Sex Education – 1×01 Pilot


Sex Education - 1x01 PilotTra i primi grandi show con i quali Netflix ha deciso di lanciare la stagione 2019 c’è sicuramente Sex Education, che arriva esattamente un anno dopo l’approdo sul network dell’altrettanto british The End of the F***ing World, altro coming of age show che lasciò il segno in quell’inizio lento e senza grandi guizzi della precedente stagione televisiva.

Realizzato dalla quasi emergente Laurie Nunn (con alle spalle un’esperienza perlopiù teatrale), Sex education si propone di raccontare i disagi del mondo adolescenziale, concentrandosi maggiormente sull’aspetto della sessualità e partendo da uno spunto narrativo sicuramente inedito: un teenager, alle prese con un difficile rapporto con la madre sessuologa, decide di fare soldi nel proprio liceo sfruttando le sue conoscenze in campo sessuale per aiutare gli altri studenti in difficoltà.
L’approccio è originale, e la scrittura di Nunn evidenzia nell’ottimo ritmo e nei tempi delle battute del pilot la derivazione teatrale della propria formazione autoriale. La serie sembra voler strizzare l’occhio ai teen-drama americani,  cercando però di leggerli in chiave più europea e all’apparenza sovversiva, proponendosi come risposta più scanzonata e scorretta agli eccessivi drammi di 13 Reasons Why nel modo di leggere le difficoltà del mondo giovanile. Si parla principalmente di sessualità, argomento ormai non proprio più tabù sul piccolo schermo, e proprio nel modo di affrontare questo tema emergono le difficoltà del pilot ad uscire dalla sfera del puro intrattenimento un po’ fine a se stesso.

Sex Education - 1x01 PilotIl registro comico dovrebbe essere il mezzo volto a desacralizzare in modo irriverente un argomento su cui, nella realtà giovanile, pesa ancora un velo di “omertà”, soprattutto nel modo silenzioso e nascosto con il quale viene vissuta la propria intimità in un mondo che vive di pressioni e apparenza, e nel quale fragilità e debolezze non devono trapelare in superficie. Piuttosto che desacralizzare l’oggetto del suo racconto, Sex Education invece lo anestetizza, ricorrendo a stereotipi e caricature con lo scopo non di risultare irriverente, ma di rendere il tutto più familiare e facilmente accessibile. Insomma, dissacrante in superficie, molto tradizionale e consapevolmente furbo nella sostanza.

Dal linguaggio all’estetica, tutto il prodotto nasconde, dietro una finta volontà di essere eversivi, una confezione invece molto superficiale e patinata, che di certo non aggiunge nulla al valore meramente divertente dell’episodio. Questo è evidente sin dalla costruzione dei personaggi, che da un punto di vista contenutistico non vanno oltre gli stereotipi del genere già visti e rivisti: lo sfigato ancora vergine, la bad girl emarginata, la bionda procace e precoce, il gay macchietta, il bullo della scuola ma con forti complessi di insicurezza. La stessa Gillian Anderson, se da una parte risulta perfettamente a suo agio con i tempi comici, dall’altra sembra più la caricatura dei personaggi recentemente interpretati sul piccolo schermo.

Il rischio è quello di andare incontro al destino di 13 Reasons Why già in partenza. Come l’altra serie di Netflix, partita dall’intento nobile di parlare di suicidio giovanile, e finita poi per spingere all’eccesso sul drama sensazionalistico e perdere completamente la sua carica emotiva, anche Sex Education rischia di voler parlare dei disagi adolescenziali legati al sesso rimanendo, però, nei confini di una confezione in realtà molto più rassicurante di quanto sembri all’apparenza. Insomma, Sex Education non parla di educazione sessuale più di quanto il nostrano Baby parli di prostituzione minorile o You di stalkeraggio, tutti temi potenzialmente “tabù”, ma che finora non hanno trovato un registro migliore di quello a metà tra teen-drama e romanzo rosa con annesse 50 sfumature di grigio.

Sex Education - 1x01 PilotPerlomeno, Sex Education sembra perfettamente consapevole di quello che è (e di quello che non è), senza ad esempio il registro pretenzioso di You, dove l’abuso di voice over nasconde una narrazione completamente incapace di raccontare per immagini e scavare nei personaggi.
Il pilot fa infatti molto bene il suo lavoro, sia nel gestire il ritmo (anche se un formato di una lunghezza minore avrebbe probabilmente giovato di più), che nel trovare momenti di scrittura freschi e divertenti, costruendo una base su cui ci sarebbe la possibilità di aggiungere tantissimo – se ci sarà ovviamente l’intenzione di farlo. Il rapporto tra il protagonista e il suo migliore amico, così come con una madre terapista che, dietro il suo essere open-minded, nasconde dei problemi irrisolti nel relazionarsi col figlio, sono ottimi spunti da cui partire per la caratterizzazione e lo sviluppo perlomeno dei personaggi principali.

Bisognerà vedere se la serie deciderà di lasciarsi andare e approfondire i suoi oggetti del discorso, oppure continuare, seppure con una scritture comicamente riuscita, a giocare sul sicuro, fermandosi ad essere un prodotto divertente, ma destinato presto a scomparire nel flusso di nuove serie che ogni settimana arrivano a portarsi via tutto ciò che, a conti fatti, non è proprio degno di nota.

Voto: 6½

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