
L’attenzione su questo prodotto è decisamente importante e porta a farsi una domanda tipica in questo genere di operazioni: si tratta del tentativo ormai classico e abusato di tradurre un film cult in un prodotto seriale che non aggiunge nulla alla storia, o c’è dietro l’intenzione di riprendere, aggiornare e aggiungere qualcosa di interessante alla trama originale? Un buon punto di partenza è vedere chi c’è dietro il progetto: come creatori e showrunner della serie troviamo Neil Cross e Tom Bissel; il primo è un romanziere inglese con una già lunga e virtuosa carriera in tv, da Luther a Crossbones fino ad alcuni episodi di Doctor Who durante il ciclo di Moffat, il secondo è noto al cinema per aver sceneggiato il film sulla realizzazione di The Room di Tommy Wiseau, The Disaster Artist, ma soprattutto per la sua carriera nel mondo della sceneggiatura di videogiochi, vantando sul curriculum titoli di successo del calibro di Uncharted e Batman: Arkham Origins. Alla regia di questi primi due episodi vediamo all’opera, invece, Rupert Wyatt, noto soprattutto per uno dei capitoli della nuova trilogia dedicata a Planet of the Apes, nello specifico Rise of the Planet of the Apes, e in tv solo per qualche pilot di poco conto negli anni passati.

Da questo input parte la trama di The Mosquito Coast che, a giudicare dai primi episodi, dovrebbe avere tutte le caratteristiche dei classici road movie: un gruppo di personaggi che si sposta continuamente con cambio frequente di ambientazioni, degli inseguitori determinati a braccarli in ogni modo possibile, una buona dose di azione e tensione ad ogni ostacolo che incontrano sul loro cammino. Effettivamente se “Lights Out” si prende una buona fetta di tempo a introdurre i personaggi e il contesto in cui si muovono, “Foxes and Coyotes” – che fa un gioco di parole sul cognome dei protagonisti – si muove proprio su questi binari e si concentra sul lato action della serie. La cosiddetta “Mosquito Coast” del titolo, ovvero “Costa delle zanzare”, fa riferimento ad un lembo di terra situato sulla costa orientale tra l’Honduras e il Nicaragua e si presume che si tratti del luogo di destinazione della fuga dei personaggi, sebbene nei primi due episodi non se ne faccia ancora alcun cenno.

Quest’ultimo aspetto è forse uno dei più interessanti dei quali vuole parlare lo show ma, allo stesso tempo, è probabilmente quello meno efficace in questi primi due episodi. La critica al capitalismo e il ribrezzo che Allie prova per gli esponenti delle istituzioni è rappresentato per ora solo attraverso alcune linee di dialogo poco ispirate che suonano come dei comizi troppo ben preparati per risultare spontanei. È certamente uno dei temi più interessanti che la miniserie è chiamata a sviluppare meglio e in modo più approfondito per evitare di trasformarlo in un pretesto per giustificare le motivazioni di alcuni personaggi e nient’altro. Il principio alla base di questo discorso è di estrema attualità: l’uomo che vale solo in quanto consumatore, una società che lascia indietro i deboli e premia i forti, un sottobosco di individui che diventano invisibili perché “non utili”, il tema dello spreco di risorse, l’economia circolare. Insomma, di spunti di riflessione ce ne sono tantissimi, agli autori il compito di non perderseli per strada e integrarli in modo intelligente alla trama che vogliono raccontare.

Voto 1×01: 7 ½
Voto 1×02: 7
