The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window – Stagione 1 6


The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window - Stagione 1Da pochi giorni è disponibile su Netflix The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window, la nuova serie originale della piattaforma di streaming creata da Rachel Ramras, Hugh Davidson e Larry Dorf e con protagonista Kristen Bell. Nonostante il lunghissimo titolo, lo show si compone di soli otto episodi da 20-30 minuti, proponendosi quindi come un prodotto perfetto da bingiare nel week end.

La serie si presenta, almeno sulla carta, come una parodia del genere mystery/thriller psicologico, e in particolare di uno dei topos più celebri del genere, ovvero quello efficacemente definito, in omaggio al capolavoro di Hitchcock, del rear window witness, qui riproposto nella sua declinazione al femminile, di cui The Girl on the Train e The Woman in the Window sono due tra gli esempi più recenti.
La premessa è semplice: Anna (Kristen Bell), una donna sola che passa la maggior parte del tempo chiusa in casa facendo abuso di alcool e psicofarmaci, è convinta di aver assistito all’omicidio della compagna del suo nuovo vicino di casa, Neil (Tom Riley). Non creduta né dai vicini né dalle forze dell’ordine, decide di indagare sull’accaduto.

The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window - Stagione 1La volontà di ibridare due generi molto distanti tra loro come il mystery/thriller e la commedia non può non far venire in mente la recente e deliziosa serie Hulu Only Murders in the Building, esempio di perfetto connubio tra i due linguaggi, i quali si amalgamano e si esaltano a vicenda, dando vita a un prodotto estremamente solido e godibilissimo. Va subito detto che il paragone tra questa e The Woman in the House… risulta però particolarmente impietoso, proprio a causa della mancata commistione tra i due generi in fase di scrittura della serie Netflix.

Infatti, pur presentandosi come una parodia del genere, i dialoghi, la recitazione e il tono generale che caratterizzano la maggior parte delle scene, soprattutto nei primi episodi, risultano decisamente seriosi, impedendo quindi allo spettatore di settare correttamente le sue aspettative rispetto a ciò che sta effettivamente guardando. Complice di questa impressione è innanzitutto la caratterizzazione della protagonista, Anna, il cui abuso di alcool e psicofarmaci – premessa indispensabile per dar vita al gioco di percezioni alterate e mancanza di credibilità su cui si fonda buona parte della storia – è spiegato con il peggiore dei traumi: la morte della figlia di nove anni.

Per buona parte della sua durata The Woman in the House… si pone quindi come un vero e proprio mystery/thriller psicologico con qualche pizzico di ironia, in cui la protagonista si improvvisa investigatrice (usando Instagram come principale mezzo di indagine) per dimostrare, innanzitutto a se stessa, di non aver immaginato la morte della ragazza alla finestra. Progressivamente iniziano però a inserirsi nel racconto scene e situazioni nettamente sopra le righe, che stridono talmente tanto con il resto al punto di lasciare fino all’ultimo lo spettatore a chiedersi se quello che sta vedendo stia realmente accadendo, complice il ruolo di narratore inaffidabile di Anna.

Il voiceover di Anna, le diverse iscrizioni sulla lapide della figlia, il tuttofare che sistema la cassetta della posta da anni, appaiono più come elementi stranianti che comici, dando l’impressione che nascondano un’allusione alla percezione alterata della realtà da parte della protagonista più che un vero e proprio intento parodico. Gli esempi più eclatanti e assurdi di questa dissonanza di registri sono però senza dubbio il flashback relativo alle circostanze della morte della figlia di Anna (uccisa da un serial killer cannibale in carcere, durante la giornata in cui il padre – psicologo dell’FBI – la porta con sé al lavoro) e, naturalmente, il finale, in cui scopriamo che il colpevole di tutti gli omicidi è la piccola Emma, la figlia del vicino, con tanto di lotta all’ultimo sangue tra lei e Anna. Si tratta evidentemente di una stoccata alle risoluzioni di almeno un paio di recenti serie tv crime di successo (di cui non facciamo il nome per evitare spoiler), il cui risultato è però una lunga sequenza ad alto tasso di cringe il cui potenziale comico e parodico è perlomeno discutibile.

The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window - Stagione 1Ne consegue che, se l’obiettivo era divertire lo spettatore, questo non può che dirsi in buona parte fallito, così come quello, forse secondario ma comunque presente, di competere con i prodotti del genere a cui si ispira. Anche l’elemento prettamente mystery, infatti, non risulta in fin dei conti sufficientemente solido o comunque originale: lungi dal proporre una riflessione o un ribaltamento dei topos del genere (e questo, a ben vedere, vale anche per il twist finale), ci si appoggia anzi pigramente, seguendo in modo pedissequo gli snodi del più classico e mediocre dei gialli, a partire dall’uso che fa dei red herring.

Come se non bastasse, lo show si conclude con un cliffhanger che pone in fretta le basi per una seconda stagione, la cui premessa è però esattamente identica a quella appena conclusasi. Mettendo da parte i dubbi circa l’utilità di una nuova tornata di episodi, la speranza è quindi che l’eventuale rinnovo della serie rappresenti l’occasione per gli autori di raffinare la loro riflessione sul genere, in modo da sfruttare al meglio anche il talento di Bell, la cui bravura non ha potuto salvare questo fallimentare esperimento.

Voto: 5

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

6 commenti su “The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window – Stagione 1

  • Federica

    Non è una parodia classica. È un thriller serio che racconta in maniera seria delle situazioni stereotipate tipiche dei gialli. È voluto questo effetto straniante e cringe come dici tu. In un certo senso porta avanti il discorso di serie come american vandal, dove la maniera seria racconta un argomento ridicolo. In questo caso racconta una sequela di stereotipi che non sono calcati, come per uno scary movie per dire.
    Secondo me è una serie molto interessante, che sicuramente porta riflessioni sul genere parodico stesso, un po’ come kevin can f**k himself sta facendo con la comedy

     
    • Simona Maniello L'autore dell'articolo

      Ciao Federica, ho visto e apprezzato molto sia American Vandal che Kevin can f**k himself, quindi confermo la mia impressione iniziale, ovvero che in questo caso l’intento parodico non si è concretizzato in un prodotto efficace come quelli che citi, almeno dal mio punto di vista.

       
    • Federica Barbera

      Ciao Mattia, come da 11 anni a questa parte le nostre recensioni di episodio e di stagione sono sempre state con spoiler, mentre ad essere spoiler free sono solo i pilot e le recensioni-consiglio. Questa è una recensione stagionale, quindi parla liberamente di tutto.
      A presto!

       
      • Mattia

        Ciao Federica
        grazie della risposta, vi leggo sempre molto volentieri, vi uso come strumento per scegliere se guardare o meno una serie o per avere altri pareri dopo che ne ho vista una, sinceramente è la prima volta che vedo così tanti dettagli, persino chi è l’assassino, mi sono solo stupito di questo, il mio giudizio generale non cambia continuerò sempre a leggervi molto volentieri
        a presto

         
        • Federica Barbera

          Intanto grazie per l’apprezzamento, ci fa molto piacere!
          Per il resto, da direttrice editoriale posso dirti che qualunque recensione stagionale (o di finale di stagione) che troverai su questo sito, se si tratta di una serie thriller, prevedrà sempre tutti i dettagli, assassino/colpevole compreso (primo esempio che mi viene in mente, dato che l’ho scritta: la stagionale di sharp objects). E questo perché appunto la recensione o è spoiler free (nel qual caso è un consiglio: ha un titolo diverso, non presenta voto), oppure ha spoiler. Come puoi immaginare, non è possibile modulare una via di mezzo perché ogni serie ha le sue peculiarità! Facendo una analisi approfondita della stagione, esulare ad esempio dalla scelta del personaggio che ha commesso il crimine vuol dire per l’appunto rimanere vaghi, non poter analizzare in maniera approfondita le scelte operate nella serie.
          Può essere che una recensione risulti più dettagliata di un’altra, certamente! Ma questo dipende da specificità dell’autore/autrice e di quella serie, non perché ci sia una tipologia di articolo “spoiler ma non troppo” ?
          Per il futuro quindi occhio! Se c’è scritto stagione o miniserie nel titolo, sappi che può esserci scritto davvero tutto!

          A presto!