Stranger Things – Stagione 3 4


Stranger Things - Stagione 3Dopo l’enorme successo ottenuto con le due stagioni precedenti, questa nuova avventura estiva di Stranger Things aveva davanti a sé l’arduo compito di mantenere alto il livello qualitativo già conquistato in precedenza, insieme all’ovvia necessità di rinfrescare l’universo creato dai Duffer Brothers con novità e accorgimenti capaci di rinnovare lo show, mantenendo allo stesso tempo gli elementi più caratteristici che ci hanno fatto così tanto appassionare alle avventure dei ragazzini di Hawkins.

Si tratta di un compito, come si diceva, davvero difficilissimo ed era più che lecito, da parte degli spettatori, avere il timore di assistere a una perdita di idee o a qualche scivolone qualitativo. Tuttavia, si può affermare con sollievo che questa nuova stagione di Stranger Things non solo è riuscita a tenersi lontana dai rischi citati, ma è stata soprattutto capace di rinnovare le proprie caratteristiche, aprendosi a un nuovo mondo, sia dal punto di vista narrativo (con l’entrata dei protagonisti nell’adolescenza), e sia dal punto di vista estetico e visivo (con il suo mood estivo e colorato e con una nuova, cruenta raffigurazione del Mind Flayer). Ma andiamo con ordine.

Un nuovo equilibrio

Uno degli aspetti più limitanti di Stranger Things riguarda proprio l’eterno ritorno del Mind Flayer che, a prescindere dalle modalità con cui riprende a tormentare le vite dei cittadini di Hawkins, rappresenta una costante dello show. Se nelle prime stagioni la manifestazione di questo villain donava alla serie una buona dose di fascino e mistero, con questa ultima annata si è presentata la necessità di accompagnare alla sua presenza un gran numero di nuove dinamiche e situazioni che riuscissero a mantenere vive tali sensazioni, nonostante la familiarità conquistata dagli spettatori nei confronti di questa creatura malefica (e disgustosa).

Stranger Things - Stagione 3Gli autori non si sono lasciati intimorire da questo pericolo e hanno colto la palla al balzo per rappresentare al meglio anche il Mind Flayer attraverso una gestione quasi perfetta delle numerose storyline messe in scena: il ritmo incalzante di tutta la stagione ha permesso, infatti, una visione plurima delle modalità con cui opera il villain, mostrandocelo da diversi e interessanti punti di vista, a partire da chi ne è posseduto (in particolare con Billy), fino a chi tenta di scappare dalle sue grinfie.

Inoltre, l’entrata in scena del laboratorio segreto sovietico (un chiaro ed ironico rimando alla fobia antisovietica nei tempi della Guerra Fredda) ha dato il via alla possibilità di presentare un gran numero di scene action costruite benissimo, rendendo così lo show ancora più avvincente. Ma non solo: fra gli aspetti meglio riusciti (di sempre, ma ancor di più in questa stagione) è presente l’ottima gestione dell’equilibrio fra gli aspetti più comedy dello show – il quartetto composto da Dustin, Erica, Steve e Robin è stato a dir poco irresistibile in questo senso – a quelli più drammatici e horror che, con i personaggi sempre più maturi, hanno potuto prendere sempre più spazio e arricchire la serie di nuove emozioni mai esplorate prima. Il tutto, si diceva, è stato reso possibile proprio grazie alla cura con la quale sono state rappresentate e alternate fra loro le diverse storyline. Il gran numero di situazioni incontrate dai più svariati personaggi non hanno reso lo show per niente dispersivo, anzi: ogni elemento messo in gioco si è poi incastrato, nelle ultime puntate della stagione, in un insieme equilibrato e dinamico che ha messo in luce ancor di più la bravura degli sceneggiatori nel destreggiarsi con un gran numero di elementi.

The real world sucks.

Stranger Things - Stagione 3Ma il vero punto di forza di tutta la stagione – da e per cui si sono potute sviluppare le cose dette in precedenza – risiede nei personaggi e nella loro maturazione. Quei bambini avventurosi che abbiamo conosciuto e amato nella prima annata adesso devono vedersela con le gioie e i dolori dell’adolescenza, insieme a tutto ciò che ne consegue. A concorrere alla buona riuscita della messa in scena di questo cambiamento, la nuova amicizia maturata fra Eleven e Max (dopo la forzata rivalità della scorsa stagione) è uno dei segmenti meglio riusciti della terza annata. Con e attraverso la loro amicizia, possiamo osservare come Eleven abbia imparato man mano a ritagliare a suo piacimento la propria individualità e come la giovane abbia preso coscienza del fatto che quest’ultima non debba più legarsi esclusivamente ai suoi poteri o alla storia d’amore con Mike. Esattamente come accade quando, nell’approcciarsi allo shopping, può scegliere gli abiti che più le aggradano, Eleven sta imparando non solo a conoscere meglio se stessa, ma anche a costruirsi gli spazi necessari in cui manifestare la sua personalità e la sua unicità. Anche il rapporto travagliato con Mike ha messo entrambi a dura prova, non solo per la confusione nell’affacciarsi per la prima volta alla sessualità, alle caratteristiche e ai misteri del sesso opposto, ma anche e soprattutto per la peculiare dimensione del loro rapporto, in cui i poteri e la storia di Eleven hanno richiesto ad entrambi una dose di maturità e di fiducia non indifferenti per far funzionare le cose tra di loro.

Fra questi nuovi percorsi intrapresi dai nostri personaggi, quello di Will è forse il più interessante di tutti. Il giovane ragazzo interpretato da un sempre bravissimo Noah Schnapp è stato, come sappiamo, il più colpito dalle insidie del Mind Flayer, che gli hanno sottratto all’incirca un paio di anni della sua giovane vita. Tornato adesso a una quotidianità più o meno tranquilla, il giovane avrebbe voluto riconquistare il tempo perduto e tornare alla vita di sempre: non stupisce, dunque, che la necessità di crescere che hanno manifestato Mike e Lucas non lo abbia colpito alla stessa maniera. Alla luce di questo, è a dir poco struggente osservare come Will cerchi di aggrapparsi ai ricordi e alle abitudini della sua infanzia e, soprattutto, osservare come sia doloroso per lui prendere finalmente coscienza del fatto di non poter tornare indietro. L’addio ai giorni e ai giochi infantili è doloroso e difficile per tutti, ma nel suo caso il tutto si riveste di un’atmosfera ancora più tragica proprio per la consapevolezza di non aver potuto vivere appieno quei momenti di serenità che gli spettavano. La distruzione violenta e disperata del fortino Byers rappresenta così l’addio dolorosissimo di Will nei confronti della propria infanzia, e si staglia fra i momenti più amari e significativi dell’intero show.

Anche Nancy e Jonathan e, in misura minore, Steve e la validissima new-entry Robin (Maya Hawke) sono sottoposti a una sfida simile. Se il gruppetto capitanato da Eleven deve vedersela con l’adolescenza, questi ultimi devono vedersela invece con l’entrata a tutti gli effetti nella vita da adulti: le prime esperienze lavorative, le prime ingiustizie subite e le numerose incomprensioni a cui questi personaggi sono andati incontro rappresentano un primo assaggio del cosiddetto mondo reale. Ognuno di loro è chiamato alla sfida di trovare il proprio posto in un mondo che va avanti con le sue regole (spesso ingiuste e crudeli), indifferente alle loro fragilità. Nell’affacciarsi a questa realtà, Nancy e Jonathan si sono incamminati insieme – non senza screzi – e hanno dovuto lavorare sulle loro debolezze per resistere non solo al Mind Flayer, ma anche e soprattutto alle sfide che riserverà loro il futuro. Alla luce di tutto questo, le minacce del Sottosopra sembrano davvero impallidire rispetto alla tempesta emotiva causata in tutti i personaggi dall’arrivo inarrestabile dell’adolescenza e della vita adulta.

“We could be heroes, just for one day”

Stranger Things - Stagione 3L’ingresso in questa dimensione più matura e consapevole si rispecchia anche nell’estetica riservata alla trama della lotta contro il tremendo Mind Flayer: l’utilizzo stesso di scene più cruente e di una versione del villain fra le più terrificanti viste fino ad ora sottolineano ancor di più l’entrata dei nostri personaggi in un mondo più duro, più adulto appunto, che non riserva loro sconti e che li costringe ad abbandonare quell’ingenuità e quell’innocenza appartenenti alla sfera infantile.

Anche i personaggi più adulti dello show sono chiamati ad affrontare una sfida dopo l’altra. In questo contesto, brilla di una nuova luce Joyce, finalmente più slegata dalla figura di una madre ossessivamente premurosa e messa nel pieno dell’azione al fianco di Hopper e di un sempre strepitoso Brett Gelman nei panni di Murray. Non si può dire altrettanto proprio di Hopper, il personaggio forse meno curato dello show: la rappresentazione di un uomo burbero reso ancora più arrabbiato e insofferente a causa dei traumi subiti in passato è fin troppo ripetitiva, finendo per risultare piuttosto piatta.

Tuttavia, le ultime due puntate dello show hanno il merito di aver ricostruito il puzzle della stagione in maniera eccellente, incastrando ogni pezzo e ogni storyline alla perfezione, per condurci a un finale avvincente sia dal punto di vista narrativo e sia da quello visivo e tecnico (la regia è stata davvero attenta ad ogni inquadratura e ad ogni dettaglio dello show).
Il sapore agrodolce della conclusione di questa stagione – aumentata dalla presunta dipartita di Hopper – si sposa perfettamente con tutti i temi toccati nelle puntate precedenti, mettendo ancora più in risalto il dolore che comporta crescere, prendere una propria strada e trovare la forza di lasciare andare ciò che appartiene al passato e che, lo si voglia o no, non può più tornare. La lettera finale di Hopper (presentataci con la splendida versione creata da Peter Gabriel della celebre “Heroes”) sottolinea proprio questa amara lezione di vita che i nostri ragazzi hanno imparato in questa nuova, assurda avventura. L’epilogo, commovente e così maturo, si presenta davvero come il finale perfetto per questa terza stagione, che ha chiuso un ciclo per aprirne un altro che ha tutta l’aria di presentarsi complesso e affascinante.

Con questa terza stagione, insomma, i Duffer Brothers hanno compiuto un ottimo lavoro, riuscendo a innovare Stranger Things senza snaturare le sue caratteristiche, dimostrando così di saper curare con maestria le numerose sfaccettature di uno show che resta ancora iconico nella sua rapida evoluzione. Non ci resta che aspettare la prossima stagione per scoprire le numerose domande che quella scena post-credit ci ha lasciato.

Voto: 8+

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4 commenti su “Stranger Things – Stagione 3

  • Patrick Jane

    non concordo per niente, il mind flayer era ridicolo come villain già nella seconda, figurarsi nella terza dove è solo un godzilla.

    Personaggi che già non è che fossero chissà quanto caratterizzati, ora perfino peggio, sono tutti delle macchiette.

    Buchi di trama e logici in ogni dove.

    Stagione completamente insufficiente.

     
  • Michele

    Quest’annata è stata un pò deludente. È sempre un piacere entrare nel mondo di ST# latmosfera# I personaggi, le situazioni, sono tutte estremamente curate. Per cui direi che è quasi una sicurezza.

    Lo sviluppo della trama, però, è stato troppo forzato. Anzitutto non capisco perché abbiano abbandonato gli spunti delle stagioni precedenti. Avrebbero potuto in entrare l stagione dugli altri fratelli di El.
    Poi la scelta dei Russi non è molto azzeccata. Cosa c’entra con quelli che abbiamo visto? E poi basta usare El come mostro che vince sempre tutto! Che bisogno c’è di farli lottare se le cose stanno così?

     
  • Silvio

    Non concordo sulla considerazione espressa sul personaggio di Hopper.
    Magari ha avuto un ruolo ridimensionato rispetto alla seconda stagione in termini di acutezza nella risoluzione degli enigmi.
    Tuttavia ho trovato fuori luogo la gelosia verso eleven (un padre così geloso della propria figlia lo avrei compreso se la serie fosse stata ambientata nel medioevo).
    Per il resto concordo, è una serie che mi è piaciuta moltissimo, attendo con impazienza la quarta stagione.