
Intelligence è una di quelle commedie che rientra nella tradizione della workplace comedy, ovvero il filone di show che vedono un singolare gruppo di personaggi calati nel loro contesto lavorativo: alcuni esempi celebri che si ritrovano nella storia recente della tv sono The IT Crowd, The Office, Parks & Recreation, Scrubs ma anche le contemporanee Brooklyn Nine-Nine e Mythic Quest. In questo caso il setting è l’ufficio della cyber-security del governo britannico, un centro di comando nel quale transitano informazioni segrete e dati sensibili, un luogo, insomma, nel quale c’è bisogno dei migliori specialisti nel settore dell’informatica e delle telecomunicazioni.
Il punto di rottura dal quale prende piede la serie è l’arrivo nell’ufficio di un esperto e temibile agente dell’NSA, chiamato a collaborare ad un caso particolarmente difficile e le cui intenzioni e i cui ordini sono tutt’altro che chiari. Jerry, interpretato da David Schwimmer, certamente la star di punta della serie, si inserisce come elemento estraneo all’interno del Government Communications Headquarters e il suo ruolo è palesemente finalizzato ad agire come contraltare agli strambi personaggi che popolano l’ufficio inglese: dall’autoritaria direttrice Christine (Sylvestra Le Touzel) allo stravagante Joseph (Nick Mohammed), con il quale tra l’altro intrattiene subito un rapporto particolare, laddove l’impacciato agente inglese ammira e vuole imparare quanto più possibile da Jerry. Il risultato complessivo, tuttavia, riflette una sensazione di fastidio in una caratterizzazione dell’agente americano pregna di stereotipi anacronistici, che non sarebbe strano vedere in produzioni di parecchi anni fa ma che in una serie del 2020 risultano fuori luogo o, quantomeno, non fanno decisamente ridere. Jerry, infatti, è una sorta di James Bond che si trova a dover lavorare con quelli che vengono presentati come degli impiegati che tutto hanno fuorché il phisique du role dell’agente segreto che la cultura cinematografica d’oltreoceano ha sedimentato nel nostro immaginario.

In un panorama televisivo in cui è molto difficile trovare delle idee davvero originali non è un problema se uno show si presenta come estremamente derivativo rispetto a una lunga tradizione di serie di successo; la cosa che non convince di Intelligence, però, è la sua aderenza a binari già noti senza che si noti nemmeno lo spiraglio di un qualche elemento di novità, di qualche tematica interessante, di un guizzo che susciti curiosità per il procedere della storia. Considerato che la prima stagione è composta di soli sei episodi non è decisamente un segnale promettente per un pilot.
In definitiva il pilot di Intelligence non convince sotto diversi aspetti; per il suo minutaggio ridotto e il suo formato agile scorre in modo rapido ma impalpabile, senza lasciare il segno, tra poche risate e, perlopiù, indifferenza. La confezione appare ben curata e gli amanti dell’umorismo inglese potrebbero trovarci una dignitosa visione a tempo perso, ma nell’oceano di cose interessanti che ci sta regalando questo 2020 ci si può tranquillamente concentrare su altro senza rimpianti.
Voto: 6
