio; Jarecki è stato criticato aspramente per questa tempistica, ritenuta sospetta, ed è stato accusato di aver manipolato le prove in suo possesso per portare vantaggi allo show. Fatto sta che l’autore è riuscito non solo a ricostruire le fasi cruciali dei tre omicidi, ma anche a registrare un audio in cui Durst li confessa chiuso in un bagno, dimenticandosi di avere ancora il microfono addosso – evento che ha portato al suo arresto. Non è ancora certo se questa nuova prova potrà essere ammessa in tribunale e sicuramente per molti non basterà per una condanna, proprio per la natura di questa confessione, sotto forma di soliloquio e quindi per sua natura ambigua perché libera dalle regole che governano la comunicazione con gli altri. Nonostante questo, The Jinx batte Making a Murderer (che non ha ancora portato nessun cambiamento nella vita di Avery e Dassey), portandosi a casa il punto.
Punto di vista
Il punto di vista è forse la caratteristica che più differenzia The Jinx e Making a Murderer e che allo stesso tempo rende i due show quasi complementari. Possiamo individuare due tipi di punti di vista: il primo riguarda la scelta dei personaggi principali, mentre il secondo è inerente alla modalità con cui viene raccontata la loro storia. La serie di HBO sceglie un protagonista ricco di New York, che ha sempre vissuto con una famiglia benestante alle spalle; la sua reputazione prima dei fatti di cronaca era alta come lo era il suo stato sociale e la legge è sempre stata dalla sua parte. Making a Murderer, al contrario, sceglie un povero campagnolo del Wisconsin, con un’educazione pressoché inesistente e nessuna voglia di integrarsi nella comunità di cui faceva parte; mentre il primo è stato sempre protetto in ogni sua “disavventura” legale, al secondo non sono mai stati fatti sconti ed è stato anche condannato per un crimine che non aveva commesso. I due show ci mostrano due facce della stessa medaglia, due universi contrapposti che hanno a che fare, loro malgrado, con la giustizia americana – con esiti altrettanto diversi.
Il secondo tipo di punto di vista è inerente al modo con cui i film maker hanno affrontato le loro storie: Andrew Jarecki ha dato spazio a tutte le voci coinvolte nelle vicende, utilizzando il suo lavoro come contraddittorio all’intervista a Robert Durst. Dando voce all’indiziato principale si è salvato dal confezionare un prodotto troppo di parte, anche se la partecipazione di Durst non ha fatto altro che confermare le tesi del regista e peggiorare l’immagine pubblica del magnate immobiliare. Laura Ricciardi e Moira Demos hanno cercato di mantenere il punto di vista il più equo possibile, stando comunque schierate dalla parte di Steven Avery. Avendo incluso in modo ampio sia le tesi della difesa che quelle dell’accusa, le due autrici hanno lasciato parlare i fatti, che in un caso del genere è la scelta giusta; tutti gli errori fatti durante le indagini sono venuti a galla facilmente, senza bisogno di mettere in scena segmenti troppo di parte, come interviste ai familiari della donna uccisa. Per questo il punto viene conquistato da Making a Murderer, per l’approccio neutrale che riesce comunque a indirizzare il pubblico e a farlo riflettere.
Rapporto personaggi principali/secondari
Entrambi gli show si sviluppano intorno ad un personaggio principale, che rimane per tutto il tempo il punto centrale della narrazione e su cui si concentra tutta l’attenzione; allo stesso tempo, però, è presente un corollario di comprimari, che servono ad alimentare il racconto, inserendo sempre nuove informazioni che vanno ad allargare il quadro principale. Il ruolo dei personaggi secondari è estremamente importante e il loro peso all’interno di entrambe le stagioni è grande; senza il contributo di tutte le persone che hanno fatto parte dei progetti, questi non sarebbero mai venuti alla luce.
Per quanto riguarda questo tema, è interessante sottolineare il fatto che tutte le persone coinvolte siano bianche, dai due imputati ai giudici, dagli avvocati difensori alla giuria in tribunale. La quasi assoluta mancanza di persone di colore – o in modo ancora più generico “non americane” – evita che il problema del razzismo nelle aule di giustizia sia messo in campo, uniformando i due casi trattati, che possono davvero essere messi a confronto.
In questo caso il punto se lo aggiudica Andrew Jarecki per il suo The Jinx, non solo perché ha saputo mettere in scena tutte le voci che hanno fatto parte direttamente o indirettamente della storia, ma per il rapporto che è riuscito ad instaurare tra quelle voci e il pubblico, che le ascolta prestando attenzione ad ogni nuova informazione che potrebbero fornire.
IL NOSTRO RISULTATO
Lo scontro tra The Jinx e Making a Murderer si conclude con tre punti per la serie di HBO e due punti per quella di Netflix, decretando la vittoria di The Jinx. Entrambe le serie si confermano però prodotti straordinari, che hanno dato nuova vita ad un genere, creando due modelli che chi vorrà cimentarsi nel real crime drama dovrà tenere in considerazione.
IL VOSTRO RISULTATO
Anche voi, con le vostre preferenze espresse su Facebook e Twitter, avete premiato lo show di Andrew Jarecki, che vince con il 58% dei voti contro il 42% preso da Making a Murderer.
Questo primo Serialfight ci ha visto quindi d’accordo sul risultato: sarà così anche nel secondo confronto?
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“Per questo il punto viene conquistato da Making a Murderer, per l’approccio neutrale che riesce comunque a indirizzare il pubblico e a farlo riflettere.”
Per quanto abbia visto e molto apprezzato Making a murderer, su questo punto non sono proprio d’accordo. Non ho trovato l’approccio per niente neutrale, anzi, ancora peggio, andando ad informarmi di più una volta terminata la visione della serie, che mi ha lasciato veramente sgomento, ho avuto l’impressione che l’approccio fosse “falsamente neutrale”, ovvero cercasse di far passare neutrale ciò che proprio neutrale non era.
Dalla lettura di articoli e analisi varie sul processo Avery son venuto a sapere che in realtà vi sono diverse prove contro l’imputato che però non sono state minimamente prese in considerazione nella serie, che invece ha preferito concentrarsi solo ed esclusivamente sugli elementi più controversi e suscettibili di scatenare forti emozioni nel pubblico.
Ciao terst!
Partiamo con il presupposto che era impossibile creare una serie come MaM lavorando in modo assolutamente imparziale. Le creatrici hanno deciso di raccontare questa storia proprio perché era piuttosto bizzarra e sicuramente prima di iniziare a lavorare sul progetto avranno avuto una loro opinione, che le ha accompagnate durante tutto il processo. Nell’articolo si parla di approccio neutrale proprio perché un conto è avere delle opinioni sul caso, un altro è fare una serie sfacciatamente di parte. The Jinx nasce quasi per confutare una tesi, quella colpevolezza di Durst, e lo fa anche tramite le ricostruzioni, molto indirizzate verso una versione dei fatti specifica. MaM invece cerca quasi di capire insieme allo spettatore la verità, non nascondendo che Avery non sia un santo; non viene mai presentato così, raccontando anche diversi eventi che gettano ombre sul personaggio, tanto da non dare mai la certezza allo spettatore che lui sia innocente. Il dubbio ci pervade fino alla fine.
Il concetto più importante, però, è che MaM non sia in realtà un whodunit (non ha come obiettivo quello capire chi ha ucciso la donna), ma un racconto della giustizia americana, una giustizia in cui chi comanda (poliziotti, giudici, avvocati), spesso lo fa per interessi personali (carriera, visibilità, prestigio), un po’ come ha cercato di fare Murphy con O.J. Simpson, raccontando una storia per mostrare una realtà.
Ho votato The Jinx per una questione davvero poco tecnica… Making a murderer é talmente didascalico da risultare a volte noioso, fa l’effetto: Questa parte l’ho capita, possiamo andare avanti? The Jinx no. É sempre avvincente, e alla fine stiamo parlando di serie Tv, non di tesi di laurea, quindi questo elemento mi sembra fondamentale