È da poco sbarcata su Netflix la prima stagione di Our Planet, l’attesissima docu-serie sulla natura narrata dalla leggenda del settore David Attenborough in quello che è forse l’ultimo genere inesplorato dalla piattaforma, una produzione mastodontica durata quattro anni e che ha coinvolto una crew di oltre seicento persone in più di cinquanta paesi.
Non si può parlare di Our Planet senza prima menzionare un altro classico del genere, Planet Earth, la serie targata BBC che, soprattutto con la sua seconda parte uscita alla fine del 2016, ha lasciato un’impronta indelebile. I punti in comune sono moltissimi, e non a caso buona parte del cast tecnico, incluso il già citato David Attenborough, hanno lavorato a entrambi i progetti, con l’aggiunta del premio Oscar Steven Price nel reparto musicale. In quest’ottica, Our Planet, nonostante sia un prodotto Netflix, si può vedere come un seguito spirituale di Planet Earth II. Quest’ultimo, a partire dalla splendida colonna sonora di cui Hans Zimmer ha composto il tema principale, ha regalato scene memorabili capaci di entrare subito nell’immaginario collettivo, come il famoso inseguimento dell’iguana alle Galapagos, degno erede fauinistico di Mad Max: Fury Road. Con questo in mente, Our Planet non poteva semplicemente riproporre le stesse cose – un lavoro che, quando si parla di questo genere di documentari, è comunque un’impresa non da poco -, e ha deciso di aggiungere un elemento essenziale nella narrazione quasi totalmente assente nei prodotti precedenti: gli effetti del surriscaldamento globale.
Ormai tutti conosciamo l’impatto dell’uomo sull’ambiente, e Planet Earth II aveva dedicato un’intera puntata sugli animali costretti ad adattarsi al nuovo habitat delle città, citando esempi come Singapore in cui l’amministrazione locale ha fatto dei passi importanti nell’implementare anche uno sviluppo floreale/faunistico a quello urbano per favorire una coesistenza sostenibile, ma in Our Planet questa tematica viene messa in primo piano. Dove Planet Earth II aveva alzato l’asticella riprendendo la natura in tutta la sua epicità come mai prima d’ora, Our Planet lo fa mostrando le conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente senza mai cercare di risparmiare allo spettatore la visione delle sue ripercussioni. La scena più emblematica è sicuramente quella dei trichechi sulle spiagge russe, costretti ad ammassarsi su un lembo di terra piccolissimo a causa dello scioglimento dei ghiacchi. Da un punto di vista registico, l’utilizzo dell’iconografia tipica del cinema bellico rende ancora più cruento quello di per sé è già un evento che ci deve far riflettere sulle conseguenze del cambiamento climatico.
Our Planet fa anche un grandissimo lavoro nell’esprimere al meglio un messaggio che, nell’attuale clima politico, risulta più forte che mai: su questo pianeta, tutte le specie sono legate tra di loro, e la diversità è la sua più grande forza, oltre che l’arma per sopravvivere. Ogni azione, da quella del più piccolo dei plancton alle balene che navigano gli oceani, serve a mantenere un fragile equilibrio. La grande varietà di animali e piante che popolano la terra agiscono in maniera diretta sulla sua salute, e bastano le azioni di una sola specie – quella umana – per metterne in pericolo la sopravvivenza.
Nel corso della stagione, Our Planet riesce abilmente a rafforzare il senso di quello che stiamo rischiando di perdere se non poniamo fine al maltrattamento nei confronti della natura. I dati sul disboscamento incontrollato o sulle specie a rischio di estinzione sono già noti da tantissimi anni, ma nel momento in cui la puntata passa dal mostrare una scena che riscalda il cuore come i riti di corteggiameno di alcuni ucelli alle conseguenze dirette di questi problemi, l’impatto emotivo è ancora più forte. La serie non si limita solo a parlarne, ma offre anche spiegazioni – sul sito ourplanet.com – su cosa fare di concreto per salvaguardare questo patrimonio. Il titolo stesso della serie ci allontana da quello è il sentimeno popolare di chi spinge verso la separazione e l’isolazionismo: questo pianeta è casa, e spetta a noi salvaguardarlo per permettere a chi verrà dopo di noi di sopravvivere e poter ammirare e godere di quello che ci circonda. Assistendo alle migrazioni di alcune specie costrette a percorrere centinaia di chilometri per trovare un po’ di acqua la mente va subito al fenomeno migratori a cui assistiamo ogni giorno in cui le persone rischiano la vita per mettersi in salvo da zone in guerra, ma spostamenti dettati dalle condizioni precarie della salute del nostro pianeta interesseranno sempre di più anche la nostra specie. Affinché il mondo funzioni correttamente, è necessario che nessuna specie prevalga sulle altre, un processo che negli ultimi secoli abbiamo totalmente scombussolato.
Our Planet, però, ci mostra anche che non tutto è perduto, presentando esempi concreti – come quello nel caso delle sponde del Pacifico in Sud America – in cui la capacità degli umani di agire con determinazione per impedire lo sfruttamento del territorio hanno portato a improvvisi e rapidi ripopolamenti di intere aree, ristabilendo in parte l’equilibrio dell’ambiente. Il nostro è sicuramente un pianeta fragile, ma ci dimostra anche che, se gli viene data la possibilità, ha la forza necessaria per rimettersi in piedi. L’esempio forse più incredibile è quello di Chernobyl: un’area dichiarata inabitabile per i prossimi ventimila anni, dopo la sua evacuazione ha visto un ritorno di specie animali in numeri altissimi che in alcuni casi superano quelli delle aree più remote del continente europeo. Certo, si può leggere anche un sottotesto il cui messaggio è “Senza l’uomo, si starebbe molto meglio”, ma visto il ruolo enorme che abbiamo giocato nel portare il nostro pianeta in questa situazione, abbiamo il dovere di rimboccarci le maniche e rimediare ai nostri errori perché non siamo gli unici ad abitare la Terra, e questo Our Planet non smette mai di ricordarlo.
Una cosa che può passare facilmente inosservata è il bonus di un’ora sul making of della serie. È naturale chiedersi come abbiano fatto alcune delle riprese più spettacolari, e con questo contenuto extra ci è possibile capire ancora più a fondo l’immenso lavoro svolto per portare sui nostri schermi questa serie incredibile. Inoltre, se ne avete la possibilità, recuperate Planet Earth II, perché c’è davvero la sensazione che siano due serie in grado di completarsi ed elevarsi. Our Planet si dimostra uno dei prodotti più importanti di questa stagione televisiva, che riesce a trattare con eleganza un tema importantissimo come quello del surriscaldamento globale ricordandoci che quando c’è in gioco l’equilibrio del pianeta, è un pericolo che riguarda tutti noi.
Voto: 9