Unbreakable Kimmy Schmidt – Stagione 4 Seconda Parte


Unbreakable Kimmy Schmidt - Stagione 4 Seconda ParteCon gli ultimi sei episodi di una quarta stagione divisa in due parti, si conclude l’avventura di Unbreakable Kimmy Schmidt, serie nata dalle menti di Tina Fey e Robert Carlock che debuttò nel 2015 su Netflix – dopo essere stata ordinata da NBC quasi due anni prima – e che si proponeva l’arduo compito di presentare sotto forma di comedy surreale la vita di una sopravvissuta ad un evento terribile come un rapimento durato quindici anni.

Le premesse non erano delle più semplici e possiamo dire che forse è stato proprio a causa del grandissimo scarto tra tema trattato e registro utilizzato se la serie ha avuto successo: fare della comicità uno strumento per parlare del trauma e della sua elaborazione è una chiave di lettura che apre le porte potenzialmente a qualsiasi evento, rendendo possibile il continuo innalzamento della sospensione dell’incredulità senza mai davvero intaccare l’essenza della serie.
Negli anni abbiamo visto Kimmy (ma anche i suoi coprotagonisti) affrontare vicende che osservavano il limite dell’assurdo solo per superarlo senza porsi alcun problema, riuscendo al contempo a parlare dell’attualità in un modo che spesso ha battuto serie ben più blasonate – pensiamo a temi come la gentrification, il femminismo, l’ipocrisia e le storture dello show business.
Era quindi lecito aspettarsi una stagione finale che affondasse a piene mani nella natura della serie, riuscendo al tempo stesso a tenersi al passo con i temi più contemporanei senza rinunciare ai punti di forza che l’hanno resa ancor più famosa negli anni, come il numero esorbitante di guest star che hanno fatto anche solo una comparsata nella serie, o il citazionismo pop più estremo.

Unbreakable Kimmy Schmidt - Stagione 4 Seconda PartePartiamo col dire che dividere la stagione in due parti da sei puntate non ha purtroppo giovato alla sua riuscita: la divisione dei dodici episodi in anni diversi avrà anche permesso alla serie di candidarsi due volte ai maggiori premi della serialità, ma non ha aiutato la storia, che soprattutto nella sua prima parte ne ha risentito notevolmente. In quest’ottica le puntate del 2019 emergono sicuramente come più riuscite rispetto a quelle del 2018 che, pur vantando tra di loro uno degli episodi migliori dell’intera serie (“Party Monster: Scratching the Surface”), non reggono il confronto con le ultimi sei: infatti, sebbene anche qui i difetti non siano mancati, la serie ha recuperato nella maggior parte dei casi in termini di coesione e di visione d’insieme, in particolare per quanto riguarda il percorso della stessa Kimmy. Sugli altri versanti i risultati sono stati forse meno convincenti, ma sono stati altrettanto evidenti gli sforzi per portare ad un finale che desse dignità ai percorsi di ciascun personaggio: Titus, Lillian e Jaqueline, seppur in modi diversi, chiudono la serie riuscendo incredibilmente ad essere cresciuti pur rimanendo se stessi, come solo una comedy di questo tipo può fare. Al contempo, però, non tutto è andato liscio, e qualcuno di questi personaggi ha accusato il colpo di storyline nate con le migliori intenzioni ma cadute più di una volta in trappole che si potevano evitare.

Unbreakable Kimmy Schmidt - Stagione 4 Seconda ParteNelle puntate 7 e 8, ad esempio, si decide di scendere più nel dettaglio con la storia legata a Mr. Frumpus e dunque a movimenti quali il #MeToo e Time’s Up. Per quanto riguarda Titus, la vicenda riesce a veicolare esattamente il messaggio voluto pur utilizzando un pupazzo come molestatore: la presenza dello stesso Ronan Farrow come guest star sottolinea le valide intenzioni di una storyline che, tra il victim blaming di Coriolanus e espressioni di solidarietà tanto evidenti quanto poco utili come quelle dei Tony Awards, riesce a centrare perfettamente l’obiettivo preposto, ossia parlare dell’ipocrisia che circonda Hollywood e in generale il mondo dello spettacolo. D’altro canto, però, quando si passa ad applicare la medesima storia a Jaqueline e a Mimi, la strada si fa decisamente più scivolosa: vedere le due donne che cercano di trovare dei compagni tra dei giovani adulti da Home Basics può far sorridere, ma non a scapito del messaggio di fondo – i ragazzi si orientano verso donne più adulte perché le ragazze della loro età si “offendono troppo” davanti a delle avances. Un concetto, questo, ribadito dalla stessa Lillian – “See, ’cause all this “MeToo” and “TimesUp” and, “Ooh, I’m gonna ruin your life just because you made me lick pudding off your desk during a job interview!” This generation of guys is running scared. They’re afraid to make a move ’cause girls of their age are so easy to take offense” – in un modo che chiaramente voleva essere provocatorio (soprattutto perché condito da frasi come “noi vecchie donne sappiamo come prendere un complimento”), ma che nel suo insieme è risultato poco ponderato e facilmente attaccabile per scarsa sensibilità nei confronti del tema. Si può immaginare che le intenzioni iniziali non fossero queste, ma è innegabile che la scrittura dell’intera sezione sia stata poco attenta e, in modo piuttosto evidente, orientata solo all’effetto del ribaltamento finale, quando le donne si accorgono che quei ragazzi potrebbero essere loro figli (nel caso di Mimi letteralmente) e scappano a gambe levate.

Unbreakable Kimmy Schmidt - Stagione 4 Seconda ParteUn altro esempio di riuscita solo a metà è rappresentato dall’episodio 9, “Sliding Van Doors”, terzo della sestina esattamente come lo era stato il già citato “Party Monster”: anche in questo caso assistiamo ad una puntata che si stacca notevolmente dal resto, per modus narrandi e in questo caso anche per durata (53 minuti). Il “what if” è uno strumento ampiamente utilizzato nella serialità televisiva, al punto da costituire ormai un trope quasi obbligatorio all’interno di una narrazione che coinvolga personaggi profondamente cambiati dall’incontro con altri o da eventi molto significativi della loro esistenza. In particolare, il riferimento a Sliding Doors e all’enorme impatto che ebbe nell’immaginario collettivo alla fine degli anni ’90 non è certo cosa nuova (si pensi anche solo alla season premiere dello scorso anno di Broad City, in cui è stato usato come mezzo per raccontare la origin story delle protagoniste). L’originalità purtroppo manca già a partire dalle premesse, ma non è solo questo il problema: davanti ad un episodio che pure conserva i suoi colpi di genio (la storia di Titus all’interno della Church of Cosmetology come specchio di Scientology), spiace un po’ vedere che le strade intraprese sono piuttosto banali e votate ad un semplice ribaltamento delle situazioni che già conosciamo. Il percorso di Kimmy, però, spicca fra gli altri, soprattutto per la decisione di renderla una persona sopravvissuta ad un altro trauma a cui reagisce però in modo molto diverso: “mole woman” e “coma girl” sono due donne agli antipodi per diversi motivi, unite però da un alto livello di determinazione riconoscibile nonostante le differenze e che riscontriamo soprattutto nel finale, quando, tornati alla realtà, Kimmy risponde con un secco “no” alla domanda di Titus – ossia se abbia mai pensato a come sarebbe andata la sua vita senza il rapimento.

Unbreakable Kimmy Schmidt - Stagione 4 Seconda ParteÈ questa con ogni probabilità la parte più riuscita della stagione, ossia il modo con cui vengono analizzate le conseguenze del trauma che ancora vivono dentro Kimmy nonostante lei cerchi con tutte le sue forze di mandare avanti la sua vita. Quel libro, “Legends of Greemulax”, che già avevamo visto nel midseason finale l’anno scorso, diventa una vera e propria arma che la protagonista usa per farsi strada nella sua vita, cercando di fare del bene agli altri e finendo inevitabilmente col farlo anche a se stessa. Queste sei puntate ci mostrano come il passato continui a tornare sotto forma di flashback o di reazioni istintive (l’attacco al “mostro” insieme a Donna Maria, il riflesso pavloviano con cui utilizza la zucca di plastica nel negozio di Sheba), e come ciononostante Kimmy abbia un’infinita fiducia nella sua possibilità di poter cambiare le cose, persino quando sembra aver perso ogni speranza. La mancanza di certezze nella sua esistenza si traduce in un percorso di ricerca di sé in continuo movimento, che va dalle situazioni più assurde (esilarante il rapporto che sviluppa con i genitori di Josh in”Kimmy Is In a Love Square!”) a quelle più ragionate e ponderate, come la decisione di non prendere i soldi da una compagnia che agisce in un modo eticamente scorretto. Persino quando agisce ai limiti della morale – la minaccia dell’autodenuncia per le sue vecchie accuse di molestie sessuali al fine di ricattare Zach – lo fa comunque con un obiettivo più alto, che in questo caso è proprio quello che la condurrà al suo lieto fine: la creazione del sito per vendere il suo libro sarà quello che la renderà una scrittrice di successo, ma soprattutto una donna capace di far sentire i bambini al sicuro.
Per quanto il suo sia un finale ai limiti del fiabesco, è stato davvero l’unico modo per farla andare oltre il trauma: il ribaltamento finale le consente infatti di trasformare l’atto di creazione del terribile mondo immaginario attuato dal Reverendo in un’azione uguale e opposta, con un mondo di finzione che diventa realtà, creato col solo proposito di tirare fuori dai bambini – futuri uomini e donne della società – il loro meglio, aiutandoli a combattere i loro mostri interiori.

Unbreakable Kimmy Schmidt - Stagione 4 Seconda ParteI coprotagonisti chiudono il loro percorso in modo meno soddisfacente rispetto a Kimmy, in particolare per quanto riguarda Jaqueline: nonostante la performance irresistibile di Zachary Quinto, l’inserimento del cieco Eli nelle ultime due puntate – al solo scopo di trovare per la donna un uomo che la ami per quello che è e non per il suo aspetto fisico – è stato decisamente troppo rapido, volto solo a dare anche a lei un lieto fine ma senza l’impegno che un personaggio del suo calibro si sarebbe meritato.
Se il percorso di Lillian si conclude senza entusiasmi ma tutto sommato nel modo più adatto a lei – diventa infatti letteralmente la voce di New York dopo essersi opposta per l’ennesima volta alla gentrification del quartiere –, quello di Titus soffre di diversi alti e bassi. Non mancano le risate, ovviamente, ma neanche le lacrime (impossibile non commuoversi davanti alla sua esibizione per The Lion King), e in linea generale il suo percorso professionale è quello che ne esce meglio – soprattutto nella puntata “Kimmy Is Rich*!”, in cui si scoprono le origini folli del musical Cats. Tuttavia la sua storia con Mikey risente dell’evidente necessità di tirarla per le lunghe e persino il finale da sogno sul red carpet e con i loro “beautiful ethnic babies” non ripaga della lunga attesa.

Unbreakable Kimmy Schimdt è riuscita a chiudere la quarta stagione meglio di quanto ci si potesse aspettare dalla prima parte degli episodi, dimostrando un grande affetto per la sua storia, ma comunque non senza qualche inciampo; l’impressione che si ha in conclusione è che questa “stagione 4B” avrebbe sicuramente tratto giovamento da una scrittura meno caotica, disposta a sacrificare qualche frecciatina all’attualità e qualche guest star (questa volta davvero tantissime, da Jon Bernthal a Steve Buscemi, che compare in scena dopo aver diretto un episodio della seconda stagione) in nome di una narrazione ancor più coesa, che avrebbe reso onore ad una serie nel suo piccolo davvero rivoluzionaria. Ellie Kemper, Tituss Burgess, Jane Krakowski e Carol Kane hanno portato in scena per cinque anni personaggi indimenticabili e la serie ha saputo toccare picchi altissimi sia per comicità che per sensibilità: nonostante la riuscita solo parziale di questa ultima stagione, è impossibile non riconoscere allo show la sua carica innovativa nell’aver creato un mondo completamente folle ed estraneo alle logiche della vita normale, e tutto questo senza mai diventare la parodia di se stesso.

Voto stagione 4 parte 2: 7+
Voto serie: 7½

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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