Riconosciuto immediatamente il potenziale della serie andata in onda inizialmente su Lifetime, Netflix a fine 2018 si era accaparrata i diritti della prima stagione di You per il suo catalogo. Come già successo in precedenza (basti pensare a Black Mirror o a La Casa de Papel) quelli di Netflix ci avevano visto giusto, e in poco tempo You è diventato uno degli show più discussi e popolari della piattaforma.
Dietro il progetto troviamo nuovamente Sera Gamble e Greg Berlanti (famosi per aver lavorato a serie di successo come Supernatural o a quelle dell’Arrowverse di The CW), i quali hanno dovuto adattare il secondo romanzo di Caroline Kepnes, scrittrice statunitense che vive e lavora a Los Angeles. Ed è proprio la Città degli Angeli a fare da ambientazione alla seconda stagione di You, che riprende dopo il cliffhanger con cui ci aveva lasciato l’anno scorso. In fuga dalla rediviva Candace, il protagonista Joe Goldberg (interpretato da Penn Badgley) è intenzionato a lasciarsi alle spalle il passato e a non commettere mai più gli errori che lo avevano portato a uccidere diverse persone, tra cui la sua ragazza Beck. Attraverso il caratteristico e continuo voice over il protagonista ci spiega fin dall’inizio che la sua condizione è una sorta di dipendenza dall’amore: Joe (o Will, come decide di farsi chiamare per sfuggire alla sua ex) non si definisce mai uno psicopatico, ma è perfettamente conscio di ciò che ha fatto e della gravità delle sue azioni. Per questo motivo fa di tutto per convincerci (e soprattutto convincersi) di voler cambiare, o meglio di voler mantenere una certa distanza dalle ragazze, consapevole del rischio di subire una “ricaduta”. Proprio come succede nelle numerose storie che parlano di dipendenze reali, lo spettatore esterno sa bene che il disperato tentativo di autoconvincimento probabilmente fallirà, e infatti ci accorgiamo già alla fine del primo episodio che Joe non può fare a meno di diventare ossessionato da un’altra donna.
I numerosi elementi in comune con la prima stagione sono evidenti fin dai primi minuti: c’è la presenza di un minorenne innocente, che Joe vuole proteggere e farsi amico (come era Paco nella scorsa annata), ci sono le persone care alla ragazza, che il protagonista deve cercare di non inimicarsi (il gruppo di amici, i genitori difficili) e c’è la gabbia di vetro dove poter tranquillamente rinchiudere chiunque si metta in mezzo al piano di Joe, giusto per citarne alcuni. Nonostante le molte similitudini, questa seconda stagione dello show si dimostra più avvincente e in generale più scorrevole della precedente: ora che abbiamo imparato a conoscere i metodi di stalking di Joe, gli sceneggiatori non devono più soffermarsi per puntate intere su lui mentre fissa una ragazza attraverso delle finestre senza tende; tutto il minutaggio può essere sfruttato per mostrare da una parte l’evoluzione del rapporto tra Joe e Love (Victoria Pedretti, già vista in The Haunting of Hill House), e dall’altra la vena più thriller e più “dexteriana” della serie. Se infatti Joe tenta di dare assoluta priorità a Love e a rendere perfetta la loro relazione, è l’azione a far da protagonista nella sua vita (e di conseguenza nella stagione): prima con l’irruzione in casa e l’omicidio della celebrità Henderson, poi con il ritorno di Candace, fino ad arrivare al frenetico finale.
Gli autori sono stati bravi nel gestire i due principali aspetti che caratterizzano You e a calibrare i molti colpi di scena e i cliffhanger presenti, che servono a mantenere sempre alta la tensione e che rendono la serie ideale per il binge-watching consentito da Netflix. Oltre al buon lavoro svolto con la trama, si è intravisto in questa stagione il desiderio di dare una spiegazione al comportamento ossessivo e da psicopatico di Joe, utilizzando dei flashback per far vedere le violenze e gli abusi subiti dai genitori e soprattutto per mostrare il primo omicidio commesso dall’ancora bambino protagonista; queste sequenze ci permettono di aver un quadro più preciso del personaggio di Joe e perciò di immedesimarci di più nella sua situazione. Forse il maggior pregio della serie, già a partire della scorsa stagione, è proprio l’attaccamento che riesce a provocare in noi nei confronti di uno psicopatico, finendo per farci tifare per lui e farci dubitare della nostra morale. Chiunque, guardando You, ha almeno per un momento sperato che Joe trovasse la felicità, prima con Beck e poi con Love, perché in fondo “he’s a good guy” – come ripetono diversi personaggi nel corso degli episodi – e perché ha sempre agito mettendo la sua amata prima di se stesso. In realtà sappiamo bene che questo non è vero, eppure il nostro giudizio su Joe rimane ambiguo fino alla fine.
Nonostante il finale lasci presagire che Joe non sia affatto cambiato (lanciando così una probabile terza stagione), il suo personaggio ha comunque subito una notevole evoluzione durante l’arco di questi dieci episodi. Lo si nota principalmente grazie all’amico di Love (Charlie Barnett, il coprotagonista di Russian Doll), che fa rivivere i traumi subiti da Joe quando era bambino, e quando quest’ultimo è rinchiuso nella sua stessa gabbia, convinto di meritare di essere arrestato e di pagare per tutto ciò che ha fatto.
A fare da contorno alla storia principale abbiamo diversi personaggi secondari che risultano essere meno banali di quel che lasciava presagire l’inizio della stagione, come si accorge lo stesso Joe col passare degli episodi. Ad esempio Forty, il fratello di Love che a ogni episodio si rivela più interessante e sfaccettato, fino a costituire una parte essenziale del rapporto tra Joe e Love; così come Delilah ed Ellie, che ricevono parecchio spazio nella storia e non vengono ridotte a macchiette o finiscono per essere donne nel frigorifero (come poteva sembrare dai primi episodi). Allo stesso modo, anche la città in cui si svolgono le vicende ottiene una maggiore importanza rispetto alla New York della prima annata e diviene parte integrante del racconto: a partire dai sette totem necessari per diventare un vero losangelino (e qui l’impressione è che sarebbe stato molto più intelligente e significativo distribuirli su tutto il corso della stagione, anziché inserirli a distanza ravvicinata), ai modi di fare, considerati hipster, tipici della metropoli e in generale un po’ di tutta la California.
L’epilogo è soddisfacente e chiude al meglio il percorso di Joe, che trova la felicità e la spensieratezza in una persona altrettanto disturbata come Love. Per questo motivo l’ultima scena risulta piuttosto forzata e fuori luogo, e sarebbe stato probabilmente meglio terminare qui la stagione, anche se ovviamente il grande successo di pubblico spinge gli autori a spremere fino alla fine ogni prodotto. La seconda annata di You non sarà quindi la più innovativa o coraggiosa dell’anno, ma intrattiene bene lo spettatore e lo fa con una scrittura precisa ed essenziale, che rende il racconto fluido ed estremamente godibile e che è in grado di dare ai personaggi una caratterizzazione sufficientemente profonda.
Voto: 7