Legion si è rivelata la serie più innovativa ed interessante di questo primo scorcio di 2017, in grado di trovare qualcosa di nuovo da dire su un genere, quello dei supereroi in TV, che sembrava già inflazionato.
Non staremo qui a ripetere quanto l’esperimento Legion stia funzionando: è chiaro a qualsiasi spettatore che la serie di Noah Hawley ha portato sul piccolo schermo un nuovo modo di raccontare una storia delle “origini” di un supereroe, quel Legion che tanta parte ha nei fumetti Marvel dedicati agli X-Men. Per la prima volta, però – e la coincidenza di apparizione con Logan è davvero molto interessante – la FOX ha cominciato a cercare una via alternativa ai due colossi Warner-DC e Marvel Studios (la casa cinematografica della Marvel che ha prodotto il vasto MCU). Il proprio racconto si è dunque spinto in una direzione più adulta, sia al cinema che in TV, non preoccupandosi di lasciare indietro parte del proprio pubblico di riferimento per dare un maggior lustro ed una più profonda maturità al proprio prodotto.
Ecco in che filone si inserisce Legion: si tratta chiaramente di una serie che non guarda al pubblico che segue con interesse le serie DC-CW, ma a quegli spettatori solitamente lontani dalle serie supereroistiche, per divertirsi a scardinare alcuni dei topoi del genere, elementi che poi usa per parlare dei suoi personaggi e delle loro vicissitudini. Anzi, a dir la verità quella che è la più evidente mancanza in Legion è proprio quella di una trama, sacrificata consapevolmente all’altare dei personaggi e dell’aspetto estetico. Questa scelta, però, trova in questo episodio il proprio punto di maggior debolezza perché la scrittura autoriale cade trappola di quei topoi che intende sovvertire e, salvo qualche momento in chiusura di puntata (sia la rivelazione del demone che quella scena, ancora tutt’altro che chiara, della pallottola al rallentatore, su cui si tornerà con maggior attenzione in futuro), si ha la sensazione di aver assistito all’episodio meno concreto dell’intera stagione sinora.
Cerchiamo di capirci, non siamo davanti ad un brutto episodio: questo “Chapter 6” ha alcuni momenti estremamente interessanti ma non è in grado di sfruttarli a dovere. Già considerando soltanto l’idea alla base di questo episodio, non possiamo non esser subito travolti da una potentissima sensazione di déjà-vu: i personaggi in un manicomio a cui viene fatto credere di aver “sognato” tutto quanto vissuto sinora non è affatto qualcosa di particolarmente originale; fin qui, però, non ce ne saremmo stupiti né scandalizzati, dato che Legion ha già in passato sfruttato questi contesti ben noti per darne una nuova rilettura. Non è così, però, perché tutto si muove sui binari sicuri e stabiliti dal genere di episodio e la serie non riesce a smarcarsene in alcun modo. Quella che poteva essere un’ottima occasione per approfondire i personaggi secondari – che in questo episodio hanno uno spazio molto ampio – si palesa o attraverso racconti diretti alla “psicologa”, oppure attraverso deviazioni dai loro comportamenti abituali che non riescono però a raggiungere davvero il nocciolo delle personalità tratteggiate. Così tutta la narrazione su Kerry che non sa di essere una donna forte passa in secondo piano proprio perché si rivela essere un’alternativa a qualcosa di non sufficientemente approfondito sinora.
È chiaro, però, che il personaggio cardine intorno al quale il racconto continua a girare è l’esplicito protagonista, David. Questo mondo, in un certo senso, è stato costruito per lui: il Parassita, o come lo si preferisce chiamare, ha radunato in quel luogo tutti i suoi amici affinché egli possa sentirsi protetto e al sicuro dal mondo esterno. Ogni cosa, tutto sommato, sembra rispondere alla sua ricerca di stabilità e tranquillità: ha l’amore, l’amicizia e soprattutto ha finalmente trovato quell’equilibrio che gli è stato per così tanto tempo negato. Che altro desiderare se non rimanere per sempre lì, nella tranquilla sicurezza di un mondo non perfetto, ma costruito a uso e consumo delle proprie necessità?
Qualcosa si rompe per David, però, ancor prima della confessione del parassita: la sua paura di essere rifiutato si concretizza nella sorella che ribadisce il suo essere stato adottato e di conseguenza l’essere sempre stato un alieno nella loro famiglia. Le paure di David, nonostante si sia rifugiato in quel mondo fatto su misura per lui, scalfiscono la superficie ed emergono con virulenza. Il demone non è altro che un parassita che è con lui sin dalla nascita per sfruttare i grandi poteri di cui sembra dotato; questa creatura, qualsiasi cosa sia più nello specifico, è sul serio un ospite non gradito: David non era schizofrenico per via dei suoi poteri, lo era per via di questa presenza nociva che sta acquisendo sempre più potere e potenza nella mente dell’uomo. Questo demone è l’altro, l’incarnazione di ogni paura e di ogni mania, che si è condensato materialmente nella mente di David ed ha ora catturato con sé anche tutti gli altri. C’è spazio anche per Syd, che poi è l’unica che si sta davvero rendendo conto di quello che sta accadendo e di quanto la realtà che la circonda sia ben diversa dalla verità.
Aiuta moltissimo che a prendere le forme di questo demone sia Aubrey Plaza, che si sta evidentemente divertendo moltissimo a dare sfogo a tutta la follia e alla necessaria impossibilità di controllo. Il pezzo musicale, che poi rappresenta al meglio la forza espositiva di questa serie, è prezioso e divertente grazie soprattutto alla sua presenza scenica, che non scivola mai nel caotico più intollerabile. Questo demone, terribile anche nella modalità in cui si palesa, è il mezzo perfetto attraverso cui la serie può dare sfogo diretto al proprio estro visivo, alla propria volontà di esprimersi soprattutto attraverso la psichedelica ricerca di immagini e di montaggio che possano scardinare e scuotere le fondamenta del racconto, in una modalità non dissimile da quanto fatto da Mr. Robot (di cui condivide anche alcuni difetti).
I problemi di questo episodio, dicevamo, si concentrano soprattutto nell’esprimere una puntata che non solo non porta avanti la trama (e mancano solo due episodi al finale di stagione), ma che dice davvero troppo poco sugli altri personaggi per poter brillare sul serio. Di conseguenza si continua ad avvertire una sensazione di già visto altrove senza che la scrittura autoriale sia in grado di innovare in modo sostanziale. Certo, lo stile grafico e visivo resta quello proprio della serie, uno degli evidenti punti di forza, ma mai come in questa puntata è sembrato la maschera con cui coprire una debolezza narrativa finora non così evidente. Per una serie che ha fatto dell’innovazione e del racconto maturo il proprio punto cardine non è certo il massimo, ma si tratta di un mezzo passo falso che non inficia affatto la visione della serie, anzi al massimo la rende più “umana”.
Gli ultimi due episodi della stagione dovranno confermare che Noah Hawley ed il suo team sono stati in grado davvero di sovvertire i canoni del genere, per quella necessaria maturità di cui anche questo tipo di racconto necessita urgentemente. E non sarà un episodio più debole degli altri a creare problemi insormontabili.
Voto: 6
Questa serie mi sta prendendo tantissimo, io poi sono proprio una spettatrice non appassionata di supereroi, esattamente come avete scritto all’inizio della vostra recensione.
Già all’inizio mi chiedevo, subito dopo finita la puntata, dove sarebbero andati a parare. Questa introspezione mi piace moltissimo, ma sapevo che il momento dell’azione sarebbe arrivato e temevo che mi avrebbe delusa. Quel poco di azione vista finora invece non mi ha delusa, e mi piace che ci sia meno azione e più riflessione, insomma che si viaggi nella mente del protagonista, però tutto ciò mi preoccupa, temo che i futuri momenti di azione non saranno all’altezza di quanto visto finora. Prima o poi la trama dovrà andare avanti, e finora mi è piaciuta così tanto questa serie che ho troppo paura che mi deluda. Insomma nell’ultima puntata siamo rimasti col dubbio finale di quella precedente e abbiamo appreso poco di nuovo. Speriamo bene per il finale!
Concordo sul calo di tensione di questa puntata. Ovvio che alla luce dei due episodi successivi potrebbe essere rivalutata, ma la sensazione è che sia stato un episodio riempitivo, e in una serie così breve non ha molto senso.
Aubrey Plaza è l’indiscussa regina di Legion: ogni volta che appare sulla scena ti magnetizza e lo spazio dedicatole in Feeling Good sembra proprio inserito in corso d’opera per valorizzarne le sue doti.
Massima fiducia in Hawley, per cui spero, come detto, di rivalutare questo episodio già dal prossimo.