Dopo quasi dieci anni dal suo esordio, questa primavera ha visto la messa in onda della sesta ed ultima stagione di Peaky Blinders, l’iconica serie BBC/Netflix creata da Steven Knight. Ambientata nell’arco di tempo che intercorre fra il 1919 e il 1935, lo show ha saputo accompagnarci in un percorso incredibile, donando sempre più complessità al suo protagonista. In queste sei stagioni abbiamo visto la trasformazione di Thomas Shelby e di tutto ciò che gli ha permesso di diventare il potente imprenditore e politico che abbiamo lasciato alla fine della scorsa stagione.
Stay away from the devil.
Le numerose sfide e i pericolosi giochi di potere che Thomas e la sua famiglia hanno affrontato negli anni li hanno sempre posti contro nemici temibili e sanguinari, la cui pericolosità cresce parallelamente al potere conquistato da Thomas. Tuttavia, mai come in queste ultime due stagioni Tommy si è visto costretto ad affrontare un nemico tanto potente, diabolico e spaventoso come è l’insorgere del fascismo, che si staglia come un’ombra nera e violenta sulla famiglia Shelby e sul resto del paese.
Se, nella scorsa stagione, questo era incarnato principalmente nella figura di Oswald Mosley (interpretato da un bravissimo e terrificante Sam Claflin), in questa annata la presenza del fascismo e l’enorme potere e sostegno che ha conquistato permea l’atmosfera generale del paese e, soprattutto, di casa Shelby. Tale potere, così forte e oscuro, ha condotto Thomas sull’orlo del baratro nel finale della quinta stagione, quando il tentativo fallito di uccidere Mosley ha portato – forse per la prima volta – il protagonista a dubitare di se stesso e della sua perenne capacità di essere sempre un passo davanti agli altri.
Il ruolo da talpa affidatogli da Churchill in persona sembra sempre più spinoso e difficile da portare a termine ed è inevitabile chiedersi cosa potrebbe mai inventarsi adesso per abbattere una forza in ascesa così grande e violenta. Nonostante la presenza di queste figure così diaboliche, Peaky Blinders non dimentica mai di dipingere il suo protagonista come un uomo dall’anima nera e dannata che si è spinto ormai troppo oltre in termini di moralità per poter vivere senza essere perseguitato da nemici e da demoni interiori. A questi nemici adesso si è aggiunto anche Michael, che lo ritiene responsabile della morte di Polly – una scelta narrativa purtroppo inevitabile a seguito della triste scomparsa di Helen McCrory – e aggiungendo così al quadro generale un’altra minaccia e un altro peso nel cuore nero di Tommy che, adesso, ha perso anche l’unica persona con cui riusciva a condividere la parte più autentica di sé. La sceneggiatura ha fatto un lavoro delicato e davvero ben fatto nel riproporre, tramite i ricordi e i pensieri di Tommy, alcune scene e frasi pronunciate da Polly, contribuendo ad onorare il suo ricordo e a mantenerla sempre presente anche in questa ultima stagione.
I have no limitations.
Nonostante la pericolosità degli individui che invadono la quotidianità del protagonista, il vero nemico di Thomas Shelby, fin dal principio, è se stesso. La crescente complessità del suo personaggio è sempre stato il maggior punto di forza dell’intera serie e quest’ultima stagione ha preferito concentrarsi principalmente sull’interiorità di Thomas, donandoci sei episodi che, in questo senso, hanno davvero svolto un lavoro incredibile.
A differenza delle precedenti stagioni, infatti, il ritmo di quest’ultima annata è più lento e tutta l’attenzione è rivolta all’analisi introspettiva del protagonista. Thomas sa bene di aver raggiunto da tempo un punto di non ritorno: la sua feroce ambizione ha dimostrato di non aver alcun limite così come la sua sottile intelligenza e l’incredibile capacità strategica gli hanno permesso di raggiungere presto le vette del potere. Ma ogni passo verso questo potere è stato parallelamente segnato dal sangue e dalla perdita di quelle poche persone che Tommy ha davvero amato, rendendogli sempre più difficile redimersi e diventare l’uomo “migliore” che avrebbe voluto diventare. È un processo che è partito nella seconda stagione con la morte di Grace e che raggiunge il suo culmine in quest’ultima, in cui sembra che il diavolo si sia davvero insinuato nella casa e nella mente di Thomas, portandogli via infine anche la piccola Ruby. Il tema della maledizione è sempre stato presente nella serie e nella mente del protagonista: il suo spingersi oltre ogni limite per ottenere il potere (di cui il famoso zaffiro maledetto di Grace è divenuto il simbolo) ha un prezzo da pagare, e questo prezzo è il dolore, la perdita, la solitudine. Non è un caso se molte delle scene di questa stagione girate in casa Shelby si siano soffermate più volte sull’immagine di Grace e sul suono del suo respiro, come a sottolineare che la maledizione che ha portato via la donna non ha ancora finito di agire e si sta insinuando con ancora più incisività nella casa e nella mente di Thomas. Ma se, nella seconda stagione, Tommy ha cercato di trovare nel ciondolo di Grace il responsabile di questa maledizione, adesso il protagonista sa bene che è inutile cercare altrove: Thomas stesso è lo zaffiro maledetto. Egli non può fare altro dunque che sopportare le oscure conseguenze delle sue azioni e guardare impotente come queste condizionino la vita di tutti coloro che lo circondano.
L’episodio “Sapphire” mette in luce brillantemente tutto questo, imponendosi come uno degli episodi più oscuri e significativi dell’intera serie. I rimandi al passato, la perdita di Ruby e, infine, la scoperta del male incurabile di Thomas lo portano a un punto di non ritorno, immergendolo letteralmente nell’oscurità mentre è circondato dai nazisti e dal dolore. L’interpretazione di Cillian Murphy è sempre stata magnifica, ma in questa stagione l’attore sembra aver superato se stesso proprio per come è stato capace di guidare il suo personaggio in questi ultimi e cruciali episodi, confermando ulteriormente che Thomas Shelby è ormai una delle figure più complesse e affascinanti dell’attuale scenario televisivo.
The only person who could ever kill Tommy Shelby is Tommy Shelby himself.
Le ultime puntate della stagione sono principalmente dedicate alle scelte e alle azioni finali di Thomas e alla resa finale con Michael. La consapevolezza della morte imminente ha permesso a Tommy di liberarsi di gran parte dell’artificiosità della sua vita e del suo status e di ricongiungersi nuovamente alle sue vere radici, ai rituali del suo sangue gypsy, ai cavalli e alla semplicità di una vita che non aveva da diversi anni.
Più legato ai morti che ai vivi, Thomas compie i suoi ultimi passi con la stessa fredda intelligenza di sempre (che gli permetterà di vincere anche lo scontro con Michael), ma con un animo ormai diverso e, paradossalmente, più libero di quanto fosse prima di conoscere il suo destino: nel sistemare la sua eredità e nel prepararsi a morire, il protagonista si libera finalmente di se stesso e dei suoi demoni. Il colpo di scena finale e la possibilità di vivere ancora non cancellano il fatto che, almeno in parte, Thomas Shelby è davvero morto: è morta quella parte maledetta di sé che non riusciva a trovare pace, e che avvolgeva nell’oscurità tutto ciò che incontrasse. Insieme al senso di colpa per la perdita di coloro che ha amato di più (Grace e Polly), nell’epilogo di questa serie, l’anima nera di Thomas Shelby brucia lasciando nuovo spazio vitale in cui il protagonista avrà la possibilità di ricostruire se stesso. Questa nuova possibilità di vita è rappresentata dal cavallo bianco che Tommy cavalca nella splendida scena finale, che contrasta con il cavallo nero che cavalcava invece nella prima puntata dello show.
Could there be a sadder ending, eh?
Se l’attenzione e la cura dedicate al percorso interiore del protagonista hanno dato luogo ad una stagione indubbiamente di alto livello, sono molti gli elementi rimasti in sospeso o che sono stati un po’ sacrificati in questa stagione che ha visto, per questo, meno azione e meno giochi di potere. Questa scelta, che normalmente sarebbe stata problematica, diventa ragionevole se si tiene in conto che Steven Knight si occuperà della realizzazione di un film sui Peaky Blinders ambientato nei burrascosi anni della seconda guerra mondiale: è facile immaginare che alcuni di quegli elementi non affrontati in questa stagione (primo fra tutti, la guerra contro i nazisti) avranno modo di essere esplorati nel film. Così come è facile immaginare che la new entry Duke Shelby (Conrad Khan), che in questa stagione ha sofferto di cambi un po’ troppo repentini, avrà più spazio nel film. L’unico elemento negativo e poco entusiasmante di questa stagione riguarda proprio la resa dei conti finale con Michael, che è risultata forse un po’ affrettata e priva di quella tensione che in genere accompagna i momenti di azione dello show.
Per concludere, pur non trattandosi di un finale definitivo a causa del film in arrivo, l’epilogo di Peaky Blinders coglie nel segno e chiude il cerchio di un ottimo percorso che non ha mai perso nulla delle sue caratteristiche più positive. Steven Knight ci ha regalato una stagione incredibile che ha saputo scavare nell’animo nero del suo protagonista, reso indimenticabile dall’interpretazione magnetica di Cillian Murphy. Non tutto è perfetto, ma le scelte narrative e stilistiche di questa stagione si sono rivelate adatte per una più che degna conclusione di una serie tanto iconica.
In attesa del film, non ci resta che salutare i nostri Shelby sussurrando: in the bleak midwinter…
Voto: 8/9
Bello eh.
Però troppo Tommy, troppo poco il resto. La serie non si chiama Tomas Shelby, ma Peaky Blinders, e funzionava perché Tom guidava ma giravano parecchi personaggi e storie interconnesse, come Arthur, Polly, Micheal, l’ispettore o le donne nelle stagioni… peccato, potevano gestire meglio l’ultima stagione.
Come primo impatto sono rimasto un attimo spiazzato dalla decisione di accantonare molte delle storie aperte con la 5a stagione, ma gli episodi centrali (3 e sopratutto 4) mi hanno fatto decisamente scordare questo aspetto. La rappresentazione della discesa di Thomas all’inferno è stata impressionante, sia per le capacità degli attori, sia per la scrittura e per tutto il comparto tecnico. L’episodio 4 è a mio avviso uno dei migliori in assoluto di tutta la serie, e ho apprezzato il coraggio di concentrare tutta l’attenzione sul lato psicologico del protagonista, così come il tono scuro di tutta la stagione.
Il mio problema è con l’ultimo episodio: con poco tempo a disposizione hanno fatto scelte impopolari (meno azione, personaggi e storyline messi da parte), ma ho la netta sensazione che non abbiano avuto il coraggio di andare fino in fondo. Non riesco a togliermi di dosso la sensazione che la pace che trova alla fine (“peace, at last”) sia o mancanza di coraggio nel portare il personaggio ad un finale tragico/negativo (e quindi tutto quanto messo da parte per giungere a quel punto una scelta sbagliata/perdita di tempo), o una scelta fatta per dare il colpo di scena e ingraziarsi gli spettatori.
Prendiamo GoT come esempio. Premetto che sono comunque riuscito ad apprezzare l’ultima stagione (pur con i suoi difetti e le sue mancanze), molte delle scelte fatte avevano come chiaro scopo quello di portare lo spettatore al finale di Daenerys: se il finale fosse stato un lieto fine, però, queste scelte si che non avrebbero avuto senso (se non nell’ottica di stupire lo spettatore). Poi, possiamo dire che tali scelte narrative siano state affrettate, o forzate, ma questo è un altro discorso.
Parlo di GoT perchè moltissimi la prendevano come esempio durante la messa in onda dell’ultima stagione di Peaky, poi l’ultimo episodio è arrivato e tutti ad acclamare soddisfatti ed ogni paragone è sparito. E’ stato sufficiente un finale “positivo”?
Non so, devo ammettere che sono rimasto confuso dall’episodio 6, quindi forse ho male interpretato il finale.
Inoltre è pur vero che c’è ancora un film, ma dal punto di vista psicologico cosa altro deve raccontare Thomas Shelby?